Clienti? Mercato? Lavoro? No, stupro online
Denuncia di Sex Industry is violence: sulle piattaforme dello stupro pornografico impennata di ricerche di video di donne ucraine dopo l’esplosione della guerra, su alcuni forum gli sfruttatori dello stupro a pagamento oggettificano donne in fuga dalla guerra e si «sfregano le mani» per possibili conseguenze della tragedia umanitaria.
La nuova guerra in Ucraina è esplosa e sta gettando nell’angoscia e nel terrore del futuro, in queste settimane c’è chi apertamente parla dell’inizio di quella che potrebbe essere una nuova «guerra mondiale». Esistono stime secondo cui potrebbero essere oltre un milione le persone che stanno fuggendo e fuggiranno dall’Ucraina a causa di questa guerra, tra loro migliaia e migliaia di donne.
Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato la denuncia di Sex Industry is violence (https://www.instagram.com/sexindustryisviolence/) su quanto sta avvenendo alla frontiera tra Ucraina e Romania, su come le mafie della tratta stanno sfruttando l’emergenza umanitaria. Una denuncia che riporta a quanto già accade da troppi anni in Italia: le mafie dello stupro a pagamento, della tratta sessuale, sfruttano migliaia di donne anche giovanissime. Una realtà conosciuta in cui i cosiddetti clienti, gli stupratori a pagamento italici, si auto deresponsabilizzano, chiudono gli occhi su quanto loro favoriscono e fanno prosperare. Sul dolore e la sofferenza, sulla schiavitù e lo sfruttamento.
In ogni emergenza esplode anche il lato peggiore, più disumano e brutale, nessuno come le organizzazioni criminali e la bestialità disumana riescono ad approfittare delle crisi e delle emergenze. Una realtà, mafiosa, criminale, patriarcale, fallocratica, depravata e perversa che è esplosa in questi giorni. La denuncia di Sexindustryisviolence (https://www.instagram.com/sexindustryisviolence/ ) documenta uno spaccato vergognoso e ripugnante, depravato oltre ogni immaginazione: piattaforme dello stupro pornografico in cui la ricerca di donne ucraine è tra le maggiori, stupratori a pagamento che commentano cosa potrebbe accadere per il turpe mercato che alimentano ogni giorno.
Si «sfregano le mani» come fecero già quasi vent’anni i mafiosi che deportavano in Italia per lo sfruttamento sessuale donne dall’Albania, come fecero alcuni colletti bianchi dopo il terremoto abruzzese del 6 aprile 2009 o in questi due anni altri (anche in odor di mafie) di fronte i fondi europei e governativi per fronteggiare l’emergenza covid19, oggettificano nella maniera più brutale e disumana possibile donne vittime di una tragedia umanitaria drammatica, cancellano ogni loro responsabilità e considerano normale quel che normale non può essere. Neanche per un momento si pongono neanche il dubbio che l’erotizzazione, senza nessuna empatia e briciolo di umanità, delle donne che stanno subendo la guerra e ne stanno fuggendo, è inaccettabile.
Sexindustryisviolence (https://www.instagram.com/sexindustryisviolence/ ) quotidianamente documenta e denuncia la realtà dei cosiddetti “clienti”, degli stupratori a pagamento, della squallida oggettificazione fallocentrica e della cultura dello stupro che alimentano. In questa videointervista una delle amministratrici di Sexindustryisviolence ci racconterà cosa hanno documentato, cosa emerge da queste loro denunce e la riflessione che suscita quanto hanno documentato.
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