Venti minuti dal Termina a Scuola, i ragazzi sfidano il freddo pur di non salire sulle navette!

Venti minuti dal Terminal a Scuola. La conoscete la leggenda dei “Diritti e Doveri”?

Credevo, sbagliando, che in Italia si potesse essere sempre PRO-attivi e migliorarsi ogni volta che c’era un momento difficile, invece il mondo trova sempre i modi più disparati per creare caos e mandare tutte all’aria!

Quando il 10 marzo ci chiusero in casa per ovvi motivi, eravamo tutti straniti: non sapevamo cosa stesse succedendo davvero (nemmeno oggi per la verità), ma ci fidavamo di un Governo centrale che si era trovato in una situazione davvero imprevedibile e, soprattutto, non prevedibile.

Da quel giorno sono passate settimane, mesi e tanto si è fatto, tanto si è programmato, tanto si è cercato di fare e… abbiamo superato anche una crisi di governo nel frattempo.

Si è gridato, dopo qualche mese, per cercare di far fare delle “cose” al Governo e, a cascata, alle Regioni. Diciamo la verità, chi più chi meno, anche i governatori delle varie regioni si sono dati da fare nel pensare al da farsi per non far morire gente, non far morire imprese, non fare danni insomma.

Chi ha subito i maggiori danni psicologici, però, sono stati i ragazzi. Hanno dovuto smettere di andare a scuola, di vedere amici, compagni, fidanzatini, professori perché “non era sicuro”. Si è pensato tanto a loro e al loro futuro: devono tornare a scuola altrimenti saranno la generazione più penalizzata della storia dell’umanità… dicevano.

Questo assioma ha portato il governo a pensarle tutte: didattica a distanza, banchi con le rotelle, ritorno a scuola con la mascherina, finestre sempre aperte (se non ti ammali di covid ti ammali di bronchite), sanificazione ambienti, lavarsi le mani, distanziamento sociale, gel, merende da posto (se te la dimentichi, nessuno può condividerla con te!), i bambini sotto i 6 anni “tutt appost” senza mascherina… insomma, le hanno pensate tante e ancora ne pensano.

Il vero problema è che (secondo me) non sanno nemmeno loro cosa fare!

Sono combattuti tra la salute e l’educazione dei ragazzi. Una parte vuole fortemente che l’istruzione sia la prima cosa, un’altra parte, invece, pensa alla salute, non solo dei ragazzi in aula, ma anche dei fratelli, sorelle, genitori, nonni, zii, che stanno a casa e che potrebbero avere conseguenze da un’eventuale contagio a scuola.

E allora che fare?

Eh, un bel dilemma. Scuole chiuse per tutto il periodo di Natale, riapertura gennaio (chi prima chi dopo). Naturalmente le polemiche sono scoppiate immediatamente perché si pensato ad un “dovere”, quello di “dover riaprire la scuola” e non al “diritto” di far stare gli alunni al sicuro, non tanto a scuola, i presidi, dirigenti, professori, maestri, collaboratori scolastici sanno bene cosa fare. Il vero problema sono i trasporti.

Ma come i trasporti? Non avevano detto che ci sarebbero state corse in più, navette in più, che i pullman provenienti dai paesi vicini potevano entrare e lasciare gli alunni davanti alle scuole per evitare assemblamenti al terminal e, quindi, sulle navette?

Sì, dovrebbe essere così, sarebbe dovuto essere così… insomma trovate vuoi il verbo, congiuntivo condizionale, fatto sta (PRESENTE) che non è così!

E allora in questa settimana ci sono stati studenti (inascoltati) che hanno espresso il loro disappunto e chiesto un TAVOLO di confronto, altri che non sono andati a scuola in massa lasciando le classi vuote SPERANDO INVANI che il dirigente di turno ripristinasse la DAD, altri ancora hanno deciso di difendersi a loro modo: facendosi 20 minuti a piedi all’andata e 20 minuti a piedi a ritorno pur di NON prendere la navetta. Già, avete capito bene, 20 minuti dal terminal alla loro scuola pur di tutelare la loro salute e quella dei loro cari a casa. Non è che uno si sveglia la mattina e decide di prendersi pioggia, neve, ghiaccio perché è sadico. Lo fa solo per PAURA, paura di stare a contatto con persone sconosciute di cui non sa nulla, di cui non conosce la moralità e, di conseguenza, non sa se si siano comportate bene o male per evitare il contagio, non sanno se possono fidarsi di respirare la stessa aria, di toccare lo stesso pomello, di stare a contatto.

Vogliamo dare colpa a questi ragazzi di avere questi timori?

Da un lato possono essere infondati perché se tutti ci comportassimo bene rispettando le regole, allora potremmo davvero stare tranquilli, ma che ne sappiamo se un compagno no ha fatto festa la sera prima, oppure sia stato “inconsciamente” a contatto con qualcuno e si sia infettato?

Lo so, non ne usciremo mai pensandola in questa maniera, ma la domanda viene spontanea: ma in 11 mesi non si poteva mettere nero su bianco un piano TRASPORTI per gli studenti che li proteggessero a prescindere da tutto e da tutti?

Undici mesi, vabbé facciamo 7, ma anche 5… non sono un burocrate, non so quanto tempo ci possa volere per fare un accordo che società di noleggio piuttosto che società di pullman per prevedere più corse REALI e far stare tranquilli anche i genitori. Lungi da me pensare che non abbiano lavorato in questi “x” mesi, ma il dubbio che si sia dato la priorità all’APERTURA A TUTTI I COSTI DELLA SCUOLA senza pensare al “come” mi attanaglia la mente, non riesco a non pensare che se solo dovesse accendersi un focolaio in una scuola, la situazione potrebbe davvero degenerare.

Credo di aver espresso un po’ troppi dubbi, allora vi lascio ai 3 minuti del video, naturalmente è velocizzato, per capire quanta strada queste due studentesse si sono fatte, quanti attraversamenti pedonali ci sono prima di arrivare a scuola, quante “salite” che hanno affrontato con il “bel tempo”, ma se ci fosse stata la neve lo avrebbero fatto lo stesso.

Non so se questo video e questo articolo sortiranno l’effetto sperato, ma credo che qualche coscienza (forse) la potrebbero aprire e, sempre forse, qualcosa la si potrebbe fare nel giro di qualche giorno.

Ah, il virus non è che se ne va in ferie e ci dà giorni in più per “modificare” le cose… 

 

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