Dopo Bari toccherà anche a Petilia Policastro?
IL SILENZIO DOPO IL FUNERALE DEL MAFIOSO. E' successo in Calabria, precisamente in provincia di Crotone, in occasione del rientro della salma del presunto suicida Rosario Curcio, uno dei massacratori della testimone di giustizia Lea Garofalo. Sono passati quasi 10 mesi dall'interrogazione parlamentare. Al contrario della questione barese, non si è registrata nessuna reazione governativa.
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Da qualche giorno la "questione Bari" sta occupando tutti gli spazi dell'informazione nazionale. La decisione del Viminale - dopo le pressioni di alcune esponenti nazionali del centro-destra - di inviare in Puglia una commissione di accesso agli atti ha acceso un forte dibattito: è un atto dovuto o un attacco politico?
I due fronti sono contrapposti: da una parte il centro-sinistra si è schierato contro la decisione governativa, dall'altra parte, il centro-destra, ha ribadito il suo impegno contro le mafie. "Abbiamo dichiarato guerra alle mafie...", questo il leit-motiv dei rappresentanti istituzionali.
Ma è proprio così?
NOVE MESI PRIMA. Un ergastolano si suicida in un carcere. E' un ragazzo calabese di una frazione di Petilia Policastro. La nostra fonte ci avvisa e noi cominciamo ad effettuare le prime verifiche. Si chiama Rosario Curcio, il nominativo ci riporta alla vicenda di Lea Garofalo. La fimmina uccisa nel novembre del 2009 dalla 'ndrangheta, a Milano: abbandonata e maltrattata da tutti quando era viva e trasformata in eroina dopo la sua morte violenta.
Siamo i primi a dare la notizia. Poi, a cascata, molti media la riprendono, senza nemmeno citare la fonte. Anzi, copiano le nostre informazioni.
Cominciamo a sentire il suo avvocato, che ci sbatte il telefono in faccia dopo alcune domande. E dopo qualche giorno pubblichiamo tutto quello che riguarda l'evoluzione del preseunto suicidio.
A Petilia Policastro, dove qualche mese prima si era svolta la prima edizione del Premio Nazionale dedicato proprio a Lea Garofalo, cominciano a comparire i primi manifesti funebri.
Sembrano dei funghi, crescono ora dopo ora. E tra le tante manifestazioni di affetto troviamo anche quello che mai avremmo immaginato.
L'amministrazione comunale, con il nome in bella mostra del primo cittadino, partecipa al dolore della "famiglia Curcio". Ma come è possibile una cosa del genere?
Perchè a Petilia Policastro gli amministratori sentono l'esigenza di partecipare al lutto di colui che ha partecipato - a San Fruttuoso, in provincia di Monza - alla distruzione del corpo di Lea Garofalo?
Siamo talmente curiosi di saperlo che cominciamo a sentire il primo cittadino, Simone Saporito, di professiona avvocato. Anche in questo caso siamo i primi a dare la notizia. Non è questione di vantare la celerità ma solo di sottolineare una mancanza professionale. Le fonti si citano, sempre.
Il sindaco cerca di giustificarsi. "Abbiamo commesso un errore, i manifesti vengono stampati per tutti i i nostri concittadini che muoiono". La pezza è più dannosa del buco. Le reazioni non si fanno attendere.
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IL FESTOSO FUNERALE. Non solo i manifesti istituzionali. La bara dell'ergastolano Curcio viene accolta tra gli applausi, i fiori, i palloncini bianchi, i cori da stadio, le lacrime, gli slogan vuoti. Prima di entrare nella chiesa la stessa viena fatta roteare per tre volte davanti alle tante persone presenti.
Ma i mafiosi non erano stati scomunicati da due Papi?
Lo abbiamo chiesto al prete del posto e al responsabile della Diocesi. Le risposte non hanno soddisfatto le nostre aspettative. Ma Francesco, sempre attento su certe questioni, cosa pensa del comportamento che si è registrato - alla luce del sole - nella frazione di Petilia Policastro?
"SIETE DEGLI SCIACALLI". Siamo stati costretti anche a registrare le reazioni, poco ortodosse, di alcuni rappresentanti delle Istituzioni locali. Noi volevamno sentire il loro punto di vista. Diversi di loro hanno partecipato al funerale dell'ergastolano. Tra cui una assessora bionda addirittura immortalata in una foto. Lei si dimessa.
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E gli altri? Quanti rappresentanti istituzionali sono andati ad omaggiare il defunto legato a un clan di 'ndrangheta?
NOVE MESI DOPO. Sulla gravissima vicenda l'On. Ascari ha presentato una interrogazione parlamentare. Ad oggi nessuna risposta, nessun intervento del Viminale e nessuna commissione. Probabilmente non interessa a nessuno. Nemmeno alle tante Associazioni che si dichiarano antimafiose. La questione dei manifesti, delle "festose" manifestazioni e della partecipazione di alcuni rappresentanti istituzionali al funerale pubblico e religioso di un ergastolano non ha creato nessun dibattito. Sono passati quasi dieci mesi dalle nostre denunce pubbliche.
Resta, in tutta questa brutta storia, la nostra denuncia - presentata presso la Procura della Repubblica - nei confronti di un parente dell'ergastolo festeggiato con tutti gli onori da una parte della comunità locale. Le minacce che abbiamo subito solo per aver fatto il nostro dovere non finiranno nel dimenticatoio.
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OMICIDIO LEA GAROFALO. Il suo assassino è ritornato per quattro ore in paese, a Pagliarelle (Crotone). Ufficialmente per fare visita a sua madre "moribonda". La donna, Piera Bongera, solo qualche giorno prima è stata vista arzilla e serena in un supermercato. Cosa hanno in mente questi criminali? Perchè sul territorio è rientrato anche il cugino Vito Cosco, implicato nella strage di Rozzano? Per l'avvocato Guarnera: «Hanno preparato l'ambiente per dare un segnale allo stesso ambiente».
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