IL PIACERE DELL’ONESTA’. DANIELE CALABI

Ebreo vittima delle leggi razziali.

IL PIACERE DELL’ONESTA’. DANIELE CALABI


 

Daniele Calabi (Verona, 1906 – Venezia, 1964) – “costruttore che diviene architetto” – viene ricordato dall’Università Iuav di Venezia ricorda con una mostra allestita nella nuova Galleria del Rettorato, da poco restituita alla spazialità architettonica originaria. La mostra “Daniele Calabi. Il piacere dell’onestà. Opere veneziane”, a cura di Maura Manzelle, inaugura giovedì 30 maggio e resta aperta fino al 14 ottobre.

L’impegno di Daniele Calabi

Daniele Calabi dopo una formazione da ingegnere ha proseguito gli studi laureandosi in architettura. Il suo lavoro sullo spazio parte da esigenze funzionali e costruttive a cui dà espressione formale, con grande attenzione al valore figurativo dei materiali: «il piacere dell’onestà» nel costruire, come annota, è contemporaneamente un modo di operare e un obiettivo.

Dopo una intensa attività in Italia e in Francia negli anni ’30, la fuga e i lunghi anni passati in Brasile a seguito della emanazione delle leggi razziali, il rientro in Italia dove lavora su tutto il territorio nazionale basando lo studio a Padova, è l’adesione allo Iuav di Samonà e la partecipazione alla grande stagione dei concorsi veneziani che lo porta, all’inizio degli anni ’60, a trasferire da Padova che trova ormai “pesante” a Venezia lo studio e la famiglia.

Per Iuav realizzerà la sistemazione della nuova sede nell’ex convento dei Tolentini, che ora accoglie la mostra sulle sue opere veneziane: la Colonia marina di Padova “Principi di Piemonte”, realizzata nel 1935-1937 a Lido Alberoni – Venezia; il Concorso di idee per il piano regolatore generale del Comune di Venezia, 1956-1957; il Quartiere Aretusa a San Giuliano a Mestre Venezia del1956-1961; il Concorso per la progettazione alle Barene di S. Giuliano del 1959; la casa-studio Calabi al Lido di Venezia, 1961-1963; il Concorso nazionale per il nuovo Ospedale di Venezia, 1963; la sistemazione dell’ex convento dei Tolentini a nuova sede dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, 1960-1964, e infine la sua attività come docente allo Iuav nel 1958-1964.

La mostra

La mostra nasce da una doppia ricorrenza: il 14 ottobre 1964 il Demanio consegnava in uso gratuito e perpetuo il complesso dei Tolentini all’allora Istituto Universitario di Architettura di Venezia (oggi Università Iuav di Venezia) e Daniele Calabi moriva prematuramente il 12 novembre dello stesso anno. Lo ricorda ancora oggi la lapide posta da docenti e studenti nell’ingresso al chiostro dell’ex convento.

Molti dei temi aperti su Venezia in quegli anni ’60 rimangono attuali.

Nota personale a margine

Venezia lo ricorda con la mostra. Io voglio rendere omaggio alla memoria del grande architetto con una nota perché tutti sappiano la mostruosità compiuta dal fascismo anche nei confronti degli italiani impegnati nel mettere il loro genio a disposizione del bene comune. Ho fatto cenno alla fuga.  La fuga perché Daniele Calabi era ebreo.  Il 14 luglio 1938, infatti, era stato pubblicato il Manifesto della Razza e già nel periodo fra settembre e dicembre erano stati promulgati i principali decreti “a difesa della razza italiana”. Si prescriveva la totale cessazione di qualsiasi prestazione professionale da parte di cittadini di razza ebraica e si dava anche la possibilità ai clienti non appartenenti alla razza ebraica di revocare l’incarico conferito prima della cancellazione dall’albo.

Così nel febbraio 1940 anche il nome di Daniele Calabi sparì dai registri professionali. E con lui sparì il giusto riconoscimento ad anni di studio e lavoro. Daniele Calabi non era presente il 27 maggio 1942 all’inaugurazione dell’Osservatorio astrofisico di Asiago, cui aveva dedicato mesi e anni di disegni, prove, misure, schizzi, modelli a scala reale. Quel giorno, ad Asiago, lui non c’era. E nel discorso di inaugurazione il rettore Carlo Anti non fece il suo nome. Daniele Calabi era ebreo.