Dove vogliamo andare?
Mentre il mondo è rimasto paralizzato dalla pandemia prima e dalla (necessaria e inevitabile) attenzione per la guerra in corso in Ucraina poi, la vita va avanti e lo fa anche in questo nostro straordinario e maledetto paese.

Una popolazione disattenta, preoccupata, stordita dai problemi e dalle necessità del vivere quotidiano, è quello che più fa comodo al potere politico, ai poteri finanziari che tutto si accaparrano, ai grandi imprenditori che lucrano sulla povera gente, alle lobby economiche che tolgono diritti ai lavoratori. Ma soprattutto fa comodo alla malavita, alle mafie: a quella siciliana, alla camorra, alla 'ndrangheta; così come alla massoneria, ai poteri deviati e a quello spazio grigio che fa da cuscinetto tra organizzazioni criminali e parte deviata delle istituzioni.
Ecco allora che accade una cosa gravissima per il paese, per la legalità, per il rispetto delle regole, per la possibilità di riscatto: non è stato nominato alla Procura nazionale Antimafia il dottor Nicola Gratteri, uno dei nostri migliori uomini, un servitore dello Stato, uno dei magistrati che sta portando avanti a Catanzaro il più grande processo alla ndrangheta calabrese. Era il candidato ideale per la più importante delle Procure: importante e necessaria se si intende debellare seriamente le mafie. Capace, coraggioso, tenace, integerrimo, eppure è stato scartato: perché Nicola Gratteri è libero, non appartiene alle correnti, non appartiene ai partiti, non deve rispondere a nessuno, ma solo alla legge, alla toga che indossa, alla propria coscienza, al proprio lavoro, alla propria meravigliosa visione della vita. È un magistrato che conosce il territorio, il paese, i comportamenti delle organizzazioni criminali, il traffico delle droghe; ha un metodo investigativo simile a quello di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Non è stato votato da tutti, non a sufficienza almeno; ha ricevuto il voto e il sostegno dai magistrati Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita che, come lui, tengono alto il nome e l'onore della magistratura italiana: altri hanno preferito Melillo, un bravo magistrato certo, ma diverso da Gratteri.
Tempo fa ho avuto modo di ascoltare Gratteri rivolgersi ai ragazzi di un liceo: era riuscito a parlare di mafie e traffico di droga ad una platea lontana, per età, a certe tematiche. Eppure così capace a mantenere alta l'attenzione, a scendere nel particolare, a toccare alcune corde tanto da tenere gli studenti incollati alle sedie, attenti ad ogni sua parola.
Spiegava un mondo apparentemente estraneo, lontano, ma che al contrario incide profondamente sulle vite di tutti, deviando per sempre il corso della storia e il futuro delle giovani generazioni. In questo paese la lotta alle mafie non è una priorità: non lo è mai stato per nessun governo in carica.
Siamo stati governati per vent'anni da un pregiudicato che pagava la mafia siciliana anche quando era presidente del Consiglio (e che ancora fa comizi). Ogni giorno l'azione della malavita si palesa avvelenando appalti, processi, elezioni, economia.
Ma ancora non ci basta!
Oppure, ed è la lettura peggiore, non riusciamo più ad incidere né come cittadini, né come corpo elettorale, né come società civile. Oggi per tantissimi di noi è un giorno triste, preoccupante, a tratti surreale: la mancata elezione di Nicola Gratteri alla procura nazionale antimafia segna l'ennesima delusione per chi sogna di poter cambiare le cose.
Qualcuno dice: era prevedibile, cosa ti aspettavi? È successo a Falcone, anche lui scartato. E pochi mesi fa al dottor Nino Di Matteo è stata negata la nomina al Dap. Ma dove vogliamo andare…
E soprattutto, come dice Di Matteo, quale terribile messaggio si dà alle organizzazioni mafiose? Di resa totale, questo. Come dire: fate del nostro paese tutto ciò che volete. A trent'anni dalle stragi del '92, non ci resta che disperarci in queste ore.
Siamo cittadini onesti. Ma abbiamo uno Stato che calpesta i valori, quelli veri. Tutta la nostra vicinanza a Nicola Gratteri, per noi è il nostro procuratore capo.
LEGGI ANCHE: