Matteo Messina Denaro, parla Sonia Alfano: «La politica si occupi seriamente di lotta alla mafia»

L'INTERVISTA/Prima parte. Parla la figlia di Beppe Alfano (giornalista di Barcellona Pozzo di Gotto ammazzato da Cosa nostra l'8 gennaio del 1993), già europarlamentare e presidente della Commissione speciale antimafia: ««La lotta alla mafia deve essere una cosa seria, una priorità nell’agenda politica italiana. Mi batterò fino alla fine per fare in modo che tutti coloro i quali si sono macchiati di reati di mafia paghino fino all'ultimo dei loro giorni. Non esistono sconti. Nessuna resa può essere barattata con situazioni del genere.»

Matteo Messina Denaro, parla Sonia Alfano: «La politica si occupi seriamente di lotta alla mafia»
Sonia Alfano (ph di Castolo Giannini)

«Conosco personalmente Teo Luzi (comandante generale dell’Arma dei carabinieri, nda) e Angelosanto (comandante dei Ros, nda), sono persone che godono della mia stima massima». Comincia così la nostra conversazione con Sonia Alfano, la figlia di Beppe Alfano, il collega ammazzato nel 1993 da Cosa nostra. Abbiamo voluto raccogliere il suo punto di vista sull’arresto di Matteo Messina Denaro (latitante da 30 anni), senza dimenticare i suoi incontri in carcere con Bernardo Provenzano (altro mistero poco misterioso del Paese orribilmente sporco). «È chiaro che apparati deviati dello Stato, negli anni, hanno garantito la protezione e la latitanza di questa persona. Per fortuna tutta questa rete è crollata, che sia crollata sotto le attività dei carabinieri non può che farmi piacere. Ma ho letto alcune dichiarazioni del tipo: “oggi la mafia è stata sconfitta”.

 

È stata sconfitta la mafia?

«No, assolutamente. Forse è il caso di dire che si riparte nella lotta alla mafia. Credo sia più corretto dire una cosa del genere.»

 

Per Mario Mori (già ai vertici del Ros) “la mafia è stata sconfitta”.

«Deve semplicemente stare zitto, in silenzio. Dovrebbe tornare a studiare. Con questo arresto si apre un nuovo spaccato di lotta alla mafia. Da quasi dieci anni è stata abbandonata questa strada. Questo arresto, ripeto, pone fine alla rete di connivenze che hanno garantito questa latitanza. E ribadisco che mi fa piacere che l'Arma dei carabinieri abbia avuto questo scatto veramente forte. Poniamo l'attenzione sul fatto che è stata una bellissima operazione ma, adesso, la politica ricominci seriamente ad occuparsi di lotta alla mafia

 

VIDEO ALL’INTERNO. Leggi anche: La «profezia» su Matteo Messina Denaro: «Tutto previsto»

 

Nel novembre scorso Baiardo su La7 aveva annunciato a Giletti l’arresto o la consegna del latitante Denaro, definendolo un “regalino” per qualcuno (clicca qui per vedere il video). A distanza di pochi mesi la “profezia” si è avverata. Lei come interpreta questa “strana” anticipazione?

«Fa specie, fa riflettere. È chiaro. A questo bisogna aggiungere l’arresto di Provenzano e tutto quello che c’è dietro. Pochi giorni fa è stato ricordato l’arresto di Riina di trent’anni fa. Ed è chiaro che queste dichiarazioni oggi sono veramente molto pesanti. Credo che, proprio per togliere ogni un dubbio e per essere credibili e cristallini, va fatto uno sforzo immenso.»

 

Con questo arresto sono cambiati gli equilibri? Messina Denaro era ancora il Capo di Cosa nostra?

«Questo è stato un argomento dibattuto più volte dagli addetti ai lavori. Mi sono trovata ad affrontare spesso questo tema ai tempi in cui ero presente in commissione antimafia, anche a porte chiuse. Ci sono delle cose che sappiamo tutti. Si era detto di una sua permanenza in una villa nel palermitano, dalle parti di Bagheria e che lui si spostava da questa villa. È chiaro che il dubbio viene. Quello che va fatto, anche per le giovani generazioni, è di pretendere che la lotta alla mafia torni un argomento fondamentale. Se vogliamo evitare che tutto questo si perda va fatta chiarezza, per dissipare legittimi dubbi che vengono avanzati. Oggi siamo felici ma da domani cominciamo a dissipare questi dubbi. Non se ne può più. Ogni volta che viene fatto un arresto e ci sono delle ombre è difficile farle diradare. Non ce lo possiamo permettere. Mi rifiuto di credere che i militari che erano lì, e chissà per quanto tempo gli sono andati dietro, fossero complici. Credo che a livello superiore, a livelli altissimi, ci siano altri meccanismi. Va fatta chiarezza a tutti i livelli.»

