Spari, pistole e arroganza eversiva criminale

I fuochi d’artificio sparati in tante città, in sfregio alla convivenza civile, alle ordinanze dei sindaci e al coprifuoco nazionale, si sono mischiati ad altri episodi a dir poco sconcertanti: spari e pistole dai balconi. A Taranto addirittura in mano ad un ragazzino che ha insultato Conte, a Foggia fortissime polemiche contro il presidente del Consiglio Comunale dopo video in cui si vedono lui e il figlio sparare a salve dal balcone la notte di Capodanno. Quella Foggia che non si arrende ai clan e continua a mobilitarsi per costruire percorsi civili e sociali antimafia.

Spari, pistole e arroganza eversiva criminale
Questura Taranto
Spari, pistole e arroganza eversiva criminale

Clan mafiosi e delinquenti hanno battezzato il nuovo anno esattamente come hanno lasciato il 2020: arroganza, prepotenza, sfida squallida e meschina alla società e alla convivenza civile. Pandemia, lutti, ordinanze, restrizioni, ordinanze, dolore, sofferenza, nulla conta per questi volgari, vigliacchi e violenti criminali. I fuochi d’artificio che hanno imposto uno scenario di guerra a varie città italiane ne sono stati la rappresentazione più eclatante, nell’assordante silenzio purtroppo di molti esponenti istituzionali a partire dai sindaci che hanno emanato ordinanze rimaste di fatto solo sulla carta. Come abbiamo documentato e denunciato nei nostri precedenti articoli.

Ma non sono rimasti soli perché coi botti la notte è stata squarciata anche da pistole che hanno sparato dai balconi, nel nostro precedente articolo abbiamo riportato le denunce sulla provincia di Napoli del consigliere regionale dei Verdi Borrelli e il saluto «a tutta la malavita foggiana» di un soggetto vicino alla batteria della «Società foggiana» Moretti-Pellegrino-Lanza. Clan al centro della recente maxi operazione Decimabis, nella quale il pistolero di capodanno è stato arrestato e poi scarcerato dal tribunale del Riesame. Questi episodi gravissimi e pericolosi non hanno coinvolto solo pregiudicati e mafiosi. 

A Taranto un ragazzino ha sparato dal balcone insultando Conte. Un episodio che dimostra, una volta, di più quanto la sottocultura mafiosa e dell’egemonia della violenza sia sempre più diffusa. Volgarità pronunciate come una sfida alla convivenza civile e alle istituzioni, ostentando che qualsiasi ordinanza, restrizione, decreto, emergenza lo si viola e non se ne riconosce l’esistenza. Replicando modelli ormai dilaganti, dai social alle piazze, in maniera probabilmente inconsapevole. E questo dovrebbe far riflettere ancor di più perché testimonia che la sottocultura della violenza mafiosa è esondata molto oltre le Suburra dei clan e sta infettando ampi settori della società.

A Foggia sono diventati immediatamente virali su facebook due brevi video in cui compaiono il presidente del Consiglio Comunale Iaccarino e il figlio sedicenne mentre impugnano una pistola e sparare alcuni colpi a salve. In un post sempre su ace book l’esponente forzista ha scritto «il ruolo istituzionale che ricopro mi impone di chiedere scusa a tutti coloro i quali hanno avvertito fastidio pensando a qualcosa di diverso». Nello stesso post quanto mostrato nel video del figlio viene ridimensionato ad un «puro gesto goliardico dettato dalla festività e dalla sua età (sedicenne)» esprimendo rammarico «per la lettura inverosimile che si è data ad un gesto irrilevante».  A seguito delle polemiche scaturite dopo quest’episodio Iaccarino ha annunciato di aver dato la propria disponibilità a dimettersi, «uno scampo della mia vita privata è diventato, mio malgrado, di pubblico dominio. 

Ciò ha leso la mia immagine pubblica (che è stata sempre ineccepibile) e l’Istituzione che rappresento – le dichiarazioni con la quale ha comunicato la decisione – È superfluo evidenziare che sono del tutto consapevole che in una città ostaggio della mafia, in cui le pistole sparano per uccidere, è doveroso evitarne qualsiasi utilizzo, per il forte disvalore simbolico che esse rappresentano».

