«Un tema così complesso non può diventare bandierina politica né di uno né dell’altro schieramento»
L'INTERVISTA al co-portavoce dei Verdi Grüne Vërc dell'Alto Adige Südtirol, Luca Bertolini.
La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perché?
Come Verdi Grüne Vërc dell’Alto Adige Südtirol dichiariamo la nostra contrarietà a questa riforma sia nel merito che nel metodo, così come nel percorso che ne ha portato all’approvazione. Innanzitutto un tema così dibattuto e così complesso non può diventare bandierina politica né di uno, né dell’altro schieramento; un tema condizionato dalla politica e da un tessuto culturale che fondamentalmente è poco favorevole all’autonomia e che in questo periodo ha preso la forma di contrapposizione di schieramento.
Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?
Abbiamo avuto modo di approfondire con attenzione e possiamo dedurre con rammarico che, vista la complessità dell’iter che potrebbe portare all’applicazione, forse, dopo il 2027, risulta una legge pressoché inapplicabile, apparendo come un manifesto dell’averla fatta senza però produrre conseguenze. In questa priorità della Lega, che il resto degli alleati hanno voluto assecondare, si cela una complessità procedurale che prevede commissioni tecniche che rivedano in continuazione i LEP, insieme a un presunto centralismo che sopravvive alla legge e che prevede che non ci sia un meccanismo di conciliazione tra le regioni, ma che avvenga tutto a livello di governo.
C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?
Non è lontana dalla realtà, che però deve partire anche da un’analisi di tipo sociologico e culturale, il fatto che non si sia ancora risolto nella dialettica su questo tema, a cosa servono le regioni e cosa devono fare. Se si pensa che dal 2018 l’88% dei procedimenti e atti regionali sono stati dichiarati illegittimi a livello costituzionale, si comprende che prima va risolta la questione sul merito e i ruoli.
Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?
Se ogni anno vanno verificati il LEP da una commissione paritetica su un’eventuale maggiorazione di costi e le funzioni trasferite solo se si conserva il bilancio invariato come prevede il ddl, altrimenti i LEP vengono revocato, è chiaro che la complessità aumenta anziché semplificare. In più vanno tenute insieme le richieste delle regioni che eventualmente vendono uno svantaggio per loro; mancando una collaborazione orizzontale sarà sempre il governo a dover risolvere il meccanismo di conciliazione.
Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?
Noi temiamo più che tutto ci sia una desertificazione del discorso autonomistico una volta che le firme per l’abrogazione saranno raccolte, senza una vera alternativa e dialogo su questo tema.
Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?
Diciamo che hanno messo le mani avanti temendo quanto dichiarato prima, ovvero che alcune regioni per vedersi trasferite le materie solo se si conserva il bilancio invariato temono che questo avverà per pochissimi ambiti.
Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?
Se i livelli essenziali delle prestazioni dovrebbero esistere per garantire il godimento dei diritti fondamentali dovrebbe anche superare le differenziazioni che esistono ora; quindi il problema non è solo chi ne avrà beneficio, ma quali regioni potranno ottenere il trasferimento delle materie e per quanti anni; perché in caso di mancato equilibrio di bilancio possono essere revocate. Al momento la commissione tecnica che ha prodotto una relazione molto corposa per la ricognizione LEP, ora si dovrà aspettare fino al 2027 per verificare che ci sia un fondo per compensare le spese fa comprendere che il tema aiuto o svantaggio per le regioni si schianta di fronte ad una legge pressoché inapplicabile.
C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno…
Non è la questione dell’autonomia differenziata che renderà meno le risorse, ma la mancanza del meccanismo di conciliazione tra le regioni. Si creerebbe una macchina così complessa da non riuscire neppure a partire perché vuole garantire il regionalismo conservando un centralismo che non lascia scampo.
Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?
Certo non bastano i LEP, necessari sarebbero dei meccanismi che preparano a livello sia politico che strutturale i territori a poter garantire autonomia e qualità nelle diverse materie, al momento le regioni italiane viaggiano a diverse velocità, prima bisogna intervenire su questo.
Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?
Diciamo che le crepe sono molte, quella della sanità forse è quella più evidente perché tutto si muove sulla possibilità che una regione possa avere il trasferimento della materia o meno ed è chiaro che non tutte le regioni, o forse molto poche su un ambito così complesso possano pensare di poter avere delega e poter avere un risultato positivo nel breve termine.
Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?
Gli aspetti critici sono davvero molti, quello subito evidente è certamente la complessità eccessiva e i tempi che sia per la copertura che per la definizione basilare dei LEP sono così dilatati che si comprende la pressoché chiara inapplicabilità. Soprattutto però emerge chiaramente che il governo si pone come punto di risoluzione di ogni questione, neppure introducendo una sorta di collaborazione orizzontale o un meccanismo di conciliazione, questo punto rende non solo più complesso, ma anche dubbiosa l’eventuale procedura di passaggio di materie, la loro gestione e il rapporto tra le regioni.
A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?
A conti fatti pare che il risultato finale risulta più punitivo di quanto sia improponibile la legge, ovvero che oltre il triste risultato che il dibattito autonomistico si riduca ad una lotta tra schieramenti politici. L’articolo 116 comma 3 esiste già nella nostra costituzione, si tratta di dare seguito senza temere l’unità del Paese, così come senza costruire delle leggi che siano una sorta di compensazione per qualche partito di maggioranza, come in questo caso.
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