OMICIDIO LEA GAROFALO, si è impiccato in carcere a Opera l'ergastolano Rosario Curcio

UNA FIMMINA CALABRESE. Ha fatto parte del gruppo criminale capeggiato da Carlo Cosco (condannato all'ergastolo), il compagno della Garofalo e padre di Denise. Anche lui proveniva da un ambiente criminale.

OMICIDIO LEA GAROFALO, si è impiccato in carcere a Opera l'ergastolano Rosario Curcio

Si è suicidato in carcere, nella tarda serata di mercoledì 28 giugno, Rosario Curcio (detto "patatino"), originario di Camellino, una frazione di Petilia Policastro in provincia di Crotone. Gli operatori hanno fatto il possibile per salvarlo. E' stato immediatamente trasportato presso una struttura ospedaliera. Dopo poche ore è morto in terapia intensiva. Era stato condannato, definitivamente, all'ergastolo (nel dicembre del 2014) per la morte e la distruzione del cadavere della fimmina calabrese Lea Garofalo, massacrata a Milano (e bruciata in un bidone in una struttura privata, un magazzino a "cielo aperto", nel quartiere di Monza, precisamente San Fruttuoso) nel novembre del 2009.

Ha fatto parte del gruppo criminale capeggiato da Carlo Cosco (condannato all'ergastolo), il compagno della Garofalo e padre di Denise. Anche lui proveniva da un ambiente criminale. Suo zio (il fratello del padre) è stato ritenuto responsabile della scomparsa di un certo Vona, di Petlia Policastro. Lo zio porta il suo stesso nome.

Con i Cosco ha partecipato alle attività criminali del gruppo 'ndranghetistico (spaccio di droga, usura, esorsioni, minacce, violenza e tanto altro). Non ha partecipato, nel maggio del 2009, alla trasferta molisana per il tentativo di sequestro di Lea Garofalo. Non si è tirato indietro ("è stato costretto", continua a sostenere il suo ex legale Salvatore Staiano) per i fatti del 24 novembre del 2009 a Milano. Nell'ex capitale morale d'Italia. Oggi capitale delle mafie.

E per la sua partecipazione all'omicidio della fimmina calabrese Lea Garofalo ha incassato un ergastolo in primo grado, confermato in Appello e poi dalla Cassazione. 

Lea Garofalo

«Alle 20.41 - scrive il GIP nell'Ordinanza di applicazione di misura cautelare personale - Cosco Carlo chiama Curcio Rosario, avviando una sequenza di contatti che porteranno all’incontro con Crivaro e che – secondo la ipotesi qui sostenuta – sono strettamente collegati alla eliminazione della Garofalo». E' proprio la sera del 24 novembre 2009. Si legge ancora nelle carte: «I tabulati di traffico documentavano non solo tale incontro, ma addirittura il passaggio di VENTURINO presso il magazzino la stessa notte, tra mezzanotte e l’una e la permanenza presso il magazzino di VENTURINO Carmine, COSCO Vito e CURCIO
Rosario
, il giorno successivo alla scomparsa, fin dalle prime luci dell’alba».

Una partecipazione cristallizzata dalle indagini degli inquirenti: «Il terzetto composto da VENTURINO Carmine, COSCO Vito e CURCIO Rosario, anziché partecipare alle ricerche (della sedicente scomparsa della donna, nda), risultava, fin dalle prime luci dell’alba, localizzato nella cella di Monza.»      

Rosario Curcio poteva evitare la sua partecipazione al delitto. Ci sono degli SMS che provano l'interessaqmento della sua ex compagna che lo invita a "ritirarsi", per non fare la stessa fine dei suoi amici criminali. Il Curcio non saprà gestire le questioni di cuore. Le sostituirà con il forte legame che si era creato con il gruppo di assassini. Il giovane non ascolterà le ragioni del cuore e si beccherà l'ergastolo. Secondo i magistrati sarà lui a bruciare, insieme ad altri, il corpo della donna.  

«Ultimamente - ha raccontato a WordNews una operatrice legata ad una associazione che opera all'interno della struttura carceraria di Opera - non partecipava ai nostri incontri. Ci siamo interessati ma non abbiamo capito il motivo. Tra i detenuti esistono delle regole, non comunicano gli stati d'animo o le preoccupazioni o le confidenze degli altri detenuti. Lavorava in cucina, non stava benissimo. Nella cella era da solo. Da qualche mese non lo vedavamo. Era depresso.»

Ma è così facile suicidarsi in cella? «Purtroppo sì. Se non c'è una sorvegliana speciale per il detenuto è molto facile.» 

Tra i soggetti in alto quattro sono stati condannati all'ergastolo, Carmine Venturino (l'ex findanzatino di Denise, la figlia di Lea Garofalo) - diventato collaboratore di giustizia - è stato condannato a 25 anni di reclusione e Giuseppe Cosco, detto Smith, è stato assolto in Appello. 

 

 

Rosario Curcio: ergastolo

 

La sua partecipazione nella fase ultima del progetto è provata dai tabulati telefonici, dalle dichiarazioni di Venturino (in sua compagnia si reca a Cormano per incontrare Crivaro) e da quelle di Floreale (la consegna delle chiavi del box e la restituzione di quelle dell’appartamento di piazza Prealpi).

Dagli altri imputati viene indicato come compartecipe all’attività delittuosa successiva all’omicidio. Curcio, addirittura avvisato dalla sua ragazza con un SMS (“Fai quello che vuoi, stacci ancora un po’ così ti arrestano a me lì dentro non puoi vedermi”), non riesce e non vuole cambiare il suo destino. È, ormai, troppo compromesso con la famiglia Cosco.

Si tira indietro, come Venturino, per Campobasso, ma a Milano viene risucchiato nel vortice infernale. Consapevolmente.

È lui che si attiva in diverse circostanze per avvantaggiare le azioni criminali, partecipa anche alla riunione preparatoria per decidere le modalità esecutive del progetto criminoso.

«È fin troppo palese che l’esclusione di Curcio – così come di qualunque altro concorrente – è funzionale alla tesi del “raptus”, proposta da Carlo Cosco in dibattimento. Quanto a Venturino, la sua versione è talmente illogica ed incoerente da apparire insostenibile. Non si comprende, invero, perché mai Curcio, dopo aver prestato il proprio consenso, a distanza di pochi minuti avrebbe cambiato idea, cercando addirittura di indurre lo stesso Venturino a desistere».

            Il giudizio di colpevolezza della prima Corte viene confermato.

BRANO TRATTO da UNA FIMMINA CALABRESE, così Lea Garofalo sfidò la 'ndrangheta (Bonfirraro editore, novembre 2022)

 

 

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OMICIDIO LEA GAROFALO. Il suo assassino è ritornato per quattro ore in paese, a Pagliarelle (Crotone). Ufficialmente per fare visita a sua madre "moribonda". La donna, Piera Bongera, solo qualche giorno prima è stata vista arzilla e serena in un supermercato. Cosa hanno in mente questi criminali? Perchè sul territorio è rientrato anche il cugino Vito Cosco, implicato nella strage di Rozzano? Per l'avvocato Guarnera: «Hanno preparato l'ambiente per dare un segnale allo stesso ambiente».

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