I più piccoli avevano solo tre anni

La Chiesa cattolica ha una immane responsabilità nei confronti delle mie sorelle e dei miei fratelli, che sono gli unici veri Canadesi mai esistiti.

I più piccoli avevano solo tre anni

Atroce, terrificante, difficile da concepire quanto da raccontare. Il ritrovamento dei resti di 215 bambini sepolti intorno ad una Scuola Residenziale Indiana a Kamloops, nella Columbia Britannica in Canada, è la conferma che in quel luogo furono commessi crimini aberranti, un vero e proprio genocidio che attende verità e giustizia da decenni.

La Scuola Residenziale di Kamloops era una delle più grandi del Canada. Ha operato dalla fine del XIX secolo fino alla fine degli anni 1970. Aperta e gestita dalla Chiesa cattolica romana, fino a quando non la prese in carico il governo federale, alla fine degli anni ’60, faceva parte di un sistema accusato di abusi da decenni.

La notizia è stata data dalla comunità Indigena dei Tk’emlups te Secwe’pemc. L’area intorno alla scuola, perlustrata da esperti con apposita attrezzatura (georadar) ha mostrato che alcuni dei resti appartengono a bimbi di appena tre anni.

Fondate dal governo e amministrate dalle Chiese cattoliche, le “Indian residential schools” avevano lo scopo di strappare i figli degli indigeni dalla loro cultura per far si che si conformassero alla predominante.

Innumerevoli testimonianze raccontano come i bambini, costretti a frequentare le ‘Indian residential schools’, caddero vittime di abusi sessuali e fisici. Il ritrovamento dei 215 corpicini narra inequivocabilmente quanti di loro pagarono con la vita il razzismo dell’uomo bianco. Stando ad un rapporto pubblicato nel 2015 dalla Commissione per la Verità e la Riconciliazione, molti degli studenti di queste scuole, non ricevevano neanche cure mediche adeguate. Morivano di tubercolosi.

Il mio cuore sanguina. È una storia indicibile che provoca in me un profondo senso di colpa. Reputo mio dovere civile e morale domandare perdono alle mie sorelle, ai miei fratelli. Sono nata e cresciuta in Canada, una Terra meravigliosa, straordinaria, ma che non è "mia". Sono soltanto sua ospite. Chino il capo, in segno del profondo rispetto e dell'amore che ho sempre nutrito per il Grande Popolo Indigeno.

La Chiesa cattolica ha una immane responsabilità nei confronti delle mie sorelle e dei miei fratelli, che sono gli unici veri Canadesi mai esistiti.

Mi aspetto che Papa Francesco si rechi in Canada per rinnovare di persona le scuse che aveva posto in passato per i crimini commessi nelle scuole residenziali. Mi aspetto che cerchi una riconciliazione fraterna con il Popolo Indigeno. Sarebbe una grande delusione se decidesse di non compiere questo viaggio.

Finisco di scrivere questo pezzo e vi lascio con le parole di una mia cara amica e collega. Il suo nome è Teoni Spathelfer e appartiene alla comunità Indigena ‘Heiltsuk Nation’ della costa della Columbia Britannica.

Dalla sua pagina facebook scrive:

Mia madre ha trascorso undici anni nella scuola residenziale di St. Michael (San Michele). Diceva che era una galera, non una scuola. Diversi membri della mia famiglia hanno frequentato scuole residenziali. Sin da bambina mi hanno sempre raccontato che sospettavano oppure sapevano di questi luoghi di sepoltura intorno alle scuole. La notizia del ritrovamento dei resti di 215 bambini non mi sorprende. Ma la consapevolezza che hanno incontrato il lato peggiore dell’umanità mi spezza il cuore.

Non è mai troppo tardi per onorare le vite preziose di questi 215 bimbi. Possiamo ricordarli sempre nelle nostre preghiere, e, attraverso una preghiera esprimergli tutto il nostro amore. Possiamo amarli eternamente.

 Poi, ovviamente, occorre una totale assunzione di responsabilità da parte di chi ha commesso questi crimini.

Quando portarono mia madre alla scuola residenziale le rasarono i capelli e le versarono in testa un insetticida, il DDT. Le bruciò la pelle. Questo veniva fatto a tutti i bambini. Doveva servire per eliminare i pidocchi. Questi bambini innocenti sono stati torturati e violentati da persone adulte. Hanno sofferto la fame e subito la peggiore forma di razzismo. Mia Mamma è la bambina piccola con i capelli rasati nella fotografia.

Il mio dovere, nei confronti di mia madre e dei miei antenati è quella di parlare, per far sì che nulla venga mai dimenticato, per far si che la storia non si ripeta mai. Per questo vado nelle scuole a raccontare ai giovani tutto ciò che è stato raccontato a me da quando ero bambina. Lo faccio per onorare la memoria di mia madre, dei miei famigliari e di tutte le creature innocenti che hanno subito violenze all’interno di queste ‘scuole/galere’.

Christina Pacella