Omicidio Agostino-Castelluccio - Parlano Flora e Nunzia, le sorelle dell'agente Agostino

Dopo il racconto di papà Vincenzo al processo sull'omicidio dell'agente Nino Agostino, sono ascoltate come testimoni le sorelle della vittima Nunzia e Flora Agostino, che hanno ripercorso quei drammatici eventi e le anomalie e le stranezze che li accompagnarono.

Omicidio Agostino-Castelluccio - Parlano Flora e Nunzia, le sorelle dell'agente Agostino

È proseguito il racconto dei testimoni al processo contro Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto per l'omicidio dell'agente di polizia Nino Agostino e sua moglie Ida Castelluccio. Ad essere ascoltati dalla Corte, presieduta da Sergio Gulotta, dopo la deposizione di papà Vincenzo, sono stati gli altri parenti più prossimi, le sorelle del poliziotto Nunzia e Flora e Felice e Giovanna Analdi, cugini di Nino Agostino. 

Le domande si sono concentrate ancora una volta sul giorno dell'omicidio, il 5 agosto 1989, e sui giorni precedenti e quelli immediatamente successivi al delitto. Nunzia Agostino ha ricordato, come aveva già fatto suo padre all'udienza precedente, lo stato d'animo del fratello negli ultimi giorni di vita: era “preoccupato”, aveva chiesto aiuto ai suoi genitori per essere trasferito dal commissariato di San Lorenzo perché temeva di “finire nel calderone”.

Anche il giorno dell'omicidio sembrava agitato per qualcosa: “non era allegro come al solito, anche Ida era triste”. La stessa Ida che avrebbe confidato a sua sorella di essere preoccupata “per le situazioni lavorative di Nino”, delle quali però non poteva parlare. Lo stesso senso di inquietudine lo percepì anche la sorella minore, Flora, che il giorno dopo l'omicidio del fratello avrebbe compiuto diciotto anni. Ha ricordato di come, accompagnandolo all'aeroporto di Catania alla partenza per il viaggio di nozze, avvertisse la preoccupazione del fratello che, lasciate a suo padre le carte da sbrigare per l'imbarco, si allontanò presumibilmente verso la stazione di polizia dell'aeroporto dove rimase per un lungo arco di tempo, ricongiungendosi alla famiglia solo un attimo prima dell'imbarco.

“Gli diedi un paio di occhiali da sole per il viaggio, ma arrivati in aeroporto me li restituì perché temeva potessero rompersi”. Perché? La sorella non ha mai saputo cosa fosse successo dal momento dell'arrivo in aeroporto fino alla partenza del volo per la Grecia, né dove suo fratello fosse stato: “tornò agitato”. La madre Augusta Schiera anni dopo riconobbe sul giornale la foto di un uomo con i capelli ricci che era presente quel giorno a Catania: si trattava dell'imputato Gaetano Scotto.

Entrambe le sorelle, presenti nel villino di Villagrazia di Carini al momento dell'omicidio, hanno ripercorso i drammatici avvenimenti di quel giorno: “durante questa sequenza imprecisata di spari, vengo sfiorata da un proiettile e mi paralizzo. Mia sorella asciugava il sangue di Nino e mi chiedeva di portare altri asciugamani, ma io non potevo muovermi”, ha ricordato Nunzia, la più grande delle sorelle Agostino. Nessuna delle due uscì in strada a vedere chi avesse sparato, ma il fratello Salvatore parlò subito di una motocicletta con due uomini a bordo, “uno scuro, l'altro biondino”, che sfrecciava in direzione Palermo.

Fu la signora Nunzia a vedere il biglietto caduto dal portafoglio di Nino, la sera che suo padre lo scagliò con rabbia contro il muro, nel quale c'era scritto “se mi succede qualcosa, andate a vedere nel mio armadio”. Arrivata a casa del fratello ad Altofonte, Nunzia trovò due uomini che stavano effettuando una perquisizione: “mi fecero riconoscere la calligrafia di mio fratello e poi andarono via”.

È stata più precisa invece Flora Agostino, che la notte stessa dell'assassinio fu portata dalla polizia a casa delle vittime. Qui i poliziotti aprirono l'anta centrale dell'armadio, tirarono fuori qualcosa e “dissero 'abbiamo trovato, ce ne possiamo andare'”. Tra i poliziotti c'era anche Arnaldo La Barbera. Lo stesso che, tempo dopo l'uccisione di Nino, convocò Vincenzo Agostino per chiedergli informazioni sul suo intervento alla trasmissione Samarcanda, alla quale i signori Agostino avrebbero dovuto partecipare con una loro testimonianza sull'assassinio del figlio.

Lo stesso La Barbera che fece domande insistenti anche alla cugina della vittima, Giovanna Analdi, a proposito del fidanzamento di Nino con Lia Aversa. “Mi chiesero se mio fratello avesse avuto altre fidanzate in passato”, ha raccontato Flora Agostino. “Io dissi di ricordarmi di una Francesca, ma loro mi dissero 'Sicura? Non si chiamava forse Lia?'” e la condussero la notte stessa a individuare l'abitazione dell'ex fidanzata di suo fratello.

Interrogata a proposito di eventuali stranezze nei comportamenti di Nino o in fatti insoliti che si verificarono nei giorni immediatamente antecedenti la sua morte, la signora Nunzia ha ricordato che c'era una donna - “non era Lia Aversa, l'avrei riconosciuta” - che telefonava con insistenza a casa dei genitori, chiedendo di Nino e dei suoi orari di rientro: “una volta le dissi di chiamare quando Nino sarebbe stato a casa, ma non telefonò. Mio fratello si arrabbiò molto perché non dovevo dare informazioni di quel tipo a nessuno”. Lo zio Salvatore inoltre, oggi scomparso, aveva parlato di alcune trasferte di Nino a Trapani, dove andava “con una valigetta, camuffato”. Nessuno dei membri della famiglia ancora in vita però ne seppe mai nulla.

Quanto a Guido Paolilli, l'amico di famiglia che in un primo momento si era occupato delle indagini, Nunzia Agostino ha ricordato di una circostanza in cui suo padre Vincenzo alzò la voce proprio contro Paolilli perché non voleva mostrargli dei bigliettini di cui gli aveva parlato e il cui contenuto non sarebbe affatto piaciuto al signor Agostino. “Da quel momento, i miei genitori chiusero i rapporti con lui”. “Paolilli ha fatto intendere che sapeva ciò che c'era scritto in quei fogli”, ha confermato Flora. “Più che confortarci, attingeva notizie da noi”.

Le parti hanno chiesto di inserire nell'elenco dei testimoni anche l'avvocato Vincenzo Gervasi, che si era occupato all'inizio dell'assistenza legale della famiglia Agostino. Nunzia ha raccontato di come Gervasi avesse reagito alla memoria di Carlo Palermo, che per un periodo assistette la signora Nunzia come avvocato, con la quale l'ex pm antimafia si opponeva alla richiesta di archiviazione della Procura di Palermo sull'omicidio Agostino.

Carlo Palermo aveva sospettato già allora - nel 1993 - che, attorno alla scomparsa dell'agente di polizia, ci fosse l'ombra dei Servizi segreti. Gervasi “disse a mio padre di riferirmi che dovevo revocare il mandato difensivo all’avvocato Palermo perché in nessun modo dovevano essere coinvolti i Servizi segreti nell’omicidio di mio fratello. Aggiunse pure, mi disse mio padre, che se io avessi continuato con questa pista con l’avvocato Palermo, a mio fratello gli avrebbero accollato l’omicidio del piccolo Claudio Domino”. 

La Corte si è riservata di decidere, mentre l'udienza è stata rinviata al 15 ottobre, quando verranno ascoltati altri testimoni.