Quante donne e bambine ucraine diventeranno schiave dello stupro a pagamento in Italia?

Mafie della schiavitù sessuale dalla Romania all’Italia. È passata sotto silenzio, nell’indifferenza molle del Paese orrendamente sporco complice, la notizia dell’operazione della Polizia di Stato «Lover Boys» Che ha documentato la realtà dello sfruttamento dello stupro a pagamento su una delle direttrici principali che sta sfruttando l’emergenza umanitaria ucraina.

Cos’è l’informazione? Cosa significa informare? Nella Gotham City della disumanità e della complicità con ogni struttura del Paese orrendamente sporco, nel fast food dell’attualità che tutto divora e nulla guarda è doveroso cominciare da qui, dal porsi questa lineare e semplice domanda. O che almeno dovrebbe esserlo.

Perché le notizie, o supposte tali, passano, appaiono, ma basta un attimo e diventano come scritte sull’acqua. Quell’acqua torbida dei fanghi dell’accettazione di tutto, della complicità omertosa, della vigliacca indifferenza.

No, informare non è solo gettare uno spillo nel mare e poi passare oltre. Informare è illuminare quel che è buio, approfondire e seguire, essere cani di guardia del Potere e dell’indicibile mondo di sopra, sferzare l’imbelle e complice mondo di mezzo e disarticolare ogni mondo di sotto. Non è informare seguire veline, non è informare scansare quel che è scomodo e vendersi come pappagalli del vacuo.

Ecco perché è importante tornare, accendere riflettori, sottolineare, non lasciare tregua, di fronte a quanto accade dopo diversi giorni. E occuparsene, scriverne, porsi interrogativi, non acquietare la coscienza ma anzi sentire pesanti e scomodi come macigni ogni possibile giaciglio. Perché al di là di ogni supposta verità di comodo, ogni lamentazione da materasso di piume (parafrasando il grande Faber) da nauseante vecchia piccola borghesia (come cantava e canta l’immenso Claudio Lolli) si vive nel lusso e nell’agio di poter scegliere, di poter girare la testa, di poter tacere, di sopravvivere. Sono i lussi e gli agi dei vigliacchi, dei complici, delle papere mute a comando ma tali restano. C’è invece non può scegliere, chi gli agguati della vita li subisce con violenza e ferocia inaudita, chi veramente deve sopravvivere disperata.

E allora continuiamo a credere, senza dar tregua e senza darci riposo, che quel che non si può dire va gridato, che quel che si tace va urlato, che una e una soltanto può essere la scelta di campo. In queste settimane ripetutamente abbiamo documentato, denunciato, approfondito, quanto sta accadendo nelle pieghe dell’emergenza umanitaria scatenata dalla nuova guerra in Ucraina. Su come alle frontiere le mafie della schiavitù sessuale sono attive, quelle mafie che in Italia continuano a trovare paradisi ed el doradi, bancomat a ciclo continuo degli indifferenti alle mafie che alimentano (e quindi complici) e degli stupratori ogni oltre immaginazione. Al primo posto mondiale, da decenni, del turismo pedofilo nei Paesi più lontani del globo.

E nelle periferie e nel cuore delle città. Quando abbiamo pubblicato le prime notizie c’è chi ha lanciato gli strali del «sono fake news, non è vero niente» (ha fatto tre secondi di ricerca su gugòl e porello non ha trovato un accidenti, farsi una domanda e darsi una risposta al posto di coprirsi gli occhi troppo difficile…) e chi ha ignorato. Molti, troppi. Anche, se non soprattutto, tra chi sbandiera ogni giorno di essere attivista, cittadino impegnato, di avere Dio solo sa quanti valori ed ideali che non gli basterebbero 66 ore e 6 minuti al giorno. Anche tra i sacerdoti delle sacre liturgie e messe cantate dell’impegno civile e sociale contro quel Paese orrendamente sporco che guida, alimenta e nutre i criminali indegni, brutali e disumani che la schiavitù dello stupro a pagamento costruisce e ci lucra sopra.

