Ma si può parlare di legalità e lotta alle mafie nelle scuole?

Attivista antimafia catanese minacciato in una scuola di Palma di Montechiaro da parenti della famiglia Ribisi.

Ma si può parlare di legalità e lotta alle mafie nelle scuole?


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Giuseppe Trovato attivista antimafia 26enne catanese, già senatore accademico e praticante avvocato, da tempo stai portando avanti un progetto di legalità nelle scuole. In diverse occasioni lo vediamo accompagnato dal vicepresidente della commissione regionale antimafia in Sicilia Ismaele La Vardera.

In uno dei suoi incontri con le scuole martedì 5 marzo è approdato in una scuola superiore a Palma di Montechiaro in provincia di Agrigento. Lì, alla fine dell'incontro, è stato minacciato dopo aver pronunciato il nome di due boss. Racconta l'accaduto tramite un video pubblicato sui suoi canali social:

“Avevo appena finito di dire che 5 milioni di siciliani non possono piegarsi alle nefandezze di 5 mila mafiosi. E ho cominciato a fare i nomi di alcuni boss di Palma, tra cui Nicola Ribisi. A quel punto ho notato che si metteva proprio di fronte a me un gruppetto di ragazzi. Ho avuto la sensazione che si trattasse di un gesto di sfida ma ho continuato a parlare.

Quando finisce l’assemblea, saluto e ringrazio i ragazzi di Scuola Zoo e me ne vado. A quel punto alcuni ragazzi, in particolare uno che mi dicono essere un parento di Nicola Ribisi, mi hanno raggiunto e mi hanno chiesto da chi avessi l'autorizzazione a fare il nome di Ribisi. Che me ne dovevo andare. E poi mi hanno insultato dicendomi 'babbo' e altre epiteti simili.

Sono tornato indietro verso gli organizzatori che intanto avevano chiamato il vicepreside. A quel punto i ragazzi di Scuola Zoo, che ringrazio, mi hanno accompagnato davanti alla macchina e mi hanno scortato fino alla fine del paese. Ho avuto paura.”

Nonostante tutto continua il suo impegno con un incontro in una scuola di Favara dove però, poco prima di iniziare, viene chiamato e avvisato del fatto che la preside non voleva farlo entrare e far svolgere l'assemblea per “questioni di sicurezza”. Ma l'attivista non demorde e poco prima che finisse il tempo a sua disposizione per l'incontro riesce ad entrare nella scuola e a raccontare l'accaduto.

Trovato, qualche giorno dopo il triste episodio accaduto a Palma, fa sapere tramite instagram di aver esposto denuncia:

“Ieri mi sono recato presso la questura di Catania dove ho formalizzato la denuncia in merito ai fatti di martedì mattina.
Non so cosa succederà adesso ma so perché l’ho fatto.
L’ho fatto perché è un atto dovuto. Un dovere, e senza doveri non ci sono diritti.
L’ho fatto perché bisogna credere nelle istituzioni. Tutte. Soprattutto coloro che svolgono il loro lavoro con onore e dignità.
L’ho fatto perché non possiamo far passare nulla di quello che succede quando si mette in discussione la cultura della legalità, e far entrare dalla porta incertezze e perplessità.
Non l’ho fatto contro chi mi ha voluto minacciare che ribadirò per sempre non avere nessuna colpa per essere nato in un contesto complicato e difficile.
L’ho fatto perché credo nell’istituzione della scuola, come l’Odierna di Palma di Montechiaro che è un ottimo istituto, un presidio di legalità e che quotidianamente fa un lavoro bellissimo con tutti i ragazzi di quel territorio, come tutte le scuole siciliane grazie al lavoro dei loro insegnanti.

L’ho fatto perché quel paese come tutti gli altri paesi del resto di Italia è vissuto da gente per bene che ogni giorno si sveglia e con onestà va a fare il suo lavoro per migliorarla questa terra.

L’ho fatto perché siamo tutti liberi di scegliere.
L’ho fatto perché serve da monito, perché se si lascia passare, altri si sentiranno legittimati a minacciare.

Perché se nessuno denuncia non si mette fine al ricatto mafioso.
L’ho fatto perché spero di poter ritornare, di parlare con quei ragazzi che hanno voluto mandarmi quel messaggio e fare in modo di superare tutto insieme.
L’ho fatto perché non bisogna lasciare nessuno da solo, neanche chi solo si è ritrovato.”

Ad accompagnarlo in questa denunica è stata la giornalista Giulia Innocenzi che si trovava a Catania per far vedere il suo documentario sul collegamento tra industria della carne, lobby e potere politico europeo contattata proprio dall'attivista Trovato.

foto prese dai profili social di Giuseppe Trovato (autorizzazione concessa)