Dopo l'arresto di Messina Denaro: «Faccia i nomi delle coperture politiche ed istituzionali che hanno garantito la sua latitanza»

L'INTERVISTA/Seconda ed ultima parte. Parla la figlia di Beppe Alfano (giornalista di Barcellona Pozzo di Gotto ammazzato da Cosa nostra l'8 gennaio del 1993), già europarlamentare e presidente della Commissione speciale antimafia: «Questo Paese dovrebbe processare sé stesso. Grazie a queste connivenze è morto mio padre e sono morti giornalisti, poliziotti, carabinieri, magistrati. Se non siamo pronti a questo evitiamo di batterci il petto e di piangere le vittime di mafia. Non possiamo continuare a stare con due piedi in cento scarpe.»

Dopo l'arresto di Messina Denaro: «Faccia i nomi delle coperture politiche ed istituzionali che hanno garantito la sua latitanza»
Sonia Alfano/facebook

Leggi la PRIMA PARTE dell'intervista:

- Matteo Messina Denaro, parla Sonia Alfano: «La politica si occupi seriamente di lotta alla mafia»

 

Ieri abbiamo pubblicato la prima parte dell’intervista di Sonia Alfano. La figlia del giornalista Beppe, ucciso dai mafiosi di Cosa nostra nel 1993 (anno dell’arresto di Totò Riina) e, come sempre, non si è tirata indietro.

 

Leggi anche: Sonia Alfano: «Mio padre Beppe non è inferiore alle altre vittime di mafia»

 

Il suo punto di vista non ha semplicemente fotografato l’arresto di Matteo Messina Denaro (dopo 30 anni di agiata e ovattata latitanza). La sua analisi approfondita non ha tralasciato altri episodi, legati anche alla sua esperienza politica ed istituzionale (europarlamentare e presidente della Commissione speciale antimafia), come il “trattamento speciale” riservato a Bernardo Provenzano (arrestato nel 2006, dopo il mancato arresto del 1995).

“Ho sempre sostenuto – ha denunciato Sonia Alfano - che quelle azioni siano state fatte nei confronti di Provenzano per non farlo parlare, perché lui era molto vicino…” a collaborare con lo Stato. Ovviamente non quello deviato che, da sempre, agisce nell’ombra per evitare spiacevoli situazioni (per le mafie).

Leggi anche: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

      

Ma in questo Paese tutto scorre, tutto passa. E nulla cambia. Calati juncu ca passa la china. Da Portella della Ginestra (1° maggio del 1947) in poi, senza dimenticare le responsabilità politiche ed istituzionali, le cosiddette “menti raffinatissime”. Lo Stato deviato non può processare sé stesso. Ma è necessario continuare a resistere. E Sonia Alfano, insieme a tanti altri, dimostra la sua combattività. Hanno ucciso suo padre. E, come in tante altre storie maledette, attende Verità e Giustizia. Da troppi anni. Qualcuno dice che servirebbe un “pentito” di Stato.

Per adesso restiamo in attesa della decisione del vecchio e decrepito (ex boss) Matteo Messina Denaro.

Si “pentirà”? Farà la fine di Provenzano (massacrato nella sua cella)?

Il suo arresto è stato utilizzato come moneta di scambio?

Esiste ancora una trattativa tra Stato e mafie? (Finalmente è stato abolito l’odioso termine “presunta”).  

Chi, ancora oggi, in Parlamento e nelle istituzioni pubbliche rappresenta gli interessi delle mafie? Chi gestisce il vero “potere” in questo Paese orribilmente sporco?

Cosa hanno nascosto e cosa continuano a nasconderci?

Sono più pericolosi i mafiosi (anche ad alto livello) o determinati personaggi (inseriti ad altissimo livello)?

In questo Paese, immerso da secoli nei meccanismi mafiosi (il nodo è sempre stato politico), con segreti di mafia e di Stato annessi, sono lecite queste domande?  

 

Leggi la PRIMA PARTE dell'intervista:

- Matteo Messina Denaro, parla Sonia Alfano: «La politica si occupi seriamente di lotta alla mafia»

 

Riprendiamo l’intervista di Sonia Alfano. E lo facciamo con la risposta che abbiamo lasciato in sospeso.

È possibile immaginare una collaborazione da parte di Matteo Messina Denaro?

