Pioggia di emendamenti per sbriciolare la Giustizia

Alcuni aprono scenari inquietanti su quel che potrebbe venirne fuori dell'intero sistema giustizia del nostro Paese. Un sistema debole con i forti e forte con i deboli.

Pioggia di emendamenti per sbriciolare la Giustizia

A leggere il contenuto di alcuni emendamenti presentati negli ultimi giorni al testo della riforma dell'ordinamento giudiziario, si ha la sensazione che quello che si sta portando avanti ai danni del sistema giustizia italiano sia un arrembaggio a tutti gli effetti. Confuso e caotico, multiforme e disorganico, quasi impercettibile sotto il rumore delle bombe che arriva dall'Ucraina. 

La riforma dovrebbe essere licenziata con un certa urgenza. Il Premier Draghi ha promesso che non ci sarà voto di fiducia, ma i tempi stringono e la discussione rischia di frammentarsi tra la pioggia di emendamenti e subemendamenti (all'inizio circa 700) presentati nelle ultime ore. Si parla di stop alle porte girevoli tra politica e magistratura, di riforma elettorale del CSM e anche di temi più delicati e divisivi come la separazione delle carriere, le valutazioni professionali, la responsabilità civile dei magistrati. Secondo il CSM, che della riforma ha abbondantemente discusso, l'antidoto proposto dal governo per estirpare il correntismo non avrà gli effetti auspicati. Anzi, potrebbe addirittura peggiorare la situazione esistente favorendo un bipolarismo interno all'organo di autogoverno della magistratura, che andrebbe ad alimentare inevitabilmente spaccature e divisioni ulteriori. 

E i segnali che arrivano dal Parlamento non sono affatto tranquillizzanti. Uno dei deputati più attivi sul fronte giustizia è l'ex forzista (oggi in Azione) Enrico Costa, quello che sotto le insegne di Forza Italia prima e del Pdl poi, si fece relatore di testi di legge come il Legittimo impedimento, il Lodo Alfano o la Legge Bavaglio, che servivano a limitare i poteri costituzionalmente riconosciuti alla magistratura per salvare il capo dal cappio della giustizia. È lo stesso Costa che, nel 2011, chiese all'allora titolare di via Arenula di inviare ispettori ministeriali alla Procura di Napoli che indagava su Silvio Berlusconi. 

La ricetta di Costa per il CSM punta all'indebolimento della figura del magistrato, in particolare del pubblico ministero. “Proponiamo l’introduzione del fascicolo di performance del magistrato in cui siano contenuti tutti i risultati professionali, ivi compresi gli insuccessi, come inchieste flop, arresti ingiusti, rinvii a giudizio superficiali, inerzia nelle indagini, sentenze ribaltate. Prevediamo una pagella per i magistrati con voti da 4 a 10 e solo chi consegue un 8 un 9 o un 10 ha diritto alla progressione di stipendio”.

La finalità dichiarata sarebbe quella di premiare i magistrati più meritevoli, ma con l'introduzione delle pagelle non si fa altro che alimentare la burocratizzazione della figura del magistrato. Sta passando questa idea per cui un pm che smaltisce un fascicolo dopo l'altro, senza trascinarsi dietro procedimenti interminabili, tortuosi e di difficile risoluzione, sia il modello dell'efficienza e della produttività. Magistrati come burocrati, foraggio dato in pasto al sistema per ingrassarne la redditività. Non è bravo chi approfondisce, chi dedica il proprio tempo ad indagini delicate e complesse, ma chi invece riesce a pervenire a una condanna sicura nel giro di pochi mesi. La conseguenza di questo tipo di impostazione sarà che il magistrato, per poter ambire al 10 in pagella, tenderà a scegliere i procedimenti più semplici, quelli di più facile risoluzione.

Il furto di una piccola refurtiva è più facile da dimostrare rispetto alla corruzione di un membro influente della società. Chi riuscirà a nascondere meglio la traccia della propria condotta illecita avrà più probabilità di vedere il proprio fascicolo impolverare sugli scaffali dei pm, tutti dediti invece a prediligere le cause più semplici per aumentare i punti produttività.

Ma torna anche il grande totem della battaglia anti-pm (presente nei quesiti referendari approvati dalla Consulta), che è la separazione delle carriere. Per alcuni, i magistrati dovrebbero poter scegliere già al momento del concorso se optare per la funzione requirente o giudicante. Di conseguenza, avremmo tracce d'esame differenti, due diverse sezioni del CSM, due distinti percorsi di studio alla scuola per la magistratura. Si sventola quella della inseparabilità delle funzioni come fosse uno dei tarli che il sistema giustizia si trascina dietro da decenni.

In realtà, quanto questo sia un falso problema, sbandierato unicamente per creare confusione nel dibattito e foraggiare la discussione anti-magistratura, lo dimostrano i dati: negli ultimi anni, si è registrato il passaggio dalla funzione di pm a quella di giudice solo l'1,7% delle volte; il contrario, solo lo 0,2%. Il rischio di un appiattimento delle decisioni dei giudici sulle tesi dei pm praticamente non esiste. Basti pensare a quante volte le sentenze dei primi non accolgono le richieste dei secondi.
La separazione delle carriere servirebbe quindi solo a rendere la funzione del pubblico ministero più dipendente dal potere esecutivo e meno autonoma. 

E veniamo alla responsabilità civile, altro tema caro a una certa propaganda inquinata sul ruolo dei magistrati. La Consulta ha bocciato il quesito referendario proposto da Lega e Radicali perché non comporterebbe una abrogazione, bensì l'introduzione di una nuova regola che prima non c'era. Ora si tenta di far passare per il Parlamento un provvedimento che inserisca nella riforma dell'ordinamento giudiziario anche la responsabilità civile dei magistrati. Anche questo, un falso problema.

Non è vero infatti che i magistrati godano di qualche speciale immunità e non paghino per gli errori commessi. Ogni magistrato è responsabile sia sul piano penale che su quello disciplinare, come tanti altri professionisti. Il cittadino che ritenga di essere stato ingiustamente danneggiato da una sentenza di un magistrato, può rivalersi su di lui per tramite dello Stato. Perché non direttamente sul magistrato? Perché lo Stato dà più garanzie di risarcire il proprio debito rispetto al patrimonio personale di un giudice.

Ma il principio della responsabilità civile, peraltro non previsto in tanti altri Paesi democratici, rischia di divenire un pericolo per l'affermazione della giustizia. Un magistrato consapevole di dover pagare di tasca propria eventuali condanne, tenderà a prediligere la strada meno impervia e a favorire quegli imputati (soprattutto i più facoltosi e influenti) che vorranno rivalersi personalmente su di lui. Una magistratura debole favorisce il malaffare, la corruzioni, le collusioni tra potere politico e potere criminale.

Alfredo Bazoli, parlamentare del PD, ha invece proposto un emendamento che prevede che i procuratori predispongano “le misure organizzative, al fine di garantire l'efficace e uniforme esercizio dell'azione penale, nell'ambito dei criteri generali indicati dal Parlamento con legge, basate su criteri di priorità trasparenti e predeterminati al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, tenendo conto anche del numero degli affari da trattare e dell'utilizzo efficiente delle risorse disponibili”. Sarà il Parlamento a prendere il controllo dell'azione giudiziaria? Già la riforma Cartabia, nella parte che non è stata toccata dalle modifiche di questa estate, presenta una norma simile, che adesso il PD vorrebbe trasferire anche nella riforma del CSM. 

C'è però qui un grave cortocircuito di cui si dovrebbe quantomeno discutere: se sarà il Parlamento a stilare una lista dei reati da perseguire prioritariamente, il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale che fine farà?
La separazione dei poteri, cardine su cui si costruiscono tutte le democrazie, potrà ritenersi ancora valida?

Il quadro generale che ci arriva in queste settimane sul fronte giustizia è davvero inquietante: dal bavaglio per i procuratori al tentativo di indebolirne autonomia e indipendenza, quel che questo Parlamento spera di fare prima di arrivare alla fine della legislatura è fabbricare una giustizia forte con i deboli e debole con i forti.
L'antidoto ad un sistema giudiziario realmente efficiente è già in circolo. Peccato che nessuno si sia accorto della somministrazione.

 

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