APPALTI: il massimo ribasso un regalo alle mafie. Vi racconto come si vincevano gli appalti in Autostrada 

LA TESTIMONIANZA. Una gara viene pilotata con la complicità di funzionari collusi e di una rete di corrotti che trova spazio tra le aziende pubbliche e partecipare. Un appalto truccato viene studiato a tavolino dalla progettazione al bando di gara per poi terminare nell'aggiudicazione dello stesso.

APPALTI: il massimo ribasso un regalo alle mafie. Vi racconto come si vincevano gli appalti in Autostrada 
Foto di joffi da Pixabay

Ho visto e denunciato come gli appalti pubblici possano essere modificati a favore di un già individuato vincitore. Di come il metodo del massimo ribasso esclude le aziende oneste, per finire ai materiali scarsi utilizzati e la mano d'opera non qualificata e all'assenza totale delle norme sulla sicurezza.

Partiamo nel dire che una gara viene pilotata con la complicità di funzionari collusi e di una rete di corrotti che trova spazio tra le aziende pubbliche e partecipare. Un appalto truccato viene studiato a tavolino dalla progettazione al bando di gara per poi terminare nell'aggiudicazione dello stesso.

Non importa se il ribasso è del 50%, l'importante è vincere per poi recuperare grazie all'infedeltà di tecnici corrotti e funzionari che oltre ad essere distratti prendono le mazzette.
Quando poi a gestire i lavori è la camorra allora non importa il ribasso o lo stesso lavoro, l'importante è ripulire il denaro provente da affari criminali come droga ed estorsione.

Allora cosa c'è di meglio di ricevere su un conto corrente un bel bonifico milionario da parte di un ente pubblico o di una partecipata?

Quel bonifico che in poco tempo viene ripulito dal conto corrente per depositarlo immacolato nelle casse della camorra. Ma alla camorra non piace perdere e quindi bisogna risparmiare sul lavoro, in primis la mano d'opera viene attinta dalla strada, senza alcuna specializzazione. Le norme di sicurezza sul lavoro sono pari a zero e i materiali usati sono senza alcuna certificazione e scadenti.

Il gioco della ditta gestita dalla camorra è sempre lo stesso: dopo aver accumulato debiti con lo Stato per mancanti versamenti iva e contributivi, ecco che avviene il finale.
La ditta con il suo prestanome fallisce, un fallimento sempre vuoto, cosi si dice in gergo, dove i creditori compreso lo Stato non troveranno alcuna capienza economica o beni immobili da poter sequestrare. In gergo lo chiamato a "botta" a fatta a "botta", ed è cosi che quella ditta scompare con un RG del tribunale che gestirà il fallimento e del curatore nominato che a volte per paura o minacce stenta ad eseguire il proprio compito.

Ed allora troveremo in queste storie una sede, sempre la stessa in una città sul mare, Castellammare di Stabia. Troveremo un gruppo familiare: i Vuolo, già pregiudicati per reati in materia di fallimento e reati di camorra. Troveremo la VM Rag fallita, la C.M. Carpenteria Metallica sas intedetta, la Carpenter Roma srl fallita e altre due aziende: la PTAM corruzioni e la APF travi elettrosaldate, le ultime due in liquidazione.

Ma quali erano le aziende che affidavano gli appalti ai Vuolo? Dal Comune di Castellammare di Stabia, alla Sam società autostrade meridionali, all'Anas, ad Atlantia autostrade per l'Italia, l'Impregilo Spa e anche altre consociate del gruppo ASPI.
Solo la denuncia e i procedimenti penali instaurati presso le Procure di mezza Italia e le condanne hanno potuto bloccare i Vuolo dall'eseguire opere pubbliche, realizzate in modo pericoloso e poi crollate.

Oggi, a distanza di 10 anni dalla mia prima denuncia, vi è ancora un processo pendente al Tribunale di Roma che vede imputati funzionari di Autostrada per l'Italia e Pavimental, tecnici e i Vuolo, tra cui spicca Pasquale Capastorta già condannato per mafia e boss del clan di camorra D'Alessandro, ma l'affare dei Vuolo è un affare familiare e quindi ci sono i figli, le mogli dei figli e le nuore tutti coinvolti in un businesses che per anni ha prodotto milioni di euro e che ha messo a rischio l'incolumità di chi viaggiava in autostrada sicuro che le opere fossero state eseguite a regola d'arte e che i controlli avessero dato esito positivo.

Poi c'è il ponte Morandi, quello crollato, quello che a visto morire persone innocenti, quello che se qualcuno avesse letto le carte ed ascoltato le intercettazioni della Dia di Firenze e della polizia giudiziaria presso la procura di Roma allora, forse, quel ponte non sarebbe crollato.

Viva L'Italia. Quella dove per una mezza verità bisogna saper attendere cinquant'anni.

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