«Ovviamente lo spero. Se togliamo tutti questi dubbi e viene presentato uno spaccato credibile lo vorrei veramente, con tutto il cuore. Sono stata commissario straordinario nel territorio di Castelvetrano (luogo di origine della bestia immonda e sanguinaria Messina Denaro, nda), amministravo un ATO (ambito territoriale ottimale, ndr) che raggruppava undici comuni. Ed erano proprio quei comuni lì: Castelvetrano, Campobello, eccetera. Ho avuto a che fare con quel territorio. E se a quel territorio ci unisci la parola “rifiuti” hai uno spaccato pericoloso. La mafia ai massimi livelli nell’ambito delle sue migliori performance. E non era un mistero. Sa quante volte ho sentito dire che lui andava in vacanza a Marinella di Selinunte, che si andava a prendere il caffè o l’aperitivo al pomeriggio. È stato veramente, ed è tuttora, imbarazzante. Quando senti dire queste cose e percepisci lo sfottò. Oggi si è stato catturato. Bene.»

 

Ma la sua collaborazione?

«Può avvenire solo ed esclusivamente in un senso. Faccia i nomi delle coperture politiche ed istituzionali che hanno garantito la sua latitanza.»

 

Questo Paese è pronto?

«Questo Paese dovrebbe processare sé stesso. Grazie a queste connivenze è morto mio padre e sono morti giornalisti, poliziotti, carabinieri, magistrati. Se non siamo pronti a questo evitiamo di batterci il petto e di piangere le vittime di mafia. Non possiamo continuare a stare con due piedi in cento scarpe.»

 

Senza nulla togliere al lavoro straordinario della magistratura, delle forze dell’ordine, dei carabinieri, del Ros (indipendentemente dal loro ruolo, poco chiaro, svolto in diverse occasioni) ci troviamo sempre di fronte a queste secolari trattative, ai misteri (poco misteriosi), alle mancate perquisizioni, ai mancati arresti, alle casseforti svuotate, alle mancate individuazioni di mandanti, alle agende rubate, all’impiego di personaggi legati allo Stato deviato (compresi i servizi segreti). In tutto questo contesto è possibile immaginare la consegna dell’ex boss latitante (come già avvenuto, ad esempio, con Riina e Provenzano)? Possiamo immaginare una cattura ad orologeria? Possiamo escludere tutto questo? O dobbiamo fermarci davanti all’ufficialità che cerca sempre di prendere il sopravvento?

«No, non ci possiamo fermare all'ufficialità. E proprio perché in passato ci sono state tante ombre sui precedenti arresti di questo calibro, oggi, abbiamo tutti il dovere di fare in modo che possa essere affermato, senza ombra di dubbio, che non c'è stata nessuna consegna, nessuna trattativa. Questo ritengo sia, come minimo, dovuto a tutte le vittime di mafia. Sono contentissima, anche se non si può parlare in felicità. Non posso essere felice del fatto che ci hanno messo trent'anni per prenderlo. Sono sicuramente compiaciuta. Un grande risultato. Però non è finita qui. Pretendo che quelle ombre vengano assolutamente spazzate via, che vengano affrontate. Bisogna fornire delle spiegazioni logiche, quello che non è stato fatto in passato.»

 

Come per l’arresto di Provenzano?

«Nel 2006 fui una delle prime ad avanzare perplessità sulla sua cattura. E fui isolata, come tutte le persone che avevano osato manifestare delle perplessità. E cosa è stato risolto? Nulla. Quelle ombre c'erano e ci sono ancora oggi. Non si facciano gli errori del passato.»

 

Lei, oggi, nutre le stesse perplessità?

«Francamente mi auguro sia una situazione diversa. Voglio augurarmi che sia una situazione diversa, per il semplice fatto che conosco i vertici dell'Arma. Non lo prendo nemmeno in considerazione che persone come Luzi, Angelosanto e i loro uomini, che conosco, possano essere state delle pedine. E se ciò è accaduto è gravissimo e uscirà fuori. Però oggi mi rifiuto di pensarlo, non lo posso pensare, perché altrimenti sa che succede?»

 

Cosa succede?

«Succede che le parole del Capo dello Stato pronunciate l'otto gennaio per mio padre rischiano di essere parole vuote. E si rischia di rafforzare quella mafia emergente. E vorrei che Mori (già ai vertici del Ros e autore dell’affermazione: “la mafia è stata sconfitta”, nda) venisse a Palermo per rendersi conto che la mafia ha cambiato pelle, ha cambiato modalità di azione, ha cambiato tutto. Gioca in borsa, lavora con le multinazionali. E c'è una mafia a livello più basso che è quello della manovalanza. Molto più ferrata di prima, molto più pericolosa di prima.»