Dieci giorni fa (ma qualcuno se ne è accorto?) la Polizia di Stato di Bari ha disarticolato un’organizzazione che sfruttava la tratta dalla Romania all’Italia. Quella Romania che è uno degli hub delle mafie della schiavitù dello stupro a pagamento che sta sfruttando l’emergenza ucraina. Quanto documentato e denunciato dalla Polizia di Stato conferma quel che associazioni e operatori denunciano e documentano da anni, come in tanti articoli abbiamo riportato.

Non l’ha chiesto nessuno finora, lo chiediamo quindi noi oggi doverosamente, sdegnati ed indignati: quante donne e bambine ucraine su questa rotta arriveranno in Italia? Quante donne e bambine ucraine verranno sfruttate nelle prossime settimane, mesi, anni, in Italia catturate sfruttando l’emergenza dovuta alla nuova guerra? Quanto in questo Paese si continuerà e fino a che livello ad essere complici e carnefici, mafiosi e fiancheggiatori? Per stupratori papponi, ai bravi borghesi che nulla vedono, nulla sentono e nulla sanno – e per chi tace – vale oggi e varrà per sempre il monito di Faber «Anche se vi credete assolti siete per sempre coinvolti».

Questo il comunicato della Polizia di Stato

Indagate 20 persone a Bari e in altri comuni pugliesi per associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento di giovani ragazze rumene.

Le indagini che hanno preso spunto dalle denunce presentate da alcune vittime, hanno consentito di scoprire un’associazione criminale composta da cittadini rumeni, a cui prendevano parte all’occorrenza anche delinquenti locali, specializzata nello sfruttamento della prostituzione secondo uno schema noto in ambito europeo con l’espressione “Lover Boys”.

Nello specifico, si tratta di un sistema attraverso il quale giovani ragazze, dal fragile profilo emotivo e psicologico, prevalentemente per ragioni di tipo familiare, sono dapprima adescate e poi soggiogate, fino ad essere ridotte in uno stato di schiavitù.

Alcuni degli indagati svolgevano proprio il ruolo di “Lover Boys”, adescando le vittime nel Paese di origine, talvolta utilizzando i social network per mostrare alle vittime il proprio elevato tenore di vita, alimentando l’illusione di una vita migliore lontano dal proprio Paese.

Una volta stabilito il contatto, gli indagati, sfruttando la condizione di particolare fragilità delle donne per vincolarle emotivamente a sé e manipolandone i sentimenti, le sottoponevano a vessazioni via via crescenti, spacciate per “prove d’amore”, spingendole a raggiungerli in Italia. Alla fine i criminali riuscivano ad esercitare il totale controllo psicologico sulle vittime e le avviavano alla prostituzione, gestendone per intero i proventi.

Il reperimento degli alloggi e l’accompagnamento delle donne nei luoghi scelti per la prostituzione erano compiti che l’associazione spesso demandava ai complici italiani.

Non è mancato il supporto di alcune donne, compagne dei membri dell’associazione, le quali avrebbero contribuito a segregare e sorvegliare le vittime anche nell’uso di cellulari e social network.

Le indagini sono iniziate quando una delle giovani vittime fu travolta da un’auto mentre era in strada, da sola, subito dopo aver tentato di sottrarsi allo sfruttamento, riportando una grave frattura alla gamba sinistra. Gli investigatori hanno accertato che tale aggressione era stata decisa dal leader del gruppo criminale, conosciuto dalle vittime con il soprannome “il Principe”.

L’attività illecita consentiva all’organizzazione criminale di avere un giro d’affari di circa tre milioni di euro annui.

Dei 20 indagati, 12 sono finiti in carcere e 5 sono stati sottoposti agli arresti domiciliari.

Con il supporto del Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia, proseguono le ricerche di altri tre membri dell’associazione, attualmente irreperibili.

 

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