PALERMO TRA MAFIA E RISCATTO. La storia di Daniele Ventura che urla "No al pizzo"
Ma con la denuncia per Daniele inizia l’inferno, quello stesso inferno conosciuto da tanti cittadini onesti che trovano il coraggio di opporsi alla violenza ricattatrice delle mafie.

Aveva 27 anni, nel 2011, Daniele Ventura quando, dopo aver tentato i test di ingresso a medicina, prova a realizzare quello che era il suo sogno di sempre, aprire un’attività di ristorazione al centro di Palermo nella zona del Porto e lavorare in questa sua straordinaria e maledetta città.
Mesi di lavoro, investimenti, sacrifici, corsi di formazione e finalmente, Daniele, apre il suo locale con tanto entusiasmo e quella voglia di fare che a 27 anni ti fa vivere di sogni e speranze. Ma Daniele è nato e cresciuto a Palermo e, qui, nulla è semplice: così appena tre giorni dopo l’apertura del locale, arriva una “ visita” non gradita. Quella di due mafiosi che senza troppi complimenti si presentano a riscuotere il pizzo, quella mazzetta che moltissimi esercenti a Palermo, e non solo, pagano per continuare a svolgere la propria attività e lo fanno sicuramente per paura, per evitare conseguenze drammatiche, per incapacità a ribellarsi e perché a Palermo si fa così: lavori onestamente, fai sacrifici, ma poi c’è chi passa e ti obbliga al pagamento del pizzo, con quel fare minaccioso e violento che per molti siciliani è diventato ormai prassi, sistema, normalità.
Ma per Daniele no: lui è cresciuto a Brancaccio, il quartiere dove nel 1993 la mafia ha ammazzato don Puglisi. Era in macchina per le strade di Palermo, Daniele, quando, nel maggio del 1992, fu raggiunto dal fumo e dal botto dell’esplosione che, distruggendo un pezzo di autostrada, ci ha portato via per sempre il giudice Giovanni Falcone: e chi vive tutto questo necessariamente vuole cambiare le cose, vuole lottare contro le mafie e si batte per chiedere giustizia.
Daniele paga una prima rata da 500 euro,cercando di evitare problemi imminenti. Il giorno dopo si precipita a denunciare tutto ai carabinieri che, nel frattempo, avevano già iniziato un’indagine denominata HYBRIS, condotta dal Reparto Operativo di Palermo e che ha portato, anche grazie alle fondamentali dichiarazioni di Daniele, alla condanna e al carcere per 37 boss di mafia con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni, rapine e traffico di droga.
Ma con la denuncia per Daniele inizia l’inferno, quello stesso inferno conosciuto da tanti cittadini onesti che trovano il coraggio di opporsi alla violenza ricattatrice delle mafie: senza la solidarietà degli altri negozianti della zona, che al contrario si scagliano contro di lui per paura di ritorsioni da parte della malavita, Daniele riceve ulteriori richieste di denaro e paga una seconda somma da 250 euro, per poi denunciare ancora. La notizia si diffonde nel quartiere e tutti vengono a sapere che in quel locale così bello vicino al porto, c’è un “infame” che ha denunciato ai carabinieri le richieste di pizzo e che si ribella a quel sistema schifoso che avvelena Palermo.
In alcuni giorni, come ci racconta Daniele, l'incasso è stato di pochi euro, dovuto a qualche turista che ignaro entrava a mangiare un gelato e questo perché, una volta resa pubblica la denuncia contro il racket delle estorsioni, i clienti sono spariti. Non c’è stata la possibilità di lavorare e dopo appena un anno dall’apertura dell’attività si è visto costretto ad abbandonare tutto e a chiudere il locale, schiacciato dai pesanti debiti. Ad aggravare il tutto, un furto subito di notte, per un ammontare di circa sessantamila euro, fra attrezzature e materiali. Ci chiediamo, ancora una volta, dove sia lo Stato, dove siano le istituzioni, come e quando supereremo questa zona d’ombra, questa politica (sia locale che nazionale) inerme, spesso ambigua, molte volte collusa che fa una antimafia di facciata ad intermittenza, magari invitando in campagna elettorale le vittime di mafia e i parenti di quelli morti ammazzati, per poi eclissarsi e restare silente una volta vinte le elezioni.
Ci chiediamo come mai a Palermo, gran parte dei commercianti, paga il pizzo alla luce del sole e le istituzioni nulla fanno per incentivarli alla rivolta, alla denuncia, magari sostenendoli con un supporto concreto ed una legislazione adeguata. Aiutando i cittadini a ribellarsi alla violenza spietata e al ricatto dei clan, evitando di foraggiare le mafie che spadroneggiano sapendo di restare spesso impunite.
Molto fanno le forze dell’ordine e i magistrati impegnati nelle Procure, grazie anche alla denuncia dei cittadini e degli imprenditori onesti che vogliono camminare a testa alta, lavorando onestamente fuori da un sistema che ha distrutto una regione come la Sicilia e che sta devastando un Paese intero, essendosi oramai infiltrato in ogni Regione italiana. Ma questo non è sufficiente.
Solo decidendo da che parte stare, solo facendo ognuno nel proprio quotidiano ciò che è giusto fare, solo una politica seriamente impegnata nella lotta alle mafie che allontani le numerose mele marce al proprio interno, evitando candidati in odor di mafia e il voto di scambio, solo affiancando i magistrati e le forze dell'ordine, solo attraverso la cultura della legalità avremmo la possibilità di riscattarci. E la parte giusta, dove scegliere di stare, è quella scelta da Daniele Ventura, il giovane imprenditore rimasto senza lavoro e con tanti problemi, ma che vive bene come solo può vivere colui che ha la coscienza pulita, sapendo di portare avanti una battaglia determinante per il risveglio della sua amata Palermo e del paese intero.
Da pochi giorni Daniele è stato ascoltato dai componenti della Commissione Parlamentare Antimafia: finalmente lo Stato che convoca e ascolta le vittime della mafia, una cosa che ci dà speranza e prova a restituirci quella necessaria fiducia nello Stato di cui ogni cittadino ha bisogno per fare una scelta di campo e dire no al racket, alla violenza, alla non vita imposta dalle mafie.
“La mafia è una montagna di merda” diceva Peppino Impastato e noi resteremo qui a gridarlo, fin quando non porteremo l'ultimo dei tanti cittadini per bene di questo Paese dalla parte giusta.