 

L’arresto di Messina Denaro potrebbe essere una moneta di scambio? Possiamo legare questo arresto all’ergastolo ostativo, alla condizione dei fratelli Graviano?

«La lotta alla mafia deve essere una cosa seria, una priorità nell’agenda politica italiana. Mi batterò fino alla fine per fare in modo che tutti coloro i quali si sono macchiati di reati di mafia paghino fino all'ultimo dei loro giorni. Non esistono sconti. Nessuna resa può essere barattata con situazioni del genere. Nessuno si metta in testa una cosa del genere, chi ha sbagliato deve pagare, fino alla fine. I nostri familiari sono stati mandati a morire senza sconti. Il vero ergastolo lo scontiamo noi familiari. Il nostro è un dolore fine pena mai.»

 

Lei è stata una delle ultime persone ad aver incontrato Bernardo Provenzano (arrestato nel 2006) ed il boss aveva espresso l'intenzione di cominciare a collaborare. È esatto?

«È tutto giusto. Lui voleva collaborare. A me l'ha detto più volte e non posso essere smentita perché sono stata anche intercettata, benché il regolamento del sistema penitenziario lo proibisca. I parlamentari non possono essere intercettati, registrati. Però è successo. Per cui oggi dico se qualcuno osa smentire questa cosa si faccia ricorso alle registrazioni che sono state fatte.»

 

Provenzano voleva pentirsi?

«Due volte mi ha detto che stava pensando e si stava convincendo alla collaborazione e che per poter riflettere su questa possibilità lo voleva fare in totale serenità, senza la paura di mandare a morire i suoi figli o di mandare a morire me.»

 

Poi lui cadrà dal letto. Almeno questa è la versione ufficiale.

«Su questo mi sono battuta all'infinito chiedendo di essere ascoltata perché sono stata l’ultima persona ad aver visto Provenzano. Mi dispiace che, ad oggi, la mia richiesta formale non è stata accolta. L'ho visto tre o quattro volte. Le ultime due, sicuramente, sono state quelle più significative, quelle più importanti.»

 

Quando l’ha visto l'ultima volta?

«Il 3 luglio del 2012 ed è stata la volta in cui aveva il volto tumefatto. L'avevo visto un mese e mezzo prima e nell'ambito di quella nostra conversazione più volte lo invitai a riflettere sulla possibilità di pentirsi. E lui, per la prima volta, mostrò un'apertura. Voleva parlarne solo con me perchè non si fidava di nessuno. Più volte aveva ribadito che voleva parlare a me, perché si fidava di me, ci aveva pensato e che qualsiasi cosa lui avrebbe detto il suo obiettivo era quello di salvaguardare i suoi figli e me. Quando tornati, il 3 luglio, lo trovai in quelle condizioni. La direttrice del carcere disse che era caduto dal letto. Lui smentì questa cosa davanti a me, dicendo che non era la prima volta che accadeva e che lui non era assolutamente caduto dal letto.»

 

Se Provenzano non è caduto dal letto significa che qualcuno è entrato nella stanza?

«Ma io l'ho sempre detto, l'ho sempre sostenuto. Ho sempre sostenuto che quelle azioni siano state fatte nei confronti di Provenzano per non farlo parlare, perché lui era molto vicino…»

 

Ma come escono fuori le sue intenzioni? Tutta la vostra conversazione è stata registrata?

«Sì, sì. La fuga di notizie è arrivata dalla Procura di Palermo.»

 

Chi materialmente può entrare in una cella e fare quello che è stato fatto?

«Probabilmente chi ha accesso. Presumo il personale o chi è stato fatto entrare dal personale.

 

Quando ho sollevato questi dubbi ho dovuto subire le illazioni e le insinuazioni di qualcuno, più di qualcuno, che diceva che stavo conducendo una trattativa e stavo dando copertura a Provenzano. Ma queste persone non immaginano quello che provo quando vado sulla tomba di mio padre, di quante immagini mi passino davanti, il suo sangue a terra, le immagini di mio padre morto nella macchina. Come si può, anche lontanamente, immaginare che un familiare di una vittima innocente di mafia possa portare avanti una trattativa con i mafiosi. Forse è più scomodo dire che i familiari delle vittime, che a volte hanno più coraggio di chi dovrebbe fare certe cose, sono costretti a sostituirsi a qualcun altro.»

 

È possibile immaginare una collaborazione da parte di Matteo Messina Denaro?

1 parte/continua

 

 

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