Le quarte mafie sono diventate strutture multi business che aggrediscono anche economia legale

TERZA PARTE/L’avanzata nei settori più diversi da parte dei sistemi criminali pugliesi, soffocando l’economia legale.

La penetrazione nell’economia legale delle organizzazioni criminali è un «nervo scoperto» per il dottor Antonio Laronga, procuratore aggiunto di Foggia, autore del libro «Quarta mafia, la criminalità organizzata nel racconto di un magistrato sul fronte» che ha raccontato e approfondito nella videointervista di cui pubblichiamo la terza parte oggi.

«Queste organizzazioni sono diventate delle strutture multi business, non si occupano più solo di economia illegale – narcotraffico, estorsione – ma hanno attaccato anche alcuni settori dell’economia legale in cui re-investono i proventi illeciti. Hanno infiltrato l’economia legale e soffocato alcuni settori economici» il monito del magistrato. Soffocando alcuni settori economici impediscono all’imprenditoria sana di essere attiva ed investire ed alto è il costo sociale anche sul versante del fronte dell’occupazione.

Antonio Laronga è entrato in magistratura nel 1993, in quegli anni cominciò ad essere acclarata e documentata la penetrazione nel settore dei rifiuti delle mafie. Fu allora che si cominciò a parlare e scrivere di ecomafie. Documenti preziosi ed importanti per comprendere quegli anni e come agivano (e agiscono, perché è un settore in costante evoluzione ma mai passato) le mafie nel settore della gestione del ciclo dei rifiuti sono le relazioni della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati presieduta da Massimo Scalia durante la legislatura 1996-2001. Il dottor Laronga, allora sostituto procuratore a Lucera, fu audito dalla Commissione il 2 marzo 2000. L’audizione approfondì le attività di una società di Troia (provincia di Foggia) attiva principalmente nel «ritiro di vari tipi di rifiuti, fanghi, ceneri di combustione ed altri residui di lavorazioni industriali». Un settore delicato che ancora oggi è tra le frontiere più battute dalle varie organizzazioni mafiose, soprattutto camorristiche. Violazioni, sottolineò Laronga, penali furono accertate anche da parte di altre società dello stesso gruppo. Anche questo tema di profonda attualità: molto spesso nella gestione illecita di rifiuti ci si imbatte in società collegate ad altre, società con la stessa proprietà che agiscono in territori diversi, un reticolato in cui diventa arduo districarsi. Le inchieste si soffermarono, riporta il magistrato nell’audizione, attentamente sul traffico di rifiuti provenienti da altre regioni.

In una relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia del giugno 2017 si evidenzia che il concetto classico di ecomafia è ormai superato, i sistemi criminali si sono evoluti in un vero capitalismo mafioso che devia interi settori economici. Una riflessione che giunge a conclusioni perfettamente aderenti a quella che Laronga ha condiviso in questa videointervista.

«Nell’area foggiana non è finora emersa una sufficiente sensibilità in ordine alle problematiche connesse al ciclo dei rifiuti – l’analisi della situazione consegnata alla commissione dall’allora sostituto procuratore a Lucera - Lo stato di illegalità e la violazione delle norme permangono e si registrano ancora diversi versamenti di rifiuti di natura abusiva». Parole queste di strettissima attualità di fronte agli illeciti in campo ambientale, alla corruzione, alla devastazione e al saccheggio di interi territori. Che raramente portano ad una massiccia mobilitazione dei cittadini e, ancor meno, ad un intervento delle istituzioni per difendere anche la salute dei cittadini.

A pagina 278 dell’ultima relazione semestrale della DIA si legge, nel capitolo relativo alle mafie cerignolane, che «per quanto attiene alle forme d’infiltrazione dell’economia legale, uno dei settori che continua  a catalizzare l’interesse dei clan è quello della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, come sembrano confermare gli atti intimidatori e i danneggiamenti consumati in danno di aziende concessionarie dei servizi, in particolare della gestione delle discariche. Nel semestre in esame, due importanti operazioni hanno dato ulteriore riscontro al fenomeno». «Il 18 febbraio 2020 l’indagine “Black Cam” eseguita dai Carabinieri tra Manfredonia (FG) e Vico del Gargano (FG), scaturita dall’inchiesta sulla cd. “strage di San Marco in Lamis”, ha riguardato, tra gli altri, un soggetto legato al clan LI BERGOLIS, coinvolto nella strage per aver fornito supporto logistico all’esecutore materiale degli omicidi – prosegue la relazione - Le indagini hanno evidenziato una continuativa attività di scarico di rifiuti (inerti da demolizione, materiale ferroso, bidoni in plastica, piastrelle, mattoni, amianto friabile, misti a terreno da scavo, provenienti da cantieri edili della provincia di Foggia) smaltiti in un’area protetta del “Parco Nazionale del Gargano” in agro di Manfredonia. D’altro canto, l’operazione “Bios”134 eseguita il 3 marzo 2020 dalla Guardia di finanza, ha, invece, riguardato il traffico e lo smaltimento illecito di tonnellate di rifiuti provenienti anche dalla Campania a cura di una impresa di Lucera (FG)».

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