Il silenzio li ha resi complici, il video

Sabato 14 gennaio si è tenuto il sit in per Emanuela Orlandi organizzato dal fratello Pietro nel giorno del compleanno.

Il silenzio li ha resi complici, il video

 

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Il Sessantotto. Così nella memoria pubblica è passato alla Storia il 1968, un anno considerato spartiacque di tanti mutamenti sociali.

Un anno di vitalità, ribellione, sogni. Come quelli che aveva una ragazza nata il 14 gennaio, all’alba di quell’anno, Emanuela Orlandi. Una ragazza piena di sogni, ideali, tutta una vita davanti. Fino al 22 giugno 1983. Aveva soli 15 anni e venne inghiottita da un buco nero. Che quarant’anni dopo attende ancora di essere illuminato e una famiglia di sapere cosa è accaduto quel giorno e cosa in questi otto lustri ad una propria cara.

Il fratello Pietro in questi decenni non ha mai smesso di cercare la sorella, di battersi per verità e giustizia, tutti interi e senza nessuna ombra, nessun dubbio, nulla di insoluto.

Con coraggio, tenacia, amore. In occasione del compleanno di Emanuela ha organizzato un nuovo sit in a Roma in Largo Giovanni XXIII. Almeno settecento persone sono state presenti, un immenso abbraccio e un segnale di sostegno alla sua battaglia. Pietro non è solo e tra le persone comuni, i cittadini, alcuni giornalisti coraggiosi e con la schiena dritta, l’avvocato Laura Sgrò tantissimi sono voluti essere al suo fianco e ne condividono il tenace impegno. Non è solo tra il popolo mentre tanti, troppi, tra chi sa, tra chi dovrebbe avere il dovere di parlare ed intervenire hanno sempre depistato e cercato di silenziare ogni tentativo di ricerca di Emanuela Orlandi.

A partire dal cuore del potere temporale dell’unica monarchia assoluta rimasta al mondo: lo Stato del Vaticano.

Lì dove le responsabilità partono della scomparsa della ragazza, delle trame criminali di questa e tante altre vicende. La locandina del sit in, lineare e diretta, chiama in causa il cuore del potere vaticano. In maniera incontrovertibile e certo colpevole e complice come nessun negazionismo, nessun baciapilismo, nessuna lettura interessata potrà mai negare.

«Il silenzio li ha resi complici» con le foto degli ultimi 3 Papi.

Giovanni Paolo II che durante l’Angelus nel 1983 lanciò un appello ai rapitori quando nessuno aveva certezze del destino di Emanuela Orlandi, regnante dello Stato Vaticano in anni in cui IOR, Banda della Magliana e altri soggetti erano colonne di ben precisi mondi inquinati, sporchi, manovrieri d’Italia e non solo.

Benedetto XVI, per decenni braccio destro di Giovanni Paolo II, sulla cui «lotta contro la pedofilia» (le virgolette non sono assolutamente casuali, anzi) scrivere che ci sono più di qualche ombra è fin troppo riduttivo, e il cui braccio destro padre Georg aveva – come Pietro Orlandi ha sottolineato anche in questi giorni – un corposo dossier su Emanuela Orlandi.

Francesco, colui che disse a Pietro Orlandi «Emanuela sta in cielo». Sapevano e sanno. Questi sono solo alcuni degli episodi in questi quarant’anni che lo confermano. Sapevano, sanno e di Emanuela Orlandi la famiglia da quarant’anni non ha nessuna notizia, nulla sul suo destino, «Emanuela sta in cielo» con il dito ben puntato – parafrasando il poeta – a imporre «e più non dimandare».

Queste alcune delle parole di Pietro Orlandi riportate dalla stampa italiana.

Fatto quotidiano online: «Forse si è arrivato a capire che non si tratta solo della scomparsa di una ragazza, che è già grave, ma tutto quello che c’è intorno a questa scomparsa. Andrebbero ascoltate tante persone e anche Papa Francesco. Francesco ha esortato a dire la verità. Per due papi non c’è più niente da fare, lui sa e può dire la verità».

Adn Kronos: «Andrebbero ascoltate tante persone e anche Papa Francesco. Perché ci ha detto che Emanuela è morta? Dovrebbe spiegare le sue motivazioni, magari qualcuno gli ha detto così».

Roma Today: «si deve ascoltare una serie di persone che possono essere entrate direttamente in contatto con questa vicenda a partire dall'ex segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone e l'ex segretario del Papa Emerito, monsignor Georg Gaenswein».

Si è detto e scritto tante volte in queste settimane che la magistratura vaticana, guidata da quel Pignatone che archiviò anni fa l’inchiesta italiana, avrebbe riaperto l’inchiesta. Non è così perché finora mai nessuna inchiesta era stata aperta. Oggi accade dopo esposti presentati dall’avvocato Laura Sgrò per conto della famiglia Orlandi per la prima volta.

E questo già dovrebbe far riflettere.

Responsabilità e complicità, è una delle poche sicure certezze, affondano le radici tra le mura del Vaticano, lì i fili che hanno manovrato tutto sono di casa. E lì sarà necessario illuminare quel che da quarant’anni hanno voluto tenere oscuro e depistato. Come è tornato, nel fumo e nel cicaleccio di troppi che continuano a guardare altrove e son guidati da ben altri interessi, a ribadire l’inchiesta di Alessandro Ambrosini, curatore di «Notte Criminale», con il video «Vatican Shock».

Che abbiamo posto al centro di un nostro recente articolo e torniamo oggi, secondo noi doverosamente, a riproporre in chiusura di quest’articolo.