Firenze, via dei Georgofili: una strage di innocenti

Una strage di innocenti. Quella notte morirono i coniugi Fabrizio Nencioni (39 anni) e Angela Fiume (31 anni) con le loro figlie Nadia Nencioni (9 anni), Caterina Nencioni (50 giorni di vita) e lo studente Dario Capolicchio (22 anni).  In questi giorni non posso fare a meno di  pensare a chi sostiene che con l'ergastolo ostativo si leda il “diritto alla speranza”.

Firenze, via dei Georgofili: una strage di innocenti
27 maggio 1993, la strage di via dei Georgofili (ph Comune di Firenze)

27 maggio 1993. Una data che non potrò mai dimenticare. 
Era da poco passata l'una di notte ed ero appena rientrato a casa dal lavoro. 
All'epoca ero in forza alla Digos di Firenze. All'improvviso un fortissimo boato. Mi affaccio alla finestra, ma non vedo nulla. 
Nelle prime ore della mattina eravamo già tutti  in via dei Georgofili, anche noi della Digos
Ho iniziato a calpestare le macerie in Piazza Signoria. I detriti erano arrivati sin lì, scaraventati dall'onda d'urto, nello stretto vicolo che costeggia la Loggia dei Lanzi.
La mafia aveva colpito direttamente al cuore di Firenze. Una strage di innocenti.
Quella notte morirono i coniugi Fabrizio Nencioni (39 anni) e Angela Fiume (31 anni) con le loro figlie Nadia Nencioni (9 anni), Caterina Nencioni (50 giorni di vita) e lo studente Dario Capolicchio (22 anni). 
In questi giorni non posso fare a meno di  pensare a chi sostiene che con l'ergastolo ostativo si leda il “diritto alla speranza”.

Diritti negati, dignità e la speranza di un futuro per chi è stato artefice di queste stragi e di tutte le altre, senza mai pentirsi?
Chiedo a coloro che hanno pietà per questi stragisti: che speranza di vita hanno avuto la famiglia Nencioni, oltre al ventiduenne Capolicchio?

Le loro dignità, i loro diritti, le loro speranze sono state negate per sempre il 27 maggio 1993. Il loro futuro è stato cancellato in un attimo, con l'esplosivo. I loro corpi sono stati trasformati, trasfigurati, dilaniati. E per i familiari che ancora piangono i propri cari, il fine pena sarà mai.
Stiamo vivendo un periodo buio. 
Le mafie hanno cambiato strategia, ora preferiscono insinuarsi nel tessuto economico della società, cercando di evitare spargimenti di sangue o azioni cruente, sfruttando ogni situazione. 
Ci sono riuscite anche con la pandemia.  

I loro affari, anche in questo periodo, sono proliferati nelle regioni del centro e del nord Italia, ma anche Oltralpe. Non c'è la dovuta attenzione, manca la consapevolezza e le mafie ne approfittano, fagocitando aziende, esercizi pubblici, accaparrandosi appalti pubblici. 
Gioco facile, grazie anche a chi continua imperterrito, nonostante le numerose operazioni giudiziarie, a sostenere che nel proprio territorio la mafia non c'è.

Eppure le cronache raccontano una realtà diversa.
Le operazioni antimafia si susseguono quasi quotidianamente e investono  tutta la nazione.
Eppure, nonostante ciò, per i governi che si sono susseguiti la mafia continua a non essere un problema. Si trova, addirittura, il modo di rendere più facile il lavoro delle mafie, magari reinserendo il massimo ribasso negli appalti pubblici, abolendo il sistema di controllo di tracciabilità dei rifiuti, cercando di destrutturare le normative antimafia, lasciando ai minimi termini, sotto il profilo delle risorse umane, gli apparati investigativi delle Forze di polizia.

Fabrizio, Angela, Nadia, Caterina, Dario, le vittime che stiamo ricordando oggi, quelle che abbiamo omaggiato il 23 scorso e tutte le altre, meriterebbero maggior rispetto, soprattutto, da chi pensa che si possa mettere l'anima in pace, partecipando a una delle tante, troppe, commemorazioni.  

No! Svegliatevi! Non funziona così.

La lotta alla mafia è una priorità, deve essere quotidiana e la dobbiamo portare avanti tutti insieme, con unità d'intenti, altrimenti, questa guerra, rischieremo di perderla.

Renato Scalia, consulente Commissione Parlamentare Antimafia

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