Premio Campiello 2020, i libri in gara

L’ambito premio, uno dei più importanti e più “genuinamente” letterari anche quest’anno si è riconfermato un faro di speranza e di luce autentica nel panorama letterario italiano.

Premio Campiello 2020, i libri in gara
premiocampiello.org

Dopo mesi di incertezze, il post lockdown che tutti ci auguravamo (almeno in ambito culturale) sta lentamente riportando le cose alla normalità, tant’è che si può ben sperare che a settembre/ottobre riprendano dal vivo gli eventi legati al mondo dei libri e della cultura in generale. Uno dei più importanti e attesi riguarda il Premio Campiello, giunto alla 58°edizione: nei giorni scorsi infatti è stata svelata la cinquina in corsa per l’edizione 2020. L’ambito premio, uno dei più importanti e più “genuinamente” letterari (rispetto ad altri premi di eguale o maggiore importanza che da qualche anno a questa parte sembrano essersi assuefatti alle logiche di mercato e all’autore “di grido” del momento), per la scelta dei testi proposti in cinquina si è riconfermato, anche quest'anno, un faro di speranza e di luce autentica nel panorama letterario italiano.

La giuria dei letterati, presieduta quest’anno da Paolo Mieli, ha scelto tra 200 proposte la seguente cinquina: Sommersione (Fazi) di Sandro Frizziero, Con passi giapponesi (Einaudi) di Patrizia Cavalli, Tralummescuro – Ballata per un paese al tramonto (Giunti) di Francesco Guccini, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (minimum fax) di Remo Rapino e infine L’incanto del pesce luna (Bollati Boringhieri) di Ade Zeno

Scopriamo meglio i candidati.

1) Con passi giapponesi di Patrizia Cavalli – Einaudi

In queste pagine, troppo a lungo rimaste inedite per distrazione editoriale dell'autrice, è scritta la storia morale parallela, a rovescio, che ha accompagnato per decenni l'opera di uno dei maggiori poeti contemporanei. Non propriamente narrativa né saggistica, o le due cose insieme, la genialità analitica e visionaria, percettiva e sintattica che qui sorprende il lettore non ha precedenti nella letteratura italiana del Novecento, se non forse nella prosa di Roberto Longhi, Elsa Morante, Goffredo Parise. Si tratta comunque più di parziali affinità che di derivazione: perché in ogni suo capitolo, ognuno a modo suo e con stile diverso, in frammenti autobiografici, parabole aneddotiche, ritratti e microfilosofie dell'amore, dell'invidia o dell'estasi sensoriale, "Con passi giapponesi" ubbidisce a un solo comandamento: «Devo capire». Se la poesia, come ha detto qualcuno, è la sola scienza possibile di quanto nella vita non si dà altra scienza, queste prose di poeta rivelano capacità figurative, speculative e satiriche che nei libri di versi erano comparse solo occasionalmente e soprattutto in poemetti memorabili come La Guardiana, Aria pubblica, La patria, La maestà barbarica. Fin dal primo testo che dà il titolo al volume, chi legge si trova a contemplare un mondo comico-tragico, labirintico fino alla vertigine, in cui entrano in scena passioni senza esito e disperati, coattivi manierismi sociali in cui la vita si dissangua fingendo se stessa." (Alfonso Berardinelli)

Motivazione Giuria dei Letterati. È il primo libro in prosa di una delle più importanti voci poetiche contemporanee; un insieme di sedici brani, di lunghezza variabile, per formare un’opera che lavora sui margini (tra i generi, tra i discorsi, tra gli stili); che usa la poesia per disarticolare la prosa, lavorarla e reinventarne le risorse espressive.

