Funerali del mafioso Curcio. Per Gennaro Ciliberto: «Un segnale di potenza»

L'INTERVISTA. Abbiamo raccolto il punto di vista del testimone di giustizia che ha denunciato la camorra: «Io non ho potuto fare i funerali ai miei genitori, da persona perbene e incensurata. A me non sono stati permessi per una questione di sicurezza. Come devo sentirmi a vedere le scene di questo funerale che sembrava una festa? Ne ho visti anche altri che poi sono stati oggetto di indagini e di arresti. Mancava solo l'elicottero con i petali.»

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Il volto coperto del testimone di giustizia

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«Un chiaro segnale di complicità nei riguardi di chi, per anni, ha alimentato la ‘ndrangheta, rendendo quella terra invivibile e difficile da “ripulire”. Se le istituzioni, in questo caso l'amministrazione comunale, “omaggiano” una persona che si è macchiata di un reato così atroce, perlopiù condannata all'ergastolo, allora è un chiaro segnale di complicità».

Comincia così la nostra conversazione con il testimone di giustizia Gennaro Ciliberto (ha denunciato la camorra imprenditrice, i legami tra le mafie e gli apparati istituzionali e non si è mai tirato indietro davanti alle battaglie legate alla legalità). Ciliberto è anche il Presidente onorario di Dioghenes APS - Associazione Antimafie e Antiusura e fa parte, sin dalla prima edizione, della giuria del Premio Nazionale Lea Garofalo.

Proprio nella passata edizione è stato presente a Petilia Policastro per le giornate dedicate alla fimmina calabrese che sfidò la 'ndragheta.

Lea Garofalo, una testimone di giustizia, massacrata a Milano e poi bruciata in un bidone a San Fruttuoso (un quartiere di Monza) nel novembre del 2009, è stata uccisa per la seconda volta. Per la scelta ("lo facciamo per tutti") di un'amministrazione comunale (dove lei è nata e vissuta) di ricordare l'assassino della donna (precisamente colui che distrusse il corpo) con un manifesto funebre, per un "festoso" funerale, per il silenzio istituzionale e per la partecipazione al funerale del killer di un rappresentante delle istituzioni locali. 

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Rosario Curcio muore (forse suicida) per impiccaggione il 29 giugno 2023. Il giorno 11 luglio scorso - dopo la cazzata dei manifesti funebri - viene celebrata la salma con un festoso e vergognoso funerale. Alla cerimonia funebre è stata pizzicata e immortalata in un video una assessora dell'amministrazione Saporito (Comune di Petilia Policastro). Solo da poche ore la componente della giunta (a scoppio ritardato) ha rassegnato le dimissioni. 

Sta girando la voce che qualcuno, probabilmente, organizzaerà una manifestazione per appoggiare l'assessora dimissionaria. Noi, se confermata, seguiremo con interesse anche quest'altra manifestazione, sempre per noi, insensata.

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Per ora ci dedichiamo all'intervista rilasciata dal testimone di giustizia Gennaro Ciliberto (nella foto in basso, con il volto coperto).  

 

Durante il “festoso” funerale la salma di questo ergastolano assassino è stata accolta da palloncini, fiori, manifestazioni di giubilo, striscioni, manifesti. È normale realizzare, in una terra dove si sente il puzzo della ‘ndrangheta, un funerale in quel modo? Ci sono anche altre responsabilità istituzionali?

«Chi doveva vigilare, come la norma prevede in questi casi, quindi la questura, il prefetto o il comando provinciale dei carabinieri, sicuramente, non ha applicato le disposizioni che spesso si usano nei riguardi di questi soggetti. Questo non è un omicidio passionale ma è un omicidio di ‘ndrangheta. Stiamo parlando di soggetti del territorio già condannati. In quella terra questo funerale ha un significato di sfida. Un messaggio per dire: “noi possiamo fare quello che vogliamo, qui comandiamo e quindi noi, qui, omaggiamo i nostri simili. Noi qui facciamo quello che possiamo fare ovunque, in tutto il resto dell’Italia”.»

 

E le Istituzioni?

«Lo Stato, anno dopo anno, sta perdendo terreno nei confronti di questi soggetti che, se in passato mantenevano un profilo basso, adesso sono diventati spavaldi anche in queste manifestazioni, che siano funerali, matrimoni, e altri tipi di cerimonie. Ma anche sui social. Tanto è vero che gli stessi video del funerale, poi, sono stati divulgati.»

 

- E se Curcio (ergastolano 'ndranghetista) non si fosse suicidato?

 

Ma se l'ergastolano, il massacratore di Lea Garofalo, non si fosse suicidato che significato assumerebbe quel “festoso” funerale?

«Anche se una persona non viene uccisa materialmente ci possono essere un sacco di pressioni, un sacco di situazioni che inducono, istigano la persona al suicidio. Bisogna comprendere e capire nell’ultimo periodo, e spero che la magistratura abbia avviato un'indagine, il soggetto come viveva la sua detenzione. E su questo il DAP, sicuramente, deve fare una relazione. Con chi ha avuto contatti? Alla stessa famiglia del soggetto sono arrivate delle minacce, dei messaggi? Proprio questo funerale così sfarzoso, così appariscente può essere anche preso come un ringraziamento per quello che ha fatto.»

 

In che senso?

«Adesso per molti di loro il pensiero è che questa faccenda si sia chiusa. Morto uno degli autori del delitto tutto si chiude e, adesso, le altre “bestie” (non intendo come animali, che sono molto più signori di queste “bestie”) cavalcheranno l'onda. Quasi come se si fosse voluto dare all'opinione pubblica, quella poca onesta opinione pubblica, il cosiddetto pesciolino in pasto ai pescecani. Ma la cosa gravissima che questo funerale ha fatto evidenziare è la complicità, diciamo l'assenso. Come si può?»

 

Cosa?

«L'ho vissuto sulla mia pelle, neanche un anno fa (precisamente dal 21 al 24 novembre 2009, nda). Come si può partecipare ad un Premio Nazionale, esprimere la massima solidarietà per i testimoni di giustizia e per le vittime di mafia, dire “no” a questa schifosa ‘ndrangheta e poi omaggiare certi soggetti. Un uomo delle istituzioni non può e non deve, in nessun modo, essere complice. Né fisicamente né a livello istituzionale con i manifesti, né a livello di messaggi. Un uomo delle istituzioni deve sempre poter dimostrare che la ‘ndrangheta è una montagna di merda. Deve prendere posizioni nette, non ambigue. E dire che sul territorio dove lui fa il sindaco e dove ci sono i suoi amministratori, la sua giunta, sono tutti quanti contro la ‘ndrangheta, e quindi contro le famiglie di ‘ndranghetisti. Non ci dimentichiamo che la ‘ndrangheta è formata da famiglie di ‘ndranghetisti che, a loro volta, sono formati da soggetti ‘ndranghetisti. Vivono sul territorio e imprimono la loro forza sul territorio. Mi viene anche da pensare, a questo punto, che libertà ha un sindaco di prendere decisioni sul proprio territorio?»

 

Un dubbio atroce.

«Che libertà ha a livello amministrativo, a livello di decisioni politiche? Questo sindaco è libero di fare le sue scelte o ha paura?»

 

A proposito di giunta comunale, l’assessora di Petilia Policastro che ha partecipato fisicamente al funerale si è dimessa nelle scorse ore. Ci troviamo di fronte a quel “pesciolino che viene dato in pasto ai pescecani”?

«Sono state dimissioni di opportunità. Le conosciamo bene le logiche politiche.»

 

Cosa potrebbe accadere?

«Si aspetterà che passerà questo clamore mediatico, questa bufera. Spero che ci sia un'indagine in corso, che possa portare, quantomeno, ad ascoltare gli attori principali di questa schifosa vicenda. Penso che l'assessora sia uscita dalla porta per rientrare dalla finestra. L'importante è salvaguardare, diciamo, il sindaco. E anche in questo caso ci sta questa mancanza di presa di coscienza di un sindaco che non molla la poltrona, resta lì. Parla di situazioni, di prassi. Ma quali prassi? Il sindaco di questo piccolo paese, come tutti gli altri amministratori comunali, vivono il paese, sanno tutto quello che succede e, quindi, è inutile che ci venga a raccontare che lui non sapeva, che è prassi.»

 

Cosa doveva fare?

«Il sindaco, saputa la data del funerale, doveva immediatamente vietare tutti i tipi di esternazioni. Doveva anche prendere una posizione in merito a questo funerale e condannare, senza se e senza ma, questa pagliacciata plateale. Un segno, una dimostrazione di forza della ‘ndrangheta.»

 

È stato un cattivo esempio?

«Come arrivano i buoni esempi arrivano anche i cattivi esempi. E in questo momento lui è uno dei peggiori esempi che a Petilia Policastro si potevano avere. Anzi, io non ho potuto fare i funerali ai miei genitori, da persona perbene e incensurata. A me non sono stati permessi per una questione di sicurezza. Come devo sentirmi a vedere le scene di questo funerale che sembrava una festa? Ne ho visti anche altri che poi sono stati oggetto di indagini e di arresti. Mancava solo l'elicottero con i petali, non ce l'hanno fatta a farlo arrivare. Il modus operandi, anche in questo funerale, è stato proprio di stile mafioso.»

 

Se Curcio non si fosse suicidato si potrebbe ipotizzare una faida su quel territorio?

«Punterei ancora di più il faro sulla visita di Cosco alla madre, sul ritorno di Cosco sul territorio e sulla presenza dei Cosco sul territorio. Loro non vogliono perdere terreno. Interessa ancora farsi vedere sul territorio, imporre la loro azione criminale. Sicuramente sul territorio ci sono dei loro referenti che riportano tutto. E per questo motivo lancio un appello al Prefetto e alla commissione parlamentare Antimafia...»

 

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Prego.

«Siamo sicuri che l'amministrazione a Petilia Policastro non subisca nessuna intimidazione da parte della ‘ndrangheta? Siamo certi?»

 

Perché sostiene questa teoria?

«Dopo l'ultimo evento mi sembra un atto obbligato da parte di un’amministrazione che non poteva fare diversamente. Il sindaco deve prendere le distanze: o si dimette, affidando il mandato ai cittadini, dicendo che l’errore è stato clamoroso, prendendo le distanze da tutti i tipi di ‘ndranghetisti che siano parenti di secondo grado, di terzo grado, congiunti.»

 

Oppure?

«Oppure a me viene il dubbio di un sindaco che non sia libero di decidere e di poter prendere determinate decisioni».

Tra poche ore pubblicheremo l'INTERROGAZIONE PARLAMENTARE rivolta al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell'Interno presentata dalla componente della commissione Antimafia, On. Stefania Ascari.

La storiaccia non finirà, certo, con un consiglio comunale. 

«Con quel messaggio di vicinanza le istituzioni hanno, in realtà, espresso un segnale di positività, di deresponsabilizzazione, di quasi normalizzazione verso chi ha le mani sporche di sangue e verso chi, appunto, ha ucciso». Queste le parole utilizzate dall'On. Ascari nell'intervista realizzata da WordNews.it lo scorso 20 luglio.

 

IL VIDEO DEL FUNERALE

 

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