IL BUON GOVERNO

Cosa dire dopo il primo anno di questo Governo? E’ andato a subentrare ai precedenti, sicuramente non buoni per vizi incancreniti nella politica tutta rifiutata da un sempre maggior numero di elettori.

IL BUON GOVERNO

Ma a fronte della non bontà di un apparato malato da decenni ora si è in balia del niente, perché niente può derivare da uomini e donne totalmente incompetenti e privi di una minima visione di cosa sia il diritto, l’economia, la cultura.

Persino il buon senso è assente.

In un anno abbiamo assistito a spettacoli esilaranti, copioni da palcoscenico recitati all’interno delle istituzioni della Repubblica per la quale milioni di uomini e donne hanno lottato versando il sangue proprio e quello dei propri figli.

Della pleiade magmatica dei pretoriani si avvantaggia l’immagine scaltra della leader, abile nel cavalcare i temi cari alla demagogia popolare: famiglia, crociate sante per “guerre giuste”, negazione di una politica dell’accoglienza. Nei fatti il governo si  schiera a favore dei furbetti (elusori/evasori fiscali) contro il pizzo di Stato, ignora che i salari patrii siano i più bassi d’Europa, che si offrano ai nostri giovani lavoricchi senza dignità, non investe nella ricerca, non si preoccupa delle vere ragioni della discesa del tasso di natalità, il problema delle immigrazioni non è assolutamente oggetto di un’azione politica quanto motivo per opporre una misura di sicurezza nazionale, la criminalità aumenta, la sanità pubblica è in ginocchio, e potrei continuare.

Lasciando le cornici del nientismo agli sciami mediatici che quotidianamente offrono un allegro repertorio di bagarre, scandali e dichiarazioni che fanno la fortuna degli operatori della satira e dell’intrattenimento comico mi soffermo su quello che, a mio avviso, è l’aspetto più inquietante della attuale situazione cui non si oppone alcun serio antidoto alternativo. 

In economia esiste una risorsa invisibile: il capitale sociale. Il capitale sociale è composto da un “hardware” (strutture organizzative delle relazioni umane) e da un “software” (fiducia e meritevolezza della fiducia). Gli individui ad alto capitale sociale, in grado di dare e ricevere fiducia, realizzano i risultati migliori, in termini rigorosamente economici oltre che umani. Un’affermazione di fiducia comporta l’assunzione di un rischio sociale fondato su cooperazione e superadditività. 

Viceversa, la mancanza di capitale sociale, tipica di un sistema utilitarista autointeressato alla realizzazione solo del proprio tornaconto, produce la paralisi delle relazioni sia interpersonali che tra organizzazioni. 

Le attuali economie “forti” esprimono chiaramente quale delle due direzioni viene impressa ai propri sistemi. La difficoltà delle relazioni (che rasenta la paralisi) sono sotto gli occhi di tutti.

La disuguaglianza, problema umano e morale, civile e sociale, ovunque si manifesti, esige certezze. 

La prima delle quali è che si ponga termine al dibattito sulle responsabilità del potere pubblico e di quello privato rispetto ai bisogni della gente.

E' necessario che il Paese, nel quale ci si azzuffa più spesso per i privilegi che per la soddisfazione dei bisogni, prenda coscienza che essa rappresenta ormai un’emergenza nazionale. 

Le disuguaglianze non si risolvono con la filantropia, con uno stato sociale, malato di corruzione, burocratizzato e dalle tasche bucate, con proclami di fantapolitica, con un apparato legislativo elefantiaco che sforna troppe norme o troppo poche e uno giudiziario incapace di farle rispettare. 

La società aspetta biodiversità economica, giustizia, inclusione e politici competenti e affidabili.