2) Sommersione di Sandro Frizziero – Fazi editore

«In fondo all’Adriatico, a nord, esistono isole filiformi che separano il mare dalla laguna veneta. In una di queste esili terre Sandro Frizziero ha trovato il suo tesoro. Non un forziere di zecchini d’oro, ma qualcosa di infinitamente più prezioso per un romanziere (e dunque anche per noi lettori): uno scrigno di passioni brutali e primarie, di ipocrisia, maldicenza, invidia, avidità; vale a dire, tutti i sinonimi dell’amore malinteso. Conosco l’Isola a cui si è ispirato l’autore, perciò posso apprezzare quanto l’abbia trasfigurata in una sua potente iperbole poetica, facendola diventare uno stemma di malumori e malamori universali. Un posto da cui si riescono a vedere le stelle del cielo, sì, ma solo perché «sono i lumini di un cimitero lontano». Sommersione racconta la giornata decisiva di uno dei suoi abitanti – un vecchio pescatore – forse il più odioso; certamente quello che sa come odiare più e meglio di tutti gli altri: la vicina con il suo cane; la moglie morta; la figlia a cui interessa solo la casa da ereditare; i vecchi preti dementi ricoverati in un ospizio; qualche assassino e qualche prostituta; i devoti di un antico miracolo fasullo, inventato per coprire una scappatella; i bestemmiatori che spesso coincidono con i devoti; i frequentatori della Taverna, unico locale dell’Isola oltre all’American Bar, ma di gran lunga preferibile perché «all’American Bar non c’è ancora un sufficiente livello di disperazione». Su tutto ciò il vecchio pescatore ha rancori da spargere, fatti e fattacci da ricordare; e però gli resta da fare ancora qualcosa che sorprenderà gli abitanti dell’Isola, lettori compresi. Questo romanzo gli dà del tu, perché Frizziero ha il dono dell’intimità con i suoi personaggi, ne è il ritrattista inesorabile. Sotto le sue frasi – o dovrei dire meglio: sotto i suoi precisi e ben dosati colpi di martello – l’umanità resta inchiodata al livello più inerziale dell’esistenza: l’altro nome di quest’Isola, infatti, potrebbe essere Entropia. Una formicolante, disperata, indimenticabile Entropia». Tiziano Scarpa «Non sei più sicuro di niente. Anzi, sai che il diavolo ce l’hai proprio in corpo e con il diavolo ti tocca con¬viverci. Sai che l’inferno è in questa terra, non ci sono dubbi, e l’Isola ne è una sorta di succursale; una filiale dell’Ade per gente di mare».

Motivazione Giuria dei Letterati. Sommersione (Fazi editore) di Sandro Frizziero è una originale vicenda d’invenzione capace di rappresentare i tratti tipici del sottile territorio tra mare e laguna veneta che fa da sfondo alla vicenda. E’ un romanzo molto originale, a partire dalla scelta della seconda persona narrativa che produce una spiazzante identificazione fra la voce che narra e il personaggio decisamente scomodo. 

3) TRALUMMESCURO Ballata per un paese al tramonto di Francesco Guccini – Scrittori Giunti

'Radici' è il titolo di uno dei primi album di Francesco Guccini, e radici è la parola che forse più di tutte rappresenta il cuore della sua ispirazione artistica. Radici sono quelle che lo legano a Pàvana – piccolo paese tra Emilia e Toscana dove sorge il mulino di famiglia, vera Macondo appenninica ormai viva nel cuore dei lettori – e radici sono quelle che sa rintracciare dentro le parole, giocando con le etimologie fra l’italiano e il dialetto, come da sempre ama fare. Oggi Pàvana è ormai quasi disabitata, i tetti delle case non fumano più. È in questo silenzio che il narratore evoca per noi i suoni di un tempo lontano, in cui la montagna era luogo laborioso e vivo, terra dura ma accogliente per chi la sapeva rispettare. Rinascono così personaggi, mestieri, suoni, speranze: gli artigiani all’opera in paese o lungo il fiume, i primi sguardi scambiati con le ragazze in vacanza, i giochi, gli animali e i frutti della terra, un orizzonte piccolo ma proprio per questo aperto all’infinito della fantasia. Tra elegia e ballata, queste pagine sono percorse da una continua ricerca delle parole giuste per nominare ricordi, cose e persone del tempo perduto; la malinconia è sempre temperata dalla capacità di sorridere delle umane cose e dalla precisione con cui vengono rievocati gesti, atmosfere, vite non illustri eppure piene di significato. Francesco Guccini non canta più, ma la sua voce si leva di nuovo per noi, alta, forte, piena di poesia, per consegnarci un’opera che è testamento e testimone da raccogliere, in attesa di una nuova aurora del giorno.

Motivazione Giuria dei Letterati. Sul “confine