 

Leggi la PRIMA PARTE dell'intervista:

- Matteo Messina Denaro, parla Sonia Alfano: «La politica si occupi seriamente di lotta alla mafia»

 

Matteo Messina Denaro è stato sostituito da un altro personaggio?

«Forse anche più di uno. Ma che cosa è stato smantellato? Traffici internazionali di droga non ce ne sono più? Il pizzo non lo paga più nessuno? La mafia non esiste più negli appalti? La mafia è più forte di prima, è più evoluta.»

 

Il vecchio boss malato aveva già perso il suo ruolo di Capo di Cosa nostra?

«Assolutamente. Una cosa è chiara: non ha mai tradito sé stesso. È sempre stato descritto, tra gli addetti ai lavori, come uno fighetto, femminaro, che ci teneva ad apparire sempre. Fra i tre (Riina e Provenzano, nda) era considerato, tra virgolette, quello meno serio. Proprio per queste sue velleità. Cosa che, invece, i mafiosi di vecchio stampo, come Riina e Provenzano, non avevano. È stato preso ma non lo considero a quei livelli.»

 

Non era più il Capo di Cosa nostra?

«È un elemento di spicco ma, sicuramente, non è l'unico di spicco.»

 

Restano le connivenze politiche ed istituzionali.

«La politica deve dare delle risposte serie, altrimenti non osi più commemorare una vittima di mafia. Le vittime di mafia vanno commemorate e vanno rispettate. La politica e le istituzioni hanno l’obbligo e il dovere di fare chiarezza e di pretendere di andare fino in fondo, qualsiasi verità possa uscire fuori. E devono fare in modo che Matteo Messina Denaro si penta e parli. Si faccia di tutto per farlo collaborare, le sue dichiarazioni potrebbero veramente far cadere quella rete di connivenze che, negli ultimi trent'anni, non hanno garantito solo la sua latitanza. C'è stata anche la latitanza dorata di Bernardo Provenzano, di Santapaola che è costata la morte a mio padre. Noi vogliamo quei nomi, pretendo che chi ha garantito la latitanza di Santapaola paghi. Sono passati trent'anni. Non possiamo fare in modo che accada anche per Matteo Messina Denaro. Non si perde solo la battaglia contro la mafia, si perde una battaglia di credibilità nei confronti delle nuove generazioni di questo Paese.»

 

 

DOMANI (giovedì 19 gennaio 2023) l’intervista di Luciano Traina: «L’arresto di Matteo Messina Denaro è una sceneggiata»

 

VIDEO ALL’INTERNO. Leggi anche: 

La «profezia» su Matteo Messina Denaro: «Tutto previsto»

 

LEGGI ANCHE:

PRIMA PARTE dell'intervista:

- Matteo Messina Denaro, parla Sonia Alfano: «La politica si occupi seriamente di lotta alla mafia»

 

Sonia Alfano: «Mio padre Beppe non è inferiore alle altre vittime di mafia»

Un giornalista coraggioso

Ma era ancora il Capo di Cosa nostra?

- La «profezia» su Matteo Messina Denaro: «Tutto previsto»

 

- Il pentito: «Matteo Messina Denaro è un pezzo di merda. Voglio parlare con Di Matteo»

 

C'è un patto tra Stato e mafia? Per l'On. Aiello: «Non si vogliono guastare gli equilibri»

Cimarosa: «I figli non possono pagare gli errori dei padri»

«Le persone sono più coraggiose a Castelvetrano»

«Abbiamo bisogno della vera Antimafia, non quella da passerella»

 

Ci restano le monete

La sagra dell'ipocrisia

 

- A cosa serve commemorare?

30 anni dopo: la benedizione sui candidati dei condannati per mafia

Un Paese al contrario

 

L'INTERVISTA a Salvatore Borsellino

PRIMA PARTE. «Borsellino: «gli assassini di mio fratello sono dentro lo Stato»

SECONDA PARTE. «Chi ha ucciso Paolo Borsellino è chi ha prelevato l’Agenda Rossa»

TERZA PARTE. Borsellino «L'Agenda Rossa è stata nascosta. E' diventata arma di ricatto» 

 

L'INTERVISTA al colonnello dei carabinieri Michele RICCIO

Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»