I nuovi mostri
Il centro commerciale come un enorme circo dove l’ illusione e l’irreale la fanno da padrone; non è più semplicemente luogo di acquisti ma diventa sede di eventi di ogni genere: merenda gratis per tutti se c’è una ricorrenza, concerti di qualche personaggio più o meno noto su di un palco improvvisato al posto del parcheggio, maghi ed equilibristi all’occorrenza.

di Alessandra Ruffini
Molte città, soprattutto quelle più piccole, sono state negli ultimi anni trasformate dalla presenza sempre più ingombrante dei centri commerciali. Piani regolatori modificati ad arte per far posto a queste immense costruzioni, mostri di migliaia di metri cubi di cemento, vere e proprie cittadelle ad un passo dal centro storico.
Accade così che una gran parte dello shopping delle famiglie è cambiato per modalità e tempistica: si accede facilmente all’ampio parcheggio adiacente e si entra in un ambiente eccessivamente luminoso e all'apparenza accattivante. E così un rituale che dovrebbe servire solo al procurarsi lo stretto necessario, si fa pellegrinaggio. All’interno del centro commerciale infatti c’è tutto: cibo, abbigliamento, elettrodomestici, area ristoro, angolo delle promozioni.
Accade troppo spesso, senza arrivare al patologico shopping compulsivo, che l’acquisto vada a colmare un vuoto e ci si senta potenti al momento dell’acquisto, ci si senta meno soli o almeno questo è l’obiettivo degli ideatori dei centri commerciali. Come scrive Salvatore Minieri nel suo libro Venga il tuo Regno: “l'ossessione è quella di tenerli immersi in un brodo di perenne distrazione gorgogliante”.
Il centro commerciale come un enorme circo dove l’ illusione e l’irreale la fanno da padrone; non è più semplicemente luogo di acquisti ma diventa sede di eventi di ogni genere: merenda gratis per tutti se c’è una ricorrenza, concerti di qualche personaggio più o meno noto su di un palco improvvisato al posto del parcheggio, maghi ed equilibristi all’occorrenza.
La cosa che più rattrista è la passeggiata della domenica, quando intere famiglie si recano fra scaffali e promozioni, spingendo carrelli pieni come se non ci fosse un domani.
Uno studio sociologico, di alcuni anni fa, documentava che molti bambini (soprattutto quelli residenti nelle grandi città), non hanno mai visto una farfalla, una mucca o una gallina. Ma quanto è triste e grave questa cosa?
Portare i bambini a trascorrere giornate intere all’interno di una costruzione artificiale, in una sorta di microcosmo, sembra essere diventato uno sport nazionale.
Naturalmente il danno economico è importante, perché questo spostamento delle attività commerciali comporta necessariamente la morte dei piccoli esercizi e dei centri storici delle città.
Un’ altra contraddizione è il numero sempre maggiore di centri commerciali, in realtà territoriali come ad esempio quella ternana, con una popolazione in costante diminuzione e sempre più anziana
Torna quindi in mente il ragionamento fatto dal Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri: «in quei supermercati dove ci sono venti casse, ma quasi sempre solo una o due restano aperte al pubblico, molto probabilmente lì qualcosa di “strano” c’è.»
Il magistrato, naturalmente, parlava di realtà interessate dalle sue inchieste, dove il riciclaggio di denaro sporco è il “motore” per tante attività commerciali. La cosa fa pensare. Senza alcun riferimento, ovviamente. Probabilmente, bisognerebbe tornare ad una dimensione più umana, anche nell’approvvigionamento dei beni di consumo. Riscoprire la qualità del prodotto, la provenienza, privilegiando i piccoli produttori locali, facendo attenzione alla filiera produttiva, ricercando anche il contatto umano. «Occorrerà un giorno smettere di confondere ciò che si vende e ciò che è bene» diceva Bob Dylan.