Ritratti / Giovanni Mangiacapra e la percezione del vero
Mi conduce nello scompiglio Giovanni Mangiacapra, transitando da un tempo all’altro piuttosto che da un luogo all’altro. E gli sono grato per lo stupore che consacra il peso – o la leggerezza – di ogni passo.

Mi conduce – quasi per mano – nella Napoli dei napoletani. Non quella di facciata, scarrupata o sovrana; non quella del vicolo o dell’inciampo in un’agora teatrale; bensì nell’adagio di un dire da cortile che è anch’esso intonaco grattato dal tempo e dall’ira; nella rappresaglia dei toni e delle parole offerte al sole e alla luna, talvolta al buon Dio. Seguendo scie di incenso o avversione di sguardi resistenti.
Mi conduce nello scompiglio Giovanni Mangiacapra, transitando da un tempo all’altro piuttosto che da un luogo all’altro. E gli sono grato per lo stupore che consacra il peso – o la leggerezza – di ogni passo.
Giovanni Mangiacapra pittore “impaziente”, per quel racconto frenetico orfano di pause e riconsiderazioni, piuttosto offerto come personale prassi di bilanci e attese, di memorie e istigazioni. L’impazienza a ribadire il ritmo delle cromie o forse l’ammissione (o il coraggio?) per un riottoso senso di accontentamento.
E allora ogni traccia di colore – ogni annuncio di segno – è, quasi paradossalmente, il prologo di un indefinito divenire. Escludendo a priori ogni ragionevole atto del concludere; lasciando in itinere ogni capitolo della sua avvincente narrazione. E mi conforta un pensiero di Umberto Eco che per la sua articolata efficacia merita di essere pronunciato integralmente: “ siamo stati abituati a concepire la Storia come un asse continuo e portante, su cui viene detto tutto, lungo il quale ogni tanto si aprono delle diramazioni, come dei corridoi verso altre civiltà, sulle quali non sapevamo nulla prima di averle incontrate e continuiamo a saperne poco anche dopo. E se ci fosse un modo diverso di rappresentare la Storia del mondo?Immaginate un palazzo, strutturato non per percorsi perpendicolari, ma attraverso un labirinto, dove le linee maestre talvolta su incrociano, altre volte procedono accostate o si divaricano”.
Ecco, a me pare che il Mangiacapra pittore percorra, con l’impazienza dei gesti e della sua grafia di riferimento, un labirinto di accenti e di indizi rinunciando di fatto a “costruire” una Storia fatta di moduli consequenziali o sovrapposti, di sostegni robusti o rassicuranti, di un cifrario ai più identificabile. Mi pare piuttosto che proceda per “isole dissonanti” come a disorientare lo sguardo degli altri, cogliere alla sprovvista dinanzi ad un immaginabile epilogo e mutare repentinamente la rotta.
Lo testimoniano le continue incursioni – come un alito offerto al disagio del respiro – nei luoghi della figurazione per riafferrare poi il senso dinamico e “impaziente” di una pittura che mi piace definire – per lui – non formale. Ma anche in questo apparente contraddittorio (linguistico, storico, di affiliazione) Giovanni Mangiacapra tiene fede ad una corrispondenza espressiva che è forse l’unica unità di misura del suo racconto; quella alla quale non si sottrae e che diremmo di “percezione del vero” e non già di rappresentazione della verità.
Il fiore violaceo che non ha radici o appigli è,invero, il petalo fragile che non chiarisce la sua età, il prologo o il termine della sua vita breve. Così i paesaggi “immaginari” restituiti a biacche crudeli e all’intemperanza del vermiglio che scala di note non plausibili per toni accidentali e impazienti (anche essi) perché finanche la pittura sia, di volta in volta, commiato, rinascita, bivio, destinazione o sosta. Lasciando a quell’etica della “percezione” (o del presagire) l’unico reale recapito del suo dire.
Cenni biografici
Inizia la sua attività artistica negli anni 70, con una mostra collettiva organizzata dal centro Don Gnocchi di Parma, dove i suoi paesaggi, dipinti con tempera su carta e compensato, riscuotono grande interesse.
Nella prima fase del suo lavoro artistico l'aspetto figurativo è dominante, per poi essere sostituito, negli anni successivi, da una attenta e riflessiva sperimentazione sui materiali e i colori. Poco influenzato dalle varie tendenze artistiche con le quali viene a contatto, giunge ad un’interpretazione autentica e personale dei codici “informali”.
Il suo linguaggio è frenetico e va verso un mondo espressivo che si va delineando e che si predispone ad un messaggio in senso ecologico. E’ il rapporto squilibrato tra Uomo e Natura a farsi centralità ideologica ed espressiva della sua narrazione . E’ questo tema, affrontato in forme e risoluzioni diverse, a tenere e ad alimentare il filo di un dialogo infinito. Le sue tele prendono “Corpo” in un’accezione pratica che germoglia lentamente e tenacemente secondo una nuova intensità e un nuovo colore di vita. Una ricerca sempre sorretta da una rigorosa e severa ”spiritualità” al cui attento vaglio sono sottoposti gli spessori cromatici della materia.
Contact: giovanni.arte@virgilio.it
http://www.giovannimangiacapra.it
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