Il 5 Gennaio in un video sul social netowork Iaccarino ha dichiarato  «lo spirito del mio atto era ed è di discutere politicamente con il sindaco e con i miei colleghi affinché le dimissioni risultino frutto di condivisione da parte di tutti, poiché tutti avrebbero dovuto assumersi la responsabilità politica delle conseguenze derivanti, appunto, dalle mie eventuali dimissioni». La notte di Capodanno, aggiunge, di aver pensato soltanto di far divertire il figlio in casa con una pistola giocattolo perché, da vigile del fuoco, voleva salvaguardarlo in quanto voleva scendere in cortile. «L’immagine di Leonardo Iaccarino si è sporcata solo perché è stato ripreso tra le mura di casa dal proprio figlio? Io non ho commesso alcun reato, né ho offeso o recato danni ad alcuno con quell’arma, se così vogliamo chiamarla, del tutto legale e in libera vendita - sottolinea nel video -  e non ci sono accostamenti con chi inneggiava alla malavita».

«Un uomo delle Istituzioni che spara da un balcone a Foggia con una pistola offre uno spettacolo osceno, deviante, violento – la riflessione pubblica di Leonardo Palmisano – Soprattutto quando lo fa in una città che soffre, afflitta da una densità mafiosa fuori dall’ordinario, senza eguali in Italia, come ci ha ricordato la Direzione Nazionale Antimafia».

A questa sofferenza e all’avanzare della società foggiana e dei clan c’è una Foggia civile e attiva che non si è mai rassegnata e che, anche in questi primi giorni del nuovo anno, prosegue la sua mobilitazione. Il 6 gennaio, mentre molti italiani si sono interamente dedicati al giorno di festa, l’associazione Giovanni Panunzio – Eguaglianza Legalità Diritti ha preferito  proseguire il suo percorso di impegno con un incontro online che già dal titolo indica la rotta «Cortigiani? Vil razza dannata! Libertà e antimafia sociale nei percorsi artistici e culturali a Foggia (e non solo)». 

Il presidio di Libera Foggia Nicola Ciuffreda e Francesco Marcone ha espresso preoccupazione e sgomento su «quanto sta accadendo a Foggia» ritenendo inaccettabile che un «tale comportamento provenga da un uomo che rappresenta le istituzioni» e di essere «da sempre convinti che, specialmente in una città come la nostra, sia fondamentale l’esempio per sconfiggere la subcultura mafiosa che, come un cancro, toglie bellezza e moltiplica la violenza. L’etica deve essere alla base del comportamento di chi rappresenta l’istituzione». «Purtroppo questo è solo l’ultimo di vari episodi che stanno minando la credibilità delle istituzioni, allargando quella distanza che quotidianamente si prova a ricucire per non lasciare sola la comunità» sottolinea il presidio promotore di una imponente mobilitazione sui social network il 10 gennaio.

«A un anno esatto dalla mobilitazione dei 20.000, affolliamo i social di pensieri, video e fotografie esprimendo il nostro sentire, sentendoci pienamente parte del percorso» è l’invito su ace book di Daniela Marcone, vicepresidente di Libera. Il 10 gennaio dell’anno scorso 20.000 persone scesero in piazza contro le mafie a Foggia, in continuità con quella manifestazione il presidio dell’associazione ha lanciato la campagna #LIBERAFOGGIADALLAMAFIA, invitando associazioni, scuole e cittadini a «riflettere su cosa sia la mafia foggiana, su cosa significhi vivere in una città piegata dal pizzo, dall’usura e dalle bombe e soprattutto su cosa ciascuno di noi possa fare per combattere la mafia, provando ad immaginare una città senza la presenza opprimente della criminalità organizzata» e tradurla in «pensieri, video, disegni e qualsiasi altra forma creativa» pubblicandoli sui social con l’hashtag #liberafoggiadallamafia.

«Siamo tutti chiamati ad interrogarci su quello che sta accadendo in città e sul nostro futuro. Le indagini hanno dimostrato una volta di più la capacità della mafia foggiana di inquinare l’economia e di infiltrarsi nelle vite di ciascuno di noi, condizionandole e facendoci vivere nella paura. Nello stesso tempo, l’impegno degli inquirenti ha inferto un duro colpo alle organizzazioni criminali. Le forze dell’ordine e la magistratura stanno facendo la loro parte – leggiamo nell’appello di Libera Foggia dello scorso 12 dicembre – Ma tocca anche a noi, in continuità con la mobilitazione del 10 gennaio scorso e di tutti i percorsi precedentemente intrapresi, ribellarci alla violenza mafiosa e accrescere la nostra consapevolezza. Il nostro ruolo di cittadini attivi ci impone di sostenere chiunque contrasti le mafie e mantenere accesi i riflettori su questa battaglia quanto mai urgente».

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