La verde Umbria e l’incenerimento dei rifiuti

Terni, una delle città più inquinate d’Italia, tra veleni e polveri sottili

La verde Umbria e l’incenerimento dei rifiuti

 

di Alessandra Ruffini

Può sembrare una contraddizione, ma non lo è: tutto ciò che è rifiuto (inteso come immondizia) è risorsa. Tutto ciò che diventa rifiuto può essere differenziato, riciclato, riutilizzato ed avere nuova vita. 

In questi decenni di consumismo esasperato non abbiamo considerato una cosa: tutto torna ed adesso ci viene presentato il conto. E così, il problema delle montagne dei rifiuti prodotti, ci costringe a tornare indietro al minimo indispensabile, ritrovando un atteggiamento responsabile per salvare il salvabile. La nuova sensibilità ecologista ed il buon senso ci stanno facendo riscoprire pratiche virtuose nel rispetto del territorio e di madre terra. 

Quindi, tornando ai rifiuti, le amministrazioni regionali e comunali si stanno sempre più orientando verso soluzioni ecologiche e virtuose, condivise attivamente e necessariamente con cittadini sempre più protagonisti e consapevoli. In Umbria, per troppi anni ci si è avvalsi di una soluzione oramai obsoleta e dannosa: l’incenerimento dei rifiuti. Camini fumanti che tutto distruggono, presenti soprattutto nell’area del ternano. Ma a quale prezzo? 

Quello di vedere riversati nell’aria ingenti quantitativi di veleni e polveri sottili, in una realtà già pesantemente gravata per la presenza di industrie pesanti e per una conformazione territoriale non proprio favorevole. Il dott. Carlo Romagnoli, membro ISDE (Medici per l’ambiente) ha più volte ribadito che fra le fonti dell’inquinamento a Terni, considerata una delle città più inquinate d’Italia, c’è sicuramente l’incenerimento come risulta da uno studio effettuato dal dipartimento di chimica dell’Università della Sapienza di Roma. Emerge chiaramente, dice Romagnoli, un contributo specifico dell’inceneritore sul livello di inquinamento in modo particolare nell’area interessata dall’impianto Maratta/Borgo Rivo. I risultati ottenuti in questi ultimi anni, attuando politiche di gestione dei rifiuti concettualmente nuove che trovano nel  riciclo e riutilizzo l’unica alternativa possibile sono più che soddisfacenti. Ma quali sono i dati sulla raccolta differenziata? A Terni, dal 69,30% del 2017 si è passati al 74,20% del 2019. A Perugia, dal 62.30% del 2017 si è giunti al 71% dell’anno appena concluso. Infine, a Narni dal 73,60% del 2017 al 78,20% del 2019 (fonte Arpa). 

Si è investito molto in termini di risorse su questo versante con circa 400 milioni di euro in 15 anni e molto lavoro con campagne di informazione e sensibilizzazione, anche nelle scuole, con progetti, studi di settore e con l’organizzazione di una raccolta porta a porta che, dopo un inizio sofferto, oggi, è finalmente decollata anche grazie alla maggiore coscienza civica dei cittadini. Nonostante questo da alcuni mesi è tornato lo spettro dell’incenerimento. Acea, la società che gestisce l’inceneritore del ternano (che ora brucia scarti di cartiera), avrebbe fatto richiesta alle autorità competenti per tornare a bruciare rifiuti, tecnicamente rifiuti speciali che sono frutto di trattamento dell’indifferenziata. Ma restano le preoccupazioni e le paure. 

Perché tornare indietro, soprattutto dopo gli ottimi risultati conseguiti con la raccolta differenziata in termini di  maggiore economicità e con un minore impatto ambientale? Fabio Neri, portavoce del “Comitato No Inceneritori”, che da anni riesce ad aggregare migliaia di cittadini in questa gravosa battaglia, ribadisce non solo il rischio che l’inceneritore di Terni possa diventare camino unico per bruciare rifiuti importati anche da fuori regione, ma insiste sulla assoluta incongruità della proposta alla luce dell’attuale gestione che potrebbe essere ulteriormente migliorata realizzando un nuovo impianto di trattamento dell’indifferenziato, per altro già in progetto. Che Acea voglia condizionare la futura politica regionale suoi rifiuti modificandone il percorsa intrapreso? Non sarebbe giusto considerare i rifiuti come “bene comune”, sottraendoli alla gestione privata troppo spesso preoccupata solo di fare cassa a danno della collettività? 

La bella Umbria, un gioiello incastonato nel cuore del Paese, può tornare a splendere anche proseguendo su questo terreno di buone pratiche e di una ritrovata responsabilità con cittadini consapevoli e attivi, ed una politica che non può più sottrarsi all’istanze che vengono dal basso.