Rete L’Abuso News, online l’edizione numero 38

Notizie dall’Italia e dal mondo sulle denunce e le lotte contro gli abusi.

Francesco Zanardi – “Continuano gli abusi sessuali e gli insabbiamenti” il rimprovero al Papa

Lo scorso giovedì la conferenza a Roma, organizzata da ECA Global e Rete L’ABUSO, pochi giorni prima delle celebrazioni vaticane per la Giornata mondiale dei bambini del 25-26 maggio, in cui Papa Francesco ospiterà l’evento inaugurale del Vaticano, accogliendo circa 70.000 bambini da tutto il mondo.

Annunciando l’evento, Papa Francesco ha detto: “Come Gesù, vogliamo mettere i bambini al centro e prenderci cura di loro”.

Ma i dati dimostrano che i vescovi cattolici italiani hanno fatto esattamente il contrario. Secondo l’osservatorio permanente dell’unica Associazione italiana – Rete L’ABUSO, che il giorno prima ha incontrato il Presidente della CEI Matteo Zuppi – si stima che in Italia ci siano circa 1.000.000 di vittime di abusi sessuali da parte del clero.

L’ECA e altri sostenitori stanno richiamando l’attenzione su quelli che identificano come problemi sistemici all’interno della Chiesa.

Hanno messo in evidenza quelli che descrivono come i quattro peggiori vescovi d’Italia, che hanno presumibilmente coperto i sacerdoti che hanno commesso abusi, nascosto la loro identità ai genitori e trasferito abitualmente i colpevoli a nuove parrocchie.

I quattro vescovi italiani con il peggior record di protezione dei bambini nelle loro diocesi sono:
Mons. Rosario Gisana, vescovo di Piazza Armerina
Il cardinale Sepe Crescenzio di Napoli
Cardinale Luis Ladaria Ferrer, ex capo del CDF
Il cardinale Mario Delpini di Milano

“Nessuno vuole aprire questo vaso di Pandora”, ha detto p. Hans Zollner, il principale esperto vaticano di abusi dal 2014 al 2023, quando si è dimesso dalla Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori di Papa Francesco. In Italia c’è un undicesimo comandamento che dice: “Non fare brutta figura””, ha detto Zollner al Times di Londra. La situazione dei bambini maltrattati e delle loro famiglie in Italia è particolarmente grave.

Devono affrontare notevoli barriere legali e culturali per denunciare gli abusi del clero sia ai funzionari della Chiesa che alle autorità civili. I preti pedofili italiani godono spesso di un alto livello di immunità da indagini e procedimenti penali.

Federica Tourn – Sarà processato l’ex cappellano militare che aveva abusato per anni di un bambino

L’ex cappellano militare Salvatore Cunsolo – originario di Francofonte (in provincia di Siracusa) – accusato di violenze sessuali su minore, sarà giudicato con il rito abbreviato condizionato all’audizione di alcuni testimoni. Una decisione presa dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Siracusa Andrea Migneco per il 67enne che è stato denunciato da un ragazzo oggi 23enne, il quale ha raccontato di avere subìto abusi da quando aveva nove anni fino al compimento della maggiore età.

Il gup ha ammesso l’audizione della badante dell’ex cappellano e di monsignor Abruzzese, il cardinale che avrebbe ospitato per anni il giovane che ha denunciato il sacerdote. Su richiesta della parte civile – rappresentata dall’avvocata Eleanna Parasiliti Molica – è stata invece rigettata la richiesta di audizione di Felipe Perfetti, direttore del blog Silere non possum. Un portale di informazione che si occupa dell’attività del Papa, della Santa sede e della Chiesa cattolica. Il giudice per l’udienza preliminare, inoltre, si è riservato sull’acquisizione di alcuni verbali del processo ecclesiastico nel quale Cunsolo è già stato rinviato a giudizio. Anche con le indagini in corso il prete – adesso in pensione – avrebbe continuato a celebrare la messa nella chiesa madre di Francofonte, pur senza alcun incarico ufficiale. Era stato poi il vescovo di Piana degli Albanesi a sospenderlo dallo stato clericale.

«La prima volta che don Salvatore ha abusato di me avevo nove anni ed è successo a casa sua», ha raccontato la vittima, parlando di violenze che sarebbero continuate per quasi dieci anni. «Mi faceva male sia fisicamente che moralmente, ma – ha aggiunto il giovane – capivo che non avevo altra scelta». Non una costrizione nei fatti, ma una situazione che sarebbe dipesa dal legame e dalla frequentazione con il prete. Orfano di padre, dopo il trasferimento della madre fuori dalla Sicilia, dai nove anni, il giovane è andato a vivere con la nonna anziana e malata insieme al fratello disabile. Ha cominciato a frequentare la parrocchia e si è legato a Cunsolo. Nel corso dell’incidente probatorio, il ragazzo ha raccontato che il prete lo avrebbe avvicinato per la prima volta mentre era di ritorno dal cimitero, dove era andato a portare un fiore sulla tomba del padre.

A denunciare tutto alla squadra mobile di Siracusa, accompagnato dall’arcivescovo Francesco Lomanto, il giovane si sarebbe convinto dopo essere venuto a conoscenza della vicenda del giovane archeologo che ha denunciato le violenze sessuali subite a Enna, quando era minorenne, da Giuseppe Rugolo, il sacerdote che a marzo è stato condannato per quei fatti. Anche in quel caso ad assistere la vittima è l’avvocata Parasiliti Molica; lo stesso è anche il legale difensore dei due preti, Antonino Lizio, che prima della carriera in giurisprudenza ha vestito l’abito talare. La prossima udienza è già stata fissata per martedì 25 giugno.

Fonte Meridionews

Ludovica Eugenio – Chiara Griffini presidente del Servizio nazionale per la Tutela dei minori

Nell’ambito della 79ª Assemblea generale della Cei, il Consiglio episcopale permanente ha provveduto ieri a diverse nomine tra le quali quelle di Chiara Griffini (Lodi) come presidente del Servizio nazionale per la Tutela dei minori. Griffini succede in questo ruolo all’arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni, che lo ha diretto nei suoi primi cinque anni. La scelta di una donna, laica consacrata, ha richiesto una modifica agli Statuti dell’organismo.

Chiara Griffini è un personaggio totalmente interno alla Cei. Già membro del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale, psicologa, ha coordinato il progetto “SAFE – Educare e Accogliere in ambienti sicuri” che ha interessato per due anni, dal 2019 al 2021, la Comunità Papa Giovanni XXIII (alla quale appartiene), il CSI, Centro Sportivo Italiano, l’Azione Cattolica Italiana e il Centro Interdisciplinare di Ricerca sulla Vittimologia e sulla Sicurezza-Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia dell’Alma Mater Studiorum di Bologna».

Sottolineando la rilevanza della scelta di una donna per questo incarico, il card. Zuppi, presidente della CEI, ha curiosamente definito Griffini «non telecomandata». “È una psicologa, una professionista seria”, ha detto. «Continuerà ad impegnarsi su un tema che sappiamo quanto ha ferito le vittime e fatto male alla Chiesa”.

A sbandierare la presunta pionieristica novità della scelta di una donna è stato mons. Gianluca Marchetti, sottosegretario della Cei: “Il fatto che alla presidenza del Servizio nazionale per la tutela dei minori ci sia una donna, e non un vescovo, non è un fatto secondario”, ha detto: “È stato appositamente cambiato lo statuto, è un segnale di assoluto interesse. Neppure in altre Conferenze episcopali c’è una figura di questo rilievo”. Questo non corrisponde al vero. In Francia, a capo del Servizio Nazionale per la Protezione dei Minori è Ségolaine Moog, laica, e ben dal 2016. Nella Conferenza episcopale irlandese c’è Teresa Devlin, Chief Executive Officer del Servizio minori, e se parliamo di ruoli apicali nelle Conferenze episcopali, c’è Beate Gilles, segretaria nazionale dei vescovi tedeschi, dal 2021.

Federico Tulli – Non solo Spotlight

In tanti conosciamo la sconcertante vicenda di pedoflia scoperta dal Boston globe tra la fine del 2001 e il 2002 – e magistralmente ricostruita nel film Spotlight – ma pochi ricordano in quale contesto si sviluppò. Si tende quindi a credere che quello che accadde nella diocesi di Boston fu una sorta di fulmine a ciel sereno. Nulla di più lontano dalla realtà.

Già prima della metà del 2001 – cioè quasi sei mesi prima del primo articolo di Spotlight che risale al 10 settembre 2001 – dagli Stati Uniti giungevano segnali evidenti che le fondamenta della Chiesa americana cominciavano a scricchiolare pericolosamente.

Il 30 aprile 2001 Giovanni Paolo II interviene sul problema dei preti pedofili con il Motu proprio “Sacramentorum Sanctitatis Tutela”, e poche settimane dopo, il 21 maggio, con l’autorizzazione del De delictis gravioribus firmato dal prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger, e dal suo segretario, il cardinale Tarcisio Bertone. Ratzinger intima ai vescovi di essere tempestivamente informato delle accuse di pedofilia contro i sacerdoti e li esorta a svolgere indagini, anche di fronte a un semplice sospetto. Nulla deve trapelare se non a procedimenti conclusi, che possono durare però anche decine di anni. Sulla base di queste disposizioni, che rinnovano espressamente quanto stabilito nel Crimen sollicitationis di Giovanni XXIII, un anno dopo il 23 aprile 2002 i tredici cardinali statunitensi entrano in Vaticano al cospetto di Giovanni Paolo II. Il pontefice definisce la pedofilia «un crimine» e «un peccato» dicendo che non c’è «posto nel sacerdozio» per chi potrebbe far male ai bambini. Le stesse parole saranno rivolte dal suo successore nel 2010 ai vescovi d’Irlanda. Siamo nel pieno della bufera sollevata dalle inchieste di Spotlight del Boston Globe che porteranno a fine anno alle dimissioni del cardinale Law.

Le conclusioni di quella riunione ispirano i 252 vescovi statunitensi che il 26 giugno 2002 approvano lo Statuto dei vescovi per la protezione dei bambini e dei giovani, in cui si prevede che i preti che sono stati o che saranno coinvolti in casi di pedofilia non potranno più avere contatti con i fedeli, quindi celebrare messa o insegnare catechismo. Non passa, però, la linea della “tolleranza zero”, quella della sospensione automatica “a divinis” di chi è coinvolto negli scandali e quella di chi propone di trattare tutti gli stessi casi allo stesso modo. Compresi quelli relativi ad accuse che si riferiscono a venti o trent’anni prima (come nel caso della gran parte delle vicende denunciate in quei mesi negli Usa in seguito all’inchiesta del Boston globe) e che colpiscono un prete che nel frattempo si è rivelato «cambiato e innocuo». Contro la tolleranza zero e a favore di «un invito alla prudenza» spingono soprattutto due figure carismatiche: gli arcivescovi di New York e Chicago, Edward Egan e Francis George.

Per inciso, due anni dopo, il 27 febbraio 2004 il National Review Board (NRB), il gruppo di controllo di laici insediato dalla Conferenza episcopale americana, accuserà Egan di «aver chiuso gli occhi davanti a evidenti casi di pedofilia». Analoga accusa riceverà nel gennaio del 2006, sempre dal NRB, Francis George, per essersi rifiutato di rimuovere il reverendo Daniel McCormack quando già a ottobre 2005 questi era finito sotto inchiesta per pedofilia. In seguito si scoprirà che McCormack aveva violentato una sua alunna di dodici anni fino a dicembre di quell’anno. Nel 2007 George fu nominato a capo della Conferenza episcopale americana.

Torniamo al 2002 e allo Statuto dei vescovi di Dallas. Bisognerà attendere quattro mesi prima che il Vaticano si pronunci sul documento. Il verdetto viene emesso il 18 ottobre ed è negativo. Le norme sono da riscrivere perché non si conciliano con il diritto canonico. La bocciatura della Santa Sede porta la firma dal cardinale Giovanni Battista Re in qualità di prefetto della Congregazione per i vescovi. Il testo è lungo meno di due pagine ed è suddiviso in due parti: in primo luogo vi si esprime solidarietà e comprensione verso i vescovi e i sacerdoti «onesti» degli Stati Uniti; dopo di che si fa presente che le norme proposte dai vescovi degli Stati Uniti in alcuni punti non superano l’esame della “recognitio”, ossia il riconoscimento di compatibilità con il diritto della Chiesa. Alle vittime degli abusi e alle loro famiglie spettano appena una decina di parole. Mentre i loro carnefici, secondo il prelato, dopo tutto non sono poi così tanti.

Un mese dopo, l’11 novembre, la grande opera di mediazione condotta dal cardinale Francis George porterà i suoi frutti. Il documento di Dallas, revisionato nelle parti fondamentali, viene presentato alla Conferenza episcopale americana, in un incontro a Washington.

Il 16 dicembre 2002 la Santa Sede approva dunque il nuovo testo all’insegna della “tolleranza soft”. Le Norme essenziali sulle politiche diocesane ed eparchiali di fronte ai casi di abuso sessuale sui minori da parte di preti e diaconi divengono vincolanti in tutte le diocesi degli Stati Uniti. Con l’introduzione della prescrizione la carriera ecclesiastica di migliaia di preti viene messa al riparo da brutte sorprese. Il resto lo fa la lungaggine dei processi. Il ruolo del cardinale George in questo delicato passaggio sarà riconosciuto nel novembre del 2007 da papa Ratzinger che lo nomina presidente della Conferenza episcopale statunitense. Dal canto suo, il cardinale Re conferma che la “recognitio” vale per due anni, cioè per il tempo stabilito dai presuli per valutare l’efficacia e validità delle norme. Per la Chiesa, non solo americana, saranno due anni lunghissimi.

Il 2002 finisce così. La Santa Sede appare tutto fuorché determinata a fare luce sul passato e gettare le basi per un diverso futuro. Inoltre, non è bastato che già a giugno un’inchiesta del quotidiano “Dallas Morning News” avesse rilevato che almeno 111 vescovi cattolici Usa avevano protetto preti o monaci pedofili. E nemmeno che tra questi ci fossero gli otto cardinali a capo delle arcidiocesi americane. Addirittura, nonostante le pressioni e lo sconcerto dell’opinione pubblica, bisogna aspettare il 13 dicembre 2002 per vedere accettate le dimissioni del cardinale Law da Giovanni Paolo II, a norma del canone 401 paragrafo 2 del diritto canonico, che fa riferimento a motivi di salute o ad altre cause che impediscono il normale proseguimento del lavoro di un vescovo. Law come è noto sarà trasferito a Roma per fare l’arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore, e qui “serenamente” muore nel 2017.