Francesco Giampietri, la memoria che resta

Francesco Giampietri ci ha lasciato, ce l’ha portato via il mare oscuro, quello che lui definiva “questo mostro, questa bestia”. Prima di scrivere per lui, ho dovuto recuperare le forze, perché Francesco era per me un punto di riferimento importante, un amico fraterno di quelli che quando non ci sono se ne sente la mancanza.

Francesco Giampietri, la memoria che resta

Aveva solo 36 anni, compiuti il 14 dicembre scorso, ed era un giovane talentuoso, di grande cultura ed intelligenza, una perla preziosa nel panorama culturale non solo molisano.

Ho ricevuto tantissime telefonate da Torino, Roma, Firenze, Caserta, Campobasso, Napoli, meno dai miei amici locali, che forse poi non lo sono tanto, né a me e né a Francesco. Tutti sconvolti, disorientati, addolorati che cercavano di consolarmi.

Mi diceva sempre, in questi mesi di doloroso calvario, «Mary, un  passo alla volta! Ci vuole pazienza» e lui ne ha avuta tanta, per poi barcollare nell’ultimo periodo quando abbiamo comunicato solo attraverso messaggi, l’ultimo il giorno prima dell’accaduto con cuori e promesse. 

Francesco che leggeva i miei scritti e le mie poesie e mi incoraggiava sempre perché li trovava sani, commoventi, che rispecchiavamo il mio animo, il mio essere “leale” come diceva sempre lui.

Francesco che capiva, con la sua lucidità, la sua lungimiranza le situazioni e le persone molto meglio di me e che si scandalizzava per una frase detta fuori posto, che non rispettasse l’altro, che rimaneva pietrificato dalla banalità di certi sentimenti negativi che imperservano nel nostro mondo.

Francesco che nella sua umiltà ha conservato l’umanità, quella di un tempo.

Rigoroso con se stesso e con gli altri non tollerava l’ipocrisia, il finto perbenismo, l’ossessiva perfezione della massa, perché lui si faceva conoscere per la sua unicità, la sua stravaganza che sapeva di genialità.

Mi mancheranno le lunghe chiacchierate che lasciavano tracce profonde nella mia anima, i suoi consigli, sempre appropriati su situazioni personali e non .

E poi la grande passione che ci legava, quella di disseminare la cultura, la nostra smania di raccogliere la gente intorno ad un cenacolo di idee, di modelli, di soluzioni che potevano contrastare l’appiattimento etico e culturale, ed ancora la nostra complicità nel ridere delle stesse cose, del pensare le stesse cose.

Quando gli ho chiesto di scrivere la prefazione del mio libro di poesie, ha accettato anche se viveva un momento difficile ed io ero, e sono orgogliosa di poter avere un segno della sua scrittura raffinata in un mio scritto.

Conserverò il suo sguardo ironico ed intelligente, mi servirà per avere il ricordo di lui nella sua pienezza perché era il suo sguardo che trascinava come solo le persone empatiche sanno fare.

Un uomo colto, raffinato, che avrebbe dovuto camminare ancora nella sua affermazione che stava già avvenendo. Ricordo quando, con lo scintillio agli occhi, mi ha comunicato che gli era stata affidata la cattedra di Filosofia moderna e cultura letteraria presso l’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale e il grosso lavoro che stava terminando che ne avrebbe decretato il successo ancor di più.

Ma i sogni finiscono e ci si ritrova, in una giornata che sembra uguale alle altre per questa maledetta contingenza della diffusione del Covid-19,  a dover fare i conti con questo brusco risveglio, un dolore lancinante, inaspettato perché il mio pensiero alternava momenti di ottimismo a quelli di scoramento profondo.

E già oggi avrei voluto chiamarlo per commentare insieme quello che sta accadendo in Italia e nel mondo, ma poi ho ricordato che lui non c’era più.

Il mio pensiero va alla sua cara mamma Daria, amorevole e generosa, al suo papà Gianni che viveva per figlio, alla sorella Alessia che ha vissuto questo strappo lancinante, ai suoi parenti più vicini, a Federica,  che mi aggiornava sulle sue condizioni  per non pesare sulla sua famiglia e su Francesco.

Francesco ti ritroverò nei tuoi scritti, nelle foto, tante, scattate in questi ultimi anni, ma non posso non pensare che tutto questo sia ingiusto e se ne vanno le persone migliori che lasciano un vuoto incolmabile nella comunità perché tu eri comunità, condivisione, elargizione gratuita di sogni.

Ciao caro amico mio.

Ricordati anche tu di me e guardami da lassù, magari sorridendo ancora per quel che mi accade e che accade intorno a me.