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Omicidio Manca: «In questa storia ci sono anche gli apparati deviati dello Stato»

by Paolo De Chiara
24 Gennaio 2023
in L'Opinione
Reading Time: 21 mins read
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Noi continueremo a parlare di questa vergognosa vicenda che dovrebbe far urlare allo scandalo. Lo abbiamo fatto nei mesi scorsi e continueremo a farlo nei prossimi giorni. Non lasceremo cadere questo Omicidio di Stato nell'oblio (come qualcuno vorrebbe) e non lasceremo sola la dignitosissima famiglia Manca.

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«La passata legislatura non aveva finito. Bisognava continuare a fare un'inchiesta sulla morte di Attilio Manca». Da qualche giorno è disponibile la nuova Relazione della Commissione parlamentare antimafia sulla morte (omicidio) dell’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). Massacrato nella sua casa di Viterbo. L’omicidio era stato fatto passare come un suicidio. La tesi sostenuta, per anni, dagli inquirenti non era assolutamente plausibile.

Hanno fatto passare una persona perbene come un consumatore di eroina, un tossico. Per proteggere qualcosa, per proteggere qualcuno. Le parole pronunciate dall’allora Procuratore della Repubblica, durante una conferenza stampa – un indegno spettacolo di cabaret – restano scolpite nel libro nero di questo Paese. Proprio durante quell’incontro con gli organi di informazione il rappresentante della legge – un procuratore della Repubblica, lo ribadiamo – aveva accennato ad un interessamento dell’ex presidente della Repubblica (il peggiore di tutti) Giorgio Napolitano. Quello stesso soggetto che dal Quirinale si oppose all’azione dei magistrati (con un conflitto di attribuzione) sulla schifosa Trattativa Stato-mafia (una delle tante).

 

Le Relazioni della passata legislatura

- Il massacro di Attilio Manca: la relazione (di maggioranza) sulla morte dell'urologo siciliano

- Attilio Manca: la Relazione sulla sua morte

 

Abbiamo raggiunto telefonicamente l’On. Stefania Ascari (M5S), già componente della commissione antimafia e proponente dell’ultima Relazione sulla morte violenta di Attilio Manca che, insieme all’ex parlamentare Piera Aiello, ha cercato di fare chiarezza su un episodio torbido della storia repubblicana. Per proteggere la Trattativa con Cosa nostra, per tutelare la latitanza del boss mafioso Bernardo Provenzano hanno scritto un copione già strutturato ed utilizzato in molte altre occasioni. In molti altri massacri (come quello del poeta Pier Paolo Pasolini e del campione Marco Pantani).

 

«La relazione di minoranza aveva lanciato tutta una serie di spunti come quella, per esempio, di sentire i collaboratori di giustizia che hanno parlato del caso e non sono mai stati sentiti, così come quello di indagare ulteriormente sulla figura di Monica Mileti. Abbiamo sentito i collaboratori, addirittura in plenaria, con i massimi poteri della commissione antimafia. Sono emersi degli elementi fondamentali che ci hanno portato a svolgere un lavoro più approfondito e, soprattutto, a ricercare nelle parole che ci sono state dette riscontri in atti giudiziari. Abbiamo richiesto l'acquisizione degli atti a Barcellona Pozzo di Gotto, a Messina, a Palermo, poi anche a Viterbo e a Roma. Nel mentre sono sopraggiunti anche nuovi elementi che abbiamo definito probatori che hanno dato l'input alla Commissione per riaprire l'inchiesta.»

 

E cosa avete fatto?

«Abbiamo approfondito questi aspetti che, a nostro avviso, sono stati tralasciati.»

 

Può fare degli esempi?

«Il 16 Febbraio del 2021 la Corte d'Appello di Roma ha assolto Monica Mileti.»

 

La pusher accusata di aver ceduto l’eroina a Manca?

«Esatto, la pusher. Peccato però che la Corte d'Appello di Roma l'ha assolta, addirittura con formula piena perché il fatto non sussiste. La sentenza è passata in giudicato, perché la Procura generale di Roma non ha proposto ricorsi in Cassazione. Questo è un elemento fondante. Se non è stata lei a dare la droga chi gliel'ha data? Primo punto fondamentale.»

 

Poi ci sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.

«Penso a Biagio Grasso che ha riportato le parole del boss mafioso Angelo Porcino, il quale dice che avrebbe avuto una questione da sistemare con il medico Attilio Manca. E questo, ovviamente, ci ha dato un ulteriore input. Ci sono stati altri collaboratori di giustizia che hanno reso, in precedenza, delle dichiarazioni sempre su Manca. Uno estremamente attendibile, lo dicono i PM soprattutto all'interno dell'inchiesta ‘ndrangheta stragista, è Carmelo D'Amico che noi riteniamo, probabilmente, il più credibile collaboratore di giustizia barcellonese. È stato sentito in plenaria e ci ha riferito delle confidenze di due affiliati. Uno è Antonino Rotolo, un affiliato tra l'altro di altissimo livello, era il braccio destro di Bernardo Provenzano, che ci riferito che Attilio Manca era stato ucciso. Ha riportato espressamente questa informazione.»

 

Ha riportato anche il motivo di questo omicidio?

«No, il motivo l'ha fatto intendere. O perché, molto probabilmente, si era rifiutato di aiutare il boss o perché ha fornito delle cure e per il fatto che è stato riconosciuto doveva essere eliminato.»

 

Lui propone come ipotesi il fatto che Manca abbia riconosciuto il volto del latitante Provenzano?

«Lui ci ha dato in modo secco questa notizia. Secondo le fonti e le confidenze. Già questo elemento, ovviamente, ribalta. Come mai questi collaboratori di giustizia che di fatto sono in tre istituti di pena diversi, quindi non comunicanti, non appartenenti alla stessa organizzazione ma comunque ad organizzazioni diverse, parlano e arrivano alla stessa conclusione che Attilio Manca è stato ucciso? Questo è un elemento che deve far sobbalzare dalla sedia la magistratura. Non si può far finta di niente, soprattutto con collaboratori come Carmelo D'Amico che nell’inchiesta ‘ndrangheta stragista ha fatto arrestare tantissime persone. Dalla documentazione processuale che abbiamo acquisito abbiamo potuto approfondire la conoscenza su alcune vicende e su soggetti che sono stati chiamati in causa da questi collaboratori.»

 

 

Può fare degli esempi?

«Uno in merito alla famosa operazione chirurgica di prostatectomia alla quale è stato sottoposto il boss Bernardo Provenzano in terra francese. Il materiale dei processi ci ha consentito di evidenziare dei vuoti investigativi.»

 

Che significa “vuoti investigativi”?

«Soprattutto sulla presenza del dottor Attilio Manca in terra francese.»

 

Possiamo fare rientrare in questi “vuoti investigativi” anche la scena del crimine?

«Sì, anche. Può rientrare sicuramente. L’idea dell'eliminazione l’abbiamo riportata in modo specifico. Parti di punti processuali che, secondo noi, sono stati purtroppo non considerati dalla magistratura.»

 

Perché è accaduto questo? Perché questi aspetti fondamentali non sono stati considerati dalla magistratura?

«Non entro nel merito. È partita subito la linea investigativa dell'overdose, del suicidio. Ogni cosa è stata veramente accantonata. Ogni altra pista è stata accantonata. E questo non ha fatto approfondire, ad esempio, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Uno dei più credibili è stato, di fatto, emarginato. Alla luce di quello che trascriviamo, perché trascriviamo per intero tutte le dichiarazioni, mi auguro che ci sia un input. Poi l'altra cosa che abbiamo messo è il traffico telefonico, altro aspetto che non è stato esaminato nel dettaglio. Il traffico telefonico di alcuni soggetti che sono entrati nelle indagini dopo la morte. Faccio, ovviamente, riferimento al cugino di Attilio, Ugo Manca. Lo riteniamo importante perché è stato tirato in ballo da uno dei collaboratori.»

 

Il nome di Ugo Manca lo possiamo legare alla sua impronta ritrovata nel bagno della casa di Viterbo dove l’urologo è stato massacrato.

«Tenendo conto che la mamma aveva fatto le pulizie. Però questa impronta c'è. Ma Ugo Manca è stato tirato in ballo da uno di questi collaboratori. Questo cugino risulterebbe, ovviamente uso il condizionale, avere dei contatti proprio con soggetti noti all'autorità giudiziaria.»

 

A chi si riferisce?

«Mi riferisco, in particolare, a Rosario Pio Cattafi. E questo aspetto deve essere approfondito.»

 

 

In una famosa conferenza stampa l'allora procuratore di Viterbo chiamò in causa Giorgio Napolitano. Un Presidente della Repubblica si interessò della vicenda personale di un tossico, perché questa era la tesi degli inquirenti. Ma è normale un intervento del genere? O è un'anomalia?

«Guardi, di normale in questo Paese non c'è niente. Avremmo dovuto sentire l’ex presidente Napolitano per dovere di giustizia, per fornire informazioni utili. Ovvio che le condizioni di salute non lo consentono. Però non c'è assolutamente nulla di normale. In quel modo è stata messa una pietra tombale sulla vicenda. Bisogna andare avanti finché non si arriva a delle responsabilità e alla verità.»

 

È soltanto un omicidio di mafia o ci sono anche i legami di uno Stato deviato, di apparati istituzionali deviati?

«Tra le righe lo diciamo. Ci deve essere stato un coinvolgimento da parte, anche, di apparati deviati. Questa è una situazione che deve fare riflettere molto e deve angosciare il comune cittadino che spera, ovviamente, nella giustizia.»

 

Tutto questo percorso ci porta alla Trattativa Stato mafia che all'epoca era in piedi per tutelare anche la latitanza di Bernardo Provenzano?

«C’è stato sicuramente un coinvolgimento da più parti, altrimenti non si spiegano questi depistaggi, questi oscuramenti. Non serve neanche il codice penale e di procedura penale. Bastava il buon senso. Bastava anche leggere gli elementi che erano già stati riscontrati.»

 

A cosa si riferisce?

«Alla scena del delitto, al sangue che è stato trovato in abbondanza…»

 

Alle siringhe utilizzate…

«Ai segni delle punture di eroina sul braccio sinistro, quando colleghi medici hanno escluso che un tossicodipendente possa bucarsi nel braccio opposto. Lui poi era un mancino puro. Poi il tossico che non lascia impronte sulla siringa e addirittura chiude il cappuccio. Non c'era niente, non c’era il materiale per la preparazione, non c’era il laccio emostatico.»

 

 

Restiamo sulla scena del crimine. Lei parla di situazioni evidenti e siamo d’accordo. Ma è anche evidente quello che si vede nelle foto del massacro. Non poteva essere un suicidio. Ma perché gli autori di questo omicidio hanno agito in questo modo? Volevano lasciare un messaggio chiaro o si sono sentiti protetti? Vi siete posti questi interrogativi?

«Ce la siamo posta questa domanda. Mi auguro sarà la magistratura ad accertarlo. Come rappresentante delle Istituzioni ho cercato di fornire, in sinergia con la magistratura, dei nuovi elementi. Quello che abbiamo fatto noi è dire: “ci sono questi elementi, ci sono queste ulteriori prove. Appare palese, e l'abbiamo scritto, che non si tratti di suicidio ma di omicidio. A questo punto, per cortesia, vediamo di accertare la realtà dei fatti. Ho fiducia in una magistratura seria che possa veramente fare chiarezza. Questo lo dobbiamo ad Attilio, a sua mamma Angela, al papà Gino, al fratello Gianluca. A tutti. Quella scritta, dove c'è scritto che la legge è uguale per tutti, che è dietro al magistrato, deve essere anche davanti al magistrato. La legge è uguale per tutti e, quindi, bisogna che con questi elementi si possa dare un input diverso e questo che mi ha chiesto venga accertato da chi di competenza.»

 

Il prossimo passaggio è la riapertura di un nuovo processo?

«Ci auguriamo che a seguito dell'istanza che i legali della famiglia faranno si apra ovviamente l'inchiesta e su questi nuovi elementi, che abbiamo prodotto, si possa approfondire e, speriamo, accertare la verità dei fatti.»

 

IL CASO MANCA. Le novità che potrebbero riaprire il caso

Paolo De Chiara: "La giustizia e la politica non hanno la volontà di far luce sul caso Manca"

https://www.wordnews.it/il-caso-manca-le-novita-che-potrebbero-riaprire-il-caso

DOMANI LA SECONDA PARTE SULL'ARRESTO (ANOMALO) DEL LATITANTE TRENTENNALE MATTEO MESSINA DENARO

 

LEGGI ANCHE:

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LA RELAZIONE A PUNTATE:

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/1

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IL CASO MANCA: vergogna di Stato

LA SECONDA PARTE (Video) - IL CASO MANCA. Un Paese immerso nelle Trattative

- IL CASO MANCA, la seconda parte

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- IL CASO MANCA, la seconda parte

- IL CASO MANCA – Una storia tra mafia e Stato corrotto.

 

LA PRIMA PARTE (Video) - Attilio Manca è Stato ucciso

- IL CASO MANCA. Le novità che potrebbero riaprire il caso

 

- Morte di Attilio Manca, arriva l’assoluzione per Monica Mileti

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- Attilio Manca: da chi è Stato "suicidato"?

 

LEGGI ANCORA: 

– Il pentito: «Matteo Messina Denaro è un pezzo di merda. Voglio parlare con Di Matteo»

 

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- A cosa serve commemorare?

- 30 anni dopo: la benedizione sui candidati dei condannati per mafia

 

- Un Paese al contrario

 

L'INTERVISTA a Salvatore Borsellino

PRIMA PARTE. «Borsellino: «gli assassini di mio fratello sono dentro lo Stato»

SECONDA PARTE. «Chi ha ucciso Paolo Borsellino è chi ha prelevato l’Agenda Rossa»

TERZA PARTE. Borsellino «L'Agenda Rossa è stata nascosta. E' diventata arma di ricatto» 

 

L'INTERVISTA al colonnello dei carabinieri Michele RICCIO

Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»

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Paolo De Chiara

FONDATORE e DIRETTORE WordNews.it - direttore@wordnews.it Giornalista Professionista, iscritto all’OdG Molise. Scrittore e sceneggiatore italiano. È nato a Isernia, nel 1979. In Molise ha lavorato con gran parte degli organi di informazione (carta stampata e televisione), dirigendo riviste periodiche di informazione, cultura e politica. Si dedica con passione, a livello nazionale, alla diffusione della Cultura della Legalità all’interno delle scuole. LIBRI: - Nel 2012 ha pubblicato «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta» (Falco Ed., Cosenza); - nel 2013 «Il Veleno del Molise. Trent’anni di omertà sui rifiuti tossici» (Falco Ed., Cosenza, vincitore del Premio Nazionale di Giornalismo ‘Ilaria Rambaldi’ 2014); - nel 2014 «Testimoni di Giustizia. Uomini e donne che hanno sfidato le mafie» (Perrone Ed., Roma); - nel 2018 «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la schifosa 'ndrangheta» (nuova versione aggiornata, Treditre Ed.); - nel 2019 «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano» (Romanzi Italiani, finalista del Premio Internazionale “Michelangelo Buonarrori”, 2019). Dal romanzo «Io ho denunciato», nel settembre del 2019, è stato tratto un corto e un medio-metraggio (CinemaSet, vincitore Premio Legalità, Fiumicino 2019). È autore del soggetto e della sceneggiatura del corto e del medio-metraggio «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano», 2019 (Premio Starlight international Cinema Award, 77^ Mostra del Cinema di Venezia, settembre 2020). - nel 2022 «UNA FIMMINA CALABRESE» (Bonfirraro Editore). - nel 2023 «UNA VITA CONTRO LA CAMORRA» (Bonfirraro Editore). - Ha collaborato con CANAL+ per la realizzazione del documentario Mafia: la trahison des femmes, Speciàl Investigation (MagnetoPresse). Il documentario è andato in onda in Francia nel gennaio del 2014. Premio "Giorgio Mazzanti", San Salvo, 31 luglio 2025. Premio giornalistico letterario "Piersanti Mattarella", Roma, 30 novembre 2024. Premio Adriatico, «Un mare che unisce», Giornalista molisano dell’anno, Guardiagrele (Chieti), dicembre 2019. Premio Valarioti-Impastato, Rosarno (RC), maggio 2022. Premio Carlo Alberto Dalla Chiesa, San Pietro Apostolo (Catanzaro), agosto 2022. FONDATORE e PRESIDENTE di Dioghenes APS - Associazione Antimafie e Antiusura (dioghenesaps.it) - Ideatore, nel 2022, del Premio nazionale Lea Garofalo (giunto alla IV edizione). - Ideatore, nel 2025, del Premio nazionale Letterario e Giornalistico Pier Paolo Pasolini - www.dioghenesaps.com -- paolodechiara.blog

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