Migrante o richiedente asilo… alter o alienus?

Confine come luogo di transito è protezione e apertura al tempo stesso. Chi chiude i confini è in genere chi si sente minacciato dall’incontro con l’altro e per questo lo trasforma da "alter" in "alienus", cioè da «differente da me" e dunque "nemico".

Migrante o richiedente asilo… alter o alienus?
Denied/Negato

Per aprirsi all’altro è necessaria una forte identità. Chi chiude i confini è in genere chi si sente minacciato dall’incontro con l’altro e per questo lo trasforma da "alter" in "alienus", cioè da «differente da me" e dunque "nemico".

Chi vede negli altri il nemico è chi ha un’identità debole. L’incontro può anche non essere facile, ma è pur sempre un’esperienza di vita e, come tale, sempre arricchente.
Rifiuta l’incontro chi è patologicamente affetto da disturbi della personalità. Il rifiuto di accoglienza di migranti o richiedenti asilo ha una matrice patologica: la scienza psicoantropologica lo definisce come sindrome dell'assedio.

Si tratta di deficit comportamentale che si radica nella paura ancestrale che  fa considerare chi  approda nel proprio territorio come un ladro di lavoro, di terra, di servizi, ecc. In buona sostanza, un nemico pericoloso.

La fobia oscura la ragionevolezza (che dovrebbe spingere a cercare e comprendere per quali motivi si lascia il proprio paese esponendo vite al rischio di perderle) e sentimenti (quella umanità che ognuno definisce a modo proprio assolvendo se stessi in nome di un dio che ciascuno definisce a modo proprio e di cui si indossano simboli come se fossero insegne di partito o di una squadra sportiva) a preconcetti (ricordo ancora con sconcerto la definizione di “palestrati” riferita a libici sopravvissuti all’ennesimo naufragio sulle coste siciliane e con sdegno che qualcuno voleva venissero adibite a lavori domestici il giorno stesso dell’arrivo una decina di donne afgane riuscite ad approdare in Italia dopo essere fuggite da ogni genere di torture). 

Ritengo, ripeto, patologico il difetto della personalità della paura del diverso che trovo sia magnificamente espresso nell’ideogramma cinese che riporto: (yì) significa differente, strano, insolito, straniero (ma solo riferito ad un posto).

Raffigura una persona che indossa una maschera spaventosa (la testa è identica a quella del carattere usato per la parola ‘demone’) e che muove le mani in aria. Differente e strano.

Paura dell’altro e totale indifferenza se non chiara volontà di respingimento. Che sia ancestrale lo si sa ma… il cammino della civiltà, l’evoluzione, la volontà cooperativa per costruire una società fondata sui valori dell’umanità, della legalità, dell’uguaglianza perché si annienta nella disfunzionalità di un manipolo di volontà distorsive conferendole poteri decisionali attraverso mandato di fiducia?

Quando consapevolezza e il buon senso accettano di essere adattativi e funzionali ne subiscono le devastazioni spaventose, razziali e etniche, di cui è gravida la storia delle relazioni internazionali e di quelle intra moenia.

 

LEGGI ANCHE:

VERGOGNA DI STATO