Una giornata particolare con gli studenti di Padula

CULTURA DELLA LEGALITA'. L'evento è stato fortemente voluto dall'Associazione Internazionale "Joe Petrosino", una vittima della Mano Nera (la mafia siciliana dell'epoca), il poliziotto di Padula che in America ridiede dignità agli italiani con la sua continua azione di contrasto.

Una giornata particolare con gli studenti di Padula


 

«E' stata una mattinata profonda, toccante, coinvolgente ed emotivamente intensa quella vissuta dagli alunni delle classi terze e quarte del nostro Liceo che hanno incontrato il giornalista e scrittore Paolo De Chiara, autore di "Una fimmina calabrese, così Lea Garofalo sfidò la 'ndrangheta".»

- Una fimmina calabrese, così Lea Garofalo sfidò la ‘ndrangheta

Queste le parole utilizzate dai ragazzi del Liceo Scientifico "Pisacane" di Padula, in provincia di Salerno. 250 studenti si sono confrontati e hanno dialogato con l'autore che ha sviscerato la storia della fimmina calabrese massacrata dalla 'ndrangheta nel novembre del 2009.

Tanti i temi trattati: dalla storia delle mafie alle vittime innocenti uccisi dalla fine dell'800, dalle responsabilità politiche alla questione rifiuti. Tematiche attuali che hanno interessato e coinvolto i ragazzi.

L'evento è stato fortemente voluto dall'Associazione Internazionale "Joe Petrosino", una vittima della Mano Nera (la mafia siciliana dell'epoca), il poliziotto di Padula che in America ridiede dignità agli italiani con la sua continua azione di contrasto.

Presente all'incontro il pronipote di "Joe", Nino Melito. Una presenza importante per tenere in allenamento la memoria. Il suo intervento, insieme a quello del Presidente dell'Associazione Pasquale Chirichella, ha fatto da apripista. 

«L'evento era inserito nelle attività di Educazione alla Legalità, in partenariato con il nostro Istituto. Sono state tantissime le domande che i nostri studenti hanno rivolto all'autore che li ha saputi coinvolgere nel racconto dell'incredibile storia di Lea Garofalo, vittima della 'ndrangheta e sottoposta a vilipendio del cadavere. 

Nel corso del dibattito si è parlato anche degli ambiti in cui le mafie operano, non ultimo quello legato all'ambiente con il fenomeno dei rifiuti interrati. Davvero un momento di grande arricchimento culturale e personale! Ringraziamo in particolare il prof. Vincenzo Maria Pinto per quanto fatto».

«Un incontro straordinario - ha commentato il direttoredi WordNews De Chiara -, con dei ragazzi favolosi in un posto magico. In questi territori ricchi di storia e di cultura (come la Certosa di Padula, la Casa natale Museo di Joe Petrosino, il Sacrario dei 300 e tanto altro) la bellezza è il valore aggiunto. E proprio attraverso queste ricchezze è possibile guardare da un'altra prospettiva il futuro di questo Paese. Poi la passione delle persone che ho avuto la fortuna di incontrare - come Nino, Pasquale, Enrico e tanti altri - fanno ben sperare per quel riscatto sociale e culturale necessario per immaginare un Paese diverso».

 

UNA FIMMINA CALABRESE e UNA VITA CONTRO LA CAMORRA (Bonfirraro editore) - gli ultimi due libri del nostro direttore Paolo De Chiara faranno tappa anche a Nocera Terinese, in provincia di Cosenza, grazie all'impegno dell'Istituto Comprensivo diretto dalla dirigente scolastica Rosaria Calabria. 

 

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ALTRE OPERE DELL'AUTORE

 

Paolo De Chiara autore del libro

Una fimmina calabrese, così Lea Garofalo sfidò la ‘ndrangheta

Questa è la storia di Lea Garofalo, la donna-coraggio che si è ribellata alla ‘ndrangheta, che ha tagliato i ponti con la criminalità organizzata. Nata in una famiglia mafiosa, ha visto morire suo padre, suo fratello, i suoi cugini, i suoi parenti, i suoi amici, i suoi conoscenti.

Un vero e proprio sterminio compiuto da uomini senza cuore, attaccati al potere e illusi dal falso rispetto della prepotenza criminale.
Lea ha conosciuto la ‘ndrangheta da vicino: come tante donne, ha subìto la violenza brutale della mafia calabrese. Ha denunciato quello che ha visto, quello che ha sentito: una lunga serie di omicidi, droga, usura, minacce, violenze di ogni tipo. Ha raccontato la ‘ndrangheta che uccide, che fa affari, che fa schifo! È stata uccisa perché si è contrapposta alla cultura mafiosa, che non perdona il tradimento – soprattutto – di una fimmina.

A 36 anni è stata rapita a Milano per ordine del suo ex compagno, dopo un precedente tentativo di sequestro in Molise, a Campobasso.

La sua colpa? Voler cambiare vita, insieme a Denise. Per la figlia si è messa contro il convivente, i parenti, il fratello Floriano.

In questo Paese «senza memoria» lo Stato dovrebbe vergognarsi per come ha trattato e continua a trattare questi cittadini onesti, che hanno semplicemente fatto il proprio dovere. Gli esempi non possono essere accatastati.Devono poter sbocciare come candide rose, per inebriare le nostre menti delle loro passioni, della loro forza e del loro immenso coraggio. Senza dimenticare i familiari delle vittime, nemmeno loro possono essere lasciati soli.

Le mafie, sino a oggi, hanno ucciso più di 150 donne. Solo grazie alle fimmine è possibile immaginare un futuro diverso per questo Paese, un futuro senza il puzzo opprimente di queste organizzazioni criminali, che possono tutto per la loro immensa potenza economica e militare. Per i loro legami secolari con la politica e le Istituzioni. Con Lea e con Denise non hanno potuto nulla.

 

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