Palermo, arrestato lo chef che spacciava cocaina. Tra i suoi clienti Gianfranco Miccichè: «Non faccio il test antidroga»

L'ARROGANZA POLITICA. L'ex presidente dell'Ars e deputato di Forza Italia andava ad acquistare lo stupefacente in auto blu e lampeggiante. Non è indagato, in quanto solo consumatore di cocaina. 

Palermo, arrestato lo chef che spacciava cocaina. Tra i suoi clienti Gianfranco Miccichè: «Non faccio il test antidroga»

Giovedì scorso, 29 giugno, a Palermo lo chef Mario Di Ferro, titolare del ristorante di Villa Zito in via Libertà, finisce ai domiciliari con l'accusa di essere lo spacciatore di tanti vip. In carcere vanno i due pusher che fornivano lo stupefacente.

 

Già il 4 aprile i poliziotti della squadra mobile avevano fermato in città lo chef mentre forniva una dose di cocaina a Giancarlo Migliorisi, burocrate a contratto dell'Ars, sotto la sua abitazione a Palermo.

 

L'ex presidente dell'Ars e deputato di Forza Italia, Gianfranco Miccichè, andava ad acquistare lo stupefacente in auto blu e lampeggiante. Non è indagato, in quanto solo consumatore di cocaina. 

Di Ferro spiegò agli agenti di non fare questo lavoro ma di essere solo un tramite e di aver fatto un favore ad un conoscente. I Salmone però, i due pusher finiti in carcere, già noti alle forze dell'ordine, sempre per traffico di stupefacenti, sembra che si muovessero nel contesto della famiglia mafiosa di Resuttana.

 

“Ho usato in passato la cocaina e lo dissi, ora non ho nulla da smentire ma no al test antidroga”.
 

Il 29 marzo i deputati dell'Ars si sono sottoposti, a seguito dell'iniziativa lanciata dal vicepresidente vicario della commissione regionale antimafia Ismaele La Vardera, ad un esame tossicologico.

In 36 lo hanno fatto e tra gli assenti c'era proprio Miccichè. “Non ci provo nemmeno a smentire - ha proseguito Miccichè -. Io, da sempre onesto, serio, non ho mai fatto del male a nessuno. Solo un errore, commesso contro me stesso. Invece sono a posto con la coscienza. Non sniffo più, ma il test no. Non devo dimostrare nulla a nessuno”.

 

«Quando ho proposto il test antidroga in Parlamento sono stato sbeffeggiato, criticato, mi hanno accusato persino di becero populismo. Io non gioirò mai delle disavventure altrui, ma caro Miccichè la cosa grave è saper che i fiumi di cocaina che arrivano in città vengono gestiti dalla mafia, e sapere che quella coca “arriva in auto blu con lampeggiante” mi lascia senza parole, provo vergogna. Nella vita bisogna avere il coraggio di assumersi le proprie responsabilità, Gianfranco te lo dico senza troppi giri di parole: dimettiti.» Scrive così sui suoi social l'onorevole La Vardera.

 

E continua: Ho commentato il Miccichè politico e rappresentante delle istituzioni, non giudico la fragilità di chi ha una dipendenza, anzi spero che lo Stato aiuti chi vive le fragilità. Dico solo però che, da uomini dello Stato non possiamo fare passare il messaggio che siamo al di sopra della legge stessa. Nel mio vecchio mestiere vivevo a pane e ordinanze e l'ho letta bene l'ordinanza del magistrato e solo dopo averla letto ho preso posizione.

Secondo l'inchiesta la coca arrivava da ambienti vicini a cosa nostra, tutti sanno che non hai cocaina se non ti rivolgi ad ambienti torbidi.

Sapere che un uomo delle istituzioni avrebbe, da quello che dice l'inchiesta, persino utilizzato un auto dello Stato con lampeggiante, non mi può fare sobbalzare dalla sedia. In qualsiasi altro Paese del mondo avrebbe rimesso il proprio mandato. Ora la domanda è, sono io quello sbagliato? Sono io che ho osato toccare un uomo da sempre definito intoccabile?»

 

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