OMICIDIO LEA GAROFALO: i «festosi» funerali per l'ergastolano Curcio

IL SALUTO ETERNO ALL'UOMO DEL CLAN COSCO. Scoppia la polemica per i manifesti del Comune, il sindaco Saporito, dopo l'affissione, ammette: «Non è stato opportuno».

OMICIDIO LEA GAROFALO: i «festosi» funerali per l'ergastolano Curcio
Rosario Curcio, il suicida 'ndranghetista, ergastolano, accolto come il

Si sono svolti martedì scorso i funerali dell’ergastolano Rosario Curcio, uno dei responsabili del massacro di Lea Garofalo (la fimmina calabrese uccisa a Milano e bruciata in un bidone a San Fruttuoso, un quartiere di Monza, nel 2009).

Dopo la nostra esclusiva, il suicidio in carcere di Rosario Curcio, e la nostra intervista all’ex legale dell’ergastolano, l’avvocato Staiano (molto gentile a chiuderci il telefono in faccia) abbiamo registrato il “festoso” funerale organizzato al suicida ‘ndranghetista, responsabile della distruzione del corpo (per tre lunghi giorni) della testimone di giustizia calabrese.

Il “ritorno del figliuol prodigo” (avevamo già denunciato il ritorno dell’altro ergastolano, ancora in vita, Carlo Cosco, la bestia mafiosa con annesse minacce mafiose) è stato contraddistinto dai fiori lanciati dal balcone, dai palloncini, dagli striscioni, dai manifestazioni di solidarietà, dai manifesti mortuari di vicinanza, e dai commenti sdolcinati sui social.

Ci mancava soltanto la Banda Musicale per accompagnare il feretro con una marcia trionfale.

In tutta questa orgia sentimentale, riservata ad un delinquente, non è mancata la forte polemica che si sta diffondendo e che sta colpendo il sindaco di Petilia Policastro e l’intera amministrazione per la diffusione del manifesto dove si esprime vicina alla famiglia del mafioso. «I morti sono tutti uguali» ha spiegato il primo cittadino, l’avvocato Simone Saporito. Nessuno mette in dubbio questo dato oggettivo.

Ma è stato opportuno accostare l’amministrazione comunale al funerale di un soggetto condannato definitivamente all’ergastolo, legato alla ‘ndrangheta?

Per Francesco Rizza, un collega del posto: «Potrebbe essere un automatismo che però non giustifica la gravità del gesto in un territorio difficile in cui le due famiglie della faida in cui si inserisce l'omicidio di Lea sono ancora vive e fortemente contrapposte. Purtroppo temo che a Pagliarelle si stia accendendo nuovamente una guerra di mafie. Un mesetto fa è stata speronata e mandata in un burrone una panda alla cui guida c'era un signore, a lungo ricoverato. Tutti sanno che è stato uno speronamento ma non c'è stata nessuna denuncia. Capita così che da parte delle Istituzioni si dovrebbe fare più attenzione contro questi scivoloni. Curcio è morto il 29 giugno ed i funerali si sono svolti l'11 luglio. C'era tutto il tempo per avvisare le due agenzie funebri che il Comune non avrebbe fatto nessun manifesto di solidarietà.»

Volevamo porre il quesito anche a Maria Berardi, assessore di Petilia Policastro, con delega alle frazioni. Il funerale si è svolto a Camellino (martedì 11 luglio 2023), una frazione del Comune calabrese. Ma non siamo stati fortunati. Nessuno ha risposto, per ben tre volte, e nessuno ha richiamato. Ovviamente siamo sempre disponibili a registrare i punti di vista sulle questioni che poniamo all’attenzione dell'opinione pubblica. Abbiamo provato anche con Giovanbattista Scordamaglia, il candidato sindaco uscito sconfitto dalla ultima competizione elettorale a Petilia: «Non credo sia un argomento da opposizione ma sicuramente è una cosa inopportuna. Nonostante la tragedia dei parenti non credo che l'Amministrazione possa dimostrare il cordoglio attraverso dei manifesti».        

Abbiamo raccolto il punto di vista di Simone Saporito, il sindaco di Petilia Policastro: «le precedenti gestioni facevano questi manifesti, a piacimento. Noi quando ci siamo insediati, il 5 ottobre 2021, abbiamo deciso di farli a tutti. Soprattutto in un momento particolare, di emergenza. Con il Covid non tutti uscivano e nemmeno si sapeva chi moriva e chi non moriva. I lutti non erano partecipati. Noi abbiamo deciso di farli per tutti, perché i morti sono tutti uguali. Abbiamo anche, negli scorsi mesi, ragionato se continuare o meno, visto che l’emergenza Covid è superata. Abbiamo deciso di continuare, perché molti non capirebbero la scelta di interrompere. Quindi non è stata una cosa fatta apposta.»

È stata opportuna la pubblicazione di questo manifesto?

«Ogni volta che viene a mancare una persona la ditta che si occupa di onoranze funebri accanto al manifesto ci mette quello dell’amministrazione».

È chiaro il suo punto di vista. Ma, Sindaco, è opportuno o meno leggere che "l’amministrazione partecipa al dolore" per la morte di un ergastolano, ritenuto responsabile del massacro di Lea Garofalo?

«Se il manifesto fosse fatto soltanto per questo defunto non sarebbe né giusto né opportuno. Se invece il manifesto, come in questo caso, viene fatto per qualsiasi cittadino di Petilia che viene a mancare allora è opportuno. Perché di fronte alla morte siamo tutti uguali».

I manifesti che sono stati affissi si legano al “festoso” funerale di un ergastolano, autore della distruzione del corpo di Lea Garofalo. Il messaggio è devastante. Possiamo concordare sulla morte che, come diceva Totò, è una livella, ma resta il fatto che una povera donna è stata ammazzata e uno degli autori, morto suicida, è stato accolto come "figliuol prodigo". Resta, però, una differenza tra Lea e Curcio…

«Certamente, certamente…»

Ecco perché parliamo di opportunità. Vedere i palloncini, leggere le manifestazioni di solidarietà, guardare gli striscioni diventa disarmante.

«Sì, questo sì. Questo è lo specchio di una cultura, purtroppo, pregnante dalle nostre parti. Ma non solo da noi. E' una cultura diffusa. Però, ripeto: non sarebbe stato opportuno e giusto se fosse stato fatto soltanto a questo. Nel momento in cui viene fatto indistintamente a tutti sarebbe stata una discriminazione al contrario non farlo a lui.»

Il non realizzare quel manifesto poteva creare problemi?

«No, assolutamente.»

Sindaco, in questa storia emerge una forte contraddizione. In passato, negli anni dei processi milanesi (con gli ergastoli per gli assassini ‘ndranghetisti di Lea Garofalo, tra cui Rosario Curcio) il Comune di Petilia presentò l’istanza per la costituzione di parte civile. Ogni anno assistiamo alle varie commemorazioni (giuste ma lasciano il tempo che trovano) e alle parole di circostanza per ricordare le tante vittime di mafie.  Tutto questo, oggi, viene condito con la “solidarietà” ad un ergastolano. È stato opportuno pubblicare questo manifesto?

«Non è stato opportuno.»

 

Rosario Curcio: ergastolo

La sua partecipazione nella fase ultima del progetto è provata dai tabulati telefonici, dalle dichiarazioni di Venturino (in sua compagnia si reca a Cormano per incontrare Crivaro) e da quelle di Floreale (la consegna delle chiavi del box e la restituzione di quelle dell’appartamento di piazza Prealpi).

Dagli altri imputati viene indicato come compartecipe all’attività delittuosa successiva all’omicidio. Curcio, addirittura avvisato dalla sua ragazza con un SMS (“Fai quello che vuoi, stacci ancora un po’ così ti arrestano a me lì dentro non puoi vedermi”), non riesce e non vuole cambiare il suo destino. È, ormai, troppo compromesso con la famiglia Cosco.

Si tira indietro, come Venturino, per Campobasso, ma a Milano viene risucchiato nel vortice infernale. Consapevolmente.

È lui che si attiva in diverse circostanze per avvantaggiare le azioni criminali, partecipa anche alla riunione preparatoria per decidere le modalità esecutive del progetto criminoso.

«È fin troppo palese che l’esclusione di Curcio – così come di qualunque altro concorrente – è funzionale alla tesi del “raptus”, proposta da Carlo Cosco in dibattimento. Quanto a Venturino, la sua versione è talmente illogica ed incoerente da apparire insostenibile. Non si comprende, invero, perché mai Curcio, dopo aver prestato il proprio consenso, a distanza di pochi minuti avrebbe cambiato idea, cercando addirittura di indurre lo stesso Venturino a desistere».

            Il giudizio di colpevolezza della prima Corte viene confermato.

BRANO TRATTO da UNA FIMMINA CALABRESE, così Lea Garofalo sfidò la 'ndrangheta (Bonfirraro editore, novembre 2022)

Lea Garofalo

 

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