Il ritorno di Silvia

Silvia Romano, cooperante in Kenya, è tornata in Italia dopo 18 mesi di prigionia.

Il ritorno di Silvia
Silvia Romano, ph lapresse.it

“Silvia è stata liberata”. Con un tweet a sorpresa il Premier Giuseppe Conte ha annunciato la liberazione della giovane cooperante italiana rapita più di un anno e mezzo fa in Africa. L’aereo Aise, che ha riportato Silvia Romano in Italia è atterrato intorno alle 14:00 di oggi all’aeroporto di Ciampino (Roma): ad attenderla, trepidanti e al colmo della gioia, i genitori con la sorella; insieme alla famiglia il Premier Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, ministro degli affari esteri. Pochi minuti, in cima alla scaletta dell’aereo, attorniata dagli agenti speciali dei servizi segreti italiani, appare una figura di donna, avvolta in un jilbab verde cangiante.

E’ lei, Silvia Romano, la giovane donna rapita il 20 novembre 2018 nel villaggio di Chakama, a ottanta chilometri da Nairobi. La cooperante, allora 23enne, si trovava in Kenya come volontaria per l’Onlus marchigiana “Africa Milele” ed era stata prelevata con la forza da un gruppo di uomini armati, comuni criminali kenyoti, in contatto con il gruppo islamista Al-Shabaab. Dalle indagini condotte dalla Procura di Roma è emerso che il rapimento è avvenuto probabilmente a scopo di estorsione: la ragazza sarebbe stata venduta dai criminali kenyoti proprio al gruppo criminale Al-Shabaab e trasferita in Somalia immediatamente dopo il sequestro. 8 le persone appartenenti al commando, di cui 3 tratte in arresto in Kenya.

Sorridente e visibilmente emozionata, Silvia copre la distanza che la separa dai familiari con passo fermo e sicuro: prima il lungo ed emozionante abbraccio con la madre e la sorella, poi con il padre e infine i saluti con il Premier Conte e il Ministro Di Maio. "Per fortuna, sto bene fisicamente e mentalmente. Sono felicissima, dopo tanto è bello essere tornati" sono state le prime parole della giovane. E, nonostante la visibile emozione, non è mancata una certa sorpresa nel vederla “blindata” nell’abito tradizionale somalo, un jilbab da passeggio utilizzato dalle donne di fede musulmana appartenenti alle tribù al confine tra Kenya e Somalia. Un dettaglio forte, che non è passato inosservato e che ha dato voce ad illazioni su una probabile conversione alla fede islamica. Ma è lei stessa a chiarire ai colleghi di Open di essersi volontariamente convertita alla religione di Maometto: “è stata una mia libera scelta, non c’è stata nessuna costrizione da parte dei rapitori che mi hanno trattato sempre con umanità. Non è vero invece che sono stata costretta a sposarmi, non ho avuto costrizioni fisiche né violenze".

Dopo gli abbracci, i chiarimenti sulla vicenda: Silvia Romano è stata condotta infatti dinanzi al PM Sergio Colaiocco per l’interrogatorio, durato circa 4 ore, durante il quale la cooperante ha raccontato nei dettagli la storia del suo rapimento: “non mi hanno mai legata. Ogni tre mesi cambiavo covo, non mi hanno costretta a convertirmi né a sposarmi” avrebbe dichiarato la giovane al PM.

La liberazione della giovane italiana tuttavia ha diviso l’opinione pubblica: sui social si rincorrono a  colpi di click commenti di scherno e odio contro Silvia. C’è chi la accusa di avventatezza, chi la disprezza per la conversione all’Islam e chi addirittura vorrebbe che il Governo chiedesse ai familiari i soldi del riscatto. Ma al di là dell’odio e delle invettive rimane di questa bella giornata il sorriso calmo e pacato di Silvia e la luce negli occhi di sua madre che nel giorno della festa della mamma ha potuto riabbracciare la figlia dopo 18 mesi di inferno.