Botti, pistole e attentati. Inizio anno eversivo dei sistemi criminali

A Foggia esponente vicino alla batteria dei clan Moretti-Pellegrino-Lanza spara in strada urlando «buon anno a tutta la malavita di Foggia». Botti, pistole e anche alcuni attentati nelle prime ore del 2021: i sistemi criminali sfidano la convivenza civile e si presentano sempre più come minaccia democratica. Sconcertanti i silenzi in città come Pescara dopo la catena di violazioni delle disposizioni anti-botti.

Botti, pistole e attentati. Inizio anno eversivo dei sistemi criminali
screenshot video Carabinieri Foggia

«Poi, adesso a tarda ora, mi arriva un messaggio pieno di paura, di una persona a cui un gruppo di ragazzini di una periferia di Bari ha puntato una pistola contro. Una pistola puntata non per rapina, ma perché dovevano continuare ad esplodere botti sotto casa di questa persona che se n’era lamentata. Adesso questa persona vive sequestrata nella paura, in questa città che va disarmata: perché troppe sono le armi che vi circolano, troppi i criminali che le impugnano, troppe le pallottole pronte a entrare nella carne degli innocenti». È la testimonianza riportata la sera del 1° gennaio dal sociologo Leonardo Palmisano su facebook. Abbiamo riportato già il giorno di capodanno alcuni dei tanti episodi che in quelle ore stavano emergendo. A Bari dalle ore successive all’ordinanza anti-botti del sindaco Decaro alle ore del trapasso dal 2020 al 2021 si sono registrati, come riportato nell’articolo del 1° gennaio, altri episodi che delineano un quadro pericolosissimo e sconcertante. Nella totale indifferenza e accettazione di troppi, quella borghesia sempre più ventre molle. Quella classe agiata barese che, al di là di ogni facciata perbenista e borghese, alimenta i mercati illegali e, scrive il sociologo Leonardo Palmisano che a Bari dedicherà il suo prossimo libro inchiesta, che «ha una porzione immorale, dove la prostituzione di figlie e madri» serve «per tessere relazioni, appianare debiti e dissidi», fanno così crescere i figli «nell’idea di dover avere tutto».

Leonardo Palmisano già l’anno scorso in un’intervista ha posto l’attenzione sull’esistenza di una «forte carica eversiva» nella quale anche le mafie sono attive, puntando a diventare società e poi Stato.  Una carica che in questi mesi di emergenza sanitaria corre sempre più, cerca di sfruttare ogni occasione per sfidare l’ordinamento democratico, calpestare l’interesse collettivo e presentarsi sempre più come anti-Stato prepotente, arrogante e violando qualsiasi regola. Due anni fa nel libro «Casamonica-viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma» Nello Trocchia descrisse l’universo criminale dei Casamonica, definita da una vittima (leggiamo nel libro)  «la famiglia più pericolosa d’Italia, sono degli animali che squartano le persone». Un universo animato anche da sodali i cui cognomi sono «Di Silvio, Spada, Ciarelli, De Rosa, Di Guglielmo, Bevilacqua». Di Silvio, Ciarelli, De Rosa e Bevilacqua – insieme per esempio a Spinelli – sono anche i cognomi più diffusi nell’egemonizzare le cronache dello spaccio e della violenza in Abruzzo, dal teramano a Pescara e per tutta la costa fino a Casalbordino e Vasto. Gli stessi che durante e dopo il lockdown, fino al capodanno 2021 non hanno mai rispettato le restrizioni anti-pandemia, realizzando assembranti e feste vietate ripetutamente e sono stati protagonisti di fuochi d’artificio illegali e incuranti di tutto.

I fuochi d’artificio, gli scenari quasi bellici delle esplosioni di Capodanno e in altri giorni, l’arroganza e la prepotenza di chi quotidianamente sfreccia in auto rischiando di uccidere qualcuno in ogni secondo, la volgare e violenta ostentazione della propria presenza, il presentarsi anche sui social come al di sopra di ogni regola, credendosi onnipotenti e impunibili, l’anticultura da Suburra di periferia – che siano Bari, Foggia, Roma, Pescara o centri molto più periferici del vastese in Abruzzo come Casalbordino, come denunciamo ripetutamente da mesi – non sono episodi marginali sottovalutabili ma pezzi di un quadro unico.

A Foggia il capodanno è stato festeggiato da un  soggetto vicino alle batterie Moretti-Pellegrino-Lanza, clan al centro anche della maxi operazione Decimabis, sparando in strada ed urlando in dialetto «auguri a tutta la malavita di Foggia». L’autore di questo gesto era stato arrestato durante la stessa operazione Decimabis e poi scarcerato dal Tribunale del Riesame. Tanti sono i video di spari dai balconi a Napoli e dintorni, «abbiamo ricevuto tante segnalazioni di video caricati on line assolutamente vergognosi  nei quali soggetti di vario genere  accolgono il nuovo anno sparando con pistole, vere o scacciacani, dai balconi di casa o per strada senza alcun timore di poter uccidere, ferire o procurare allarme in chi ha la sventura di abitare nei loro pressi» ha denunciato il consigliere regionale dei Verdi Francesco Borrelli. Alcuni di questi episodi, sottolinea Borrelli, hanno visto protagonisti ragazzi minorenni, nei video  «ridono e scherzano mentre premono il grilletto o lo fanno premere a figli, fidanzate e parenti. Per poi mettersi in bella mostra sui social con i quali si autocelebrano  mentre compiono questi reati».

C’è un filo rosso, anzi forse dovremmo definirlo nero, che unisce questo capodanno pericoloso, violento, che dimostra la minaccia eversiva e anti-democratica dei sistemi criminali a tutte le latitudini. Quello di una carica criminale che ormai rappresenta una minaccia eversiva che non può essere più derubricata a questioni di ordine pubblico, teppismo e simili. È un filo che unisce la Puglia alla Campania alla Roma dei Casamonica e degli Spada fino all’Abruzzo e ad altre latitudini.

I silenzi, le sottovalutazioni, le mancate reazioni di questi giorni sono a dir poco sconcertanti. Una cappa che non si è mai interrotta dal primo lockdown quando per soggetti criminali a cui, riportiamo ancora una volta la denuncia del Comitato di Quartiere «Per una nuova Rancitelli» che sintetizza perfettamente la situazione, «non va neanche riconosciuta una dignità» il lockdown, la fase 1 dell’emergenza e le restrizioni non sono mai esistiti. Sparano fuochi d’artificio, inviando ben chiari segnali, da marzo esattamente come facevano già nei mesi scorsi e non si sono mai fermati. Anche nel cuore della città, sfatando così un altro mito rassicurante della placida borghesia della «Pescara bene»: la periferia cattiva e degradata e la città pulita. La cronaca ci documenta ripetutamente invece che le piazze di spaccio sono nel cuore della città, che criminali e fiancheggiatori sono attivi nelle zone più diverse. Esattamente come l’usura contro le attività economiche, il racket e lo sfruttamento della prostituzione. Con una differenza sostanziale: a «Villa del fuoco» la resistenza civile e sociale, la costruzione di una narrazione e un attivismo alternativi onesti e coraggiosi esistono, nel cuore della «città bene» l’accettazione, la passività, il silenzio continuano ad essere totali.

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