Pamela Mastropietro e la brutale disumanità della schiavitù sessuale

Nel quasi totale silenzio mediatico, politico e social l’ex fidanzato dalla ragazza assassinata a Macerata quasi due mesi fa è stato condannato per tentata induzione alla prostituzione e spaccio. Come nel precedente di giugno, anche stavolta chi ha strumentalizzato e sfruttato il terribile crimine e il suo nome continua a tacere. Mentre nelle nostre periferie e nel cuore delle nostre città c’è chi continua ad impegnarsi contro questa terribile piaga dei nostri tempi.

Pamela Mastropietro e la brutale disumanità della schiavitù sessuale

«Buskashì» è il nome di un tradizionale gioco afghano: le squadre legano un animale e tirano contemporaneamente da diversi angoli fino a squartarlo, vince chi strappa la parte maggiore del suo corpo. 

Quanto accade troppo spesso nell’arena politica e mediatica italica possiamo definirlo la variante italiana di questo gioco. Lo stiamo vedendo in questi mesi di emergenza sanitaria, lo vediamo da anni sulle migrazioni così come accade per terribili fatti di cronaca, scuola, sanità e tanto altro anche in questi mesi di emergenza sanitaria.

Negli ultimi anni, tra le vittime di questa nauseante giostra, abbiamo avuto anche la povera Pamela Mastropietro, assassinata in maniera orrenda, vittima di un crimine orrendo su cui - come scrivemmo nel giugno scorso -  nei primi giorni e settimane si accanirono, a cadavere ancora caldo, alcuni media per ricerca scriteriata di scoop e sensazionalismo, opinion maker, improbabili pensatori e la solita becera«politica» italica. 

A Giugno registrammo i silenzi omertosi e vigliacchi di sciacalli in servizio permanente dopo che in tribunale la ricerca della giustizia per l’omicidio di Pamela si è imbattuta nel criminale sfruttamento dello stupro. Allora abbiamo dovuto registrare che, purtroppo, giustizia piena non potrà mai arrivare: nelle ore precedenti il barbaro assassinio la povera ragazza subì abusi e violenze sessuali da chi sfruttò coscientemente la sua situazione e che non potrà mai essere processato per mancanza di denuncia di parte, che Pamela Mastropietro è morta e quindi non ha potuto denunciare non ha ostacolato questa sconcertante conclusione.  

Mesi dopo, lo sfruttamento sessuale irrompe nuovamente: il 20 ottobre, quasi due mesi fa, l’ex fidanzato è stato condannato a 3 anni di carcere per tentata induzione alla prostituzione e spaccio. «Il pusher allora 21enne, ex fidanzato di Pamela all'epoca dei fatti, nel 2017 a Roma avrebbe iniziato al consumo di eroina la vittima allora minorenne, inducendola a "vendersi" allo spacciatore di colore in cambio della droga» riporta l’Adn Kronos.

È passato oltre un mese e chiunque può verificare lo spazio dei grandi giornali, delle maggiori emittenti televisive e degli urlatori in servizio permanente dell’arena politicante italiana. Pamela Mastropietro non è più «utile» ai loro scopi, l’esistenza delle mafie nigeriane (presenti da decenni nel nostro paese e, come abbiamo ampiamente raccontato nei mesi scorsi, attive in varie regioni) è stata soppiantata da altri temi.

Visto come l’affrontarono all’epoca, i modi superficiali, dannosi e disinformati non ci mancano. Ma questi silenzi, queste omertà devono far riflettere. Gli stessi che ci furono dopo l’inchiesta di Angela Caponnetto per Rainews24, che svelò uno spaccato criminale comune a troppi luoghi italiani: «un giro di prostituzione minorile e droga – si legge nella descrizione dell’inchiesta - in cui sarebbero coinvolti persone della Macerata bene che utilizzano come manovalanza gruppi di immigrati, in particolare nigeriani dediti al traffico di stupefacenti.

Gente insospettabile che partecipa a festini a luci rosse dove vengono portate ragazze giovani e fragili come la nostra testimone». Così come accaduto dopo il maxi blitz tra Torino e Ferrara del 28 ottobre contro Viking, una delle principali organizzazioni presenti in Italia e già colpita in passato da maxi operazioni che hanno coinvolto molte regioni italiane.

In questi mesi abbiamo denunciato approfondito le dinamiche della schiavitù sessuale grazie alla campagna «Questo è il mio corpo», anche intervistando Irene Ciambezi della Comunità Papa Giovanni XXIII e tra i motori della campagna.

A seguire i link dove è possibile seguirla:

https://www.questoeilmiocorpo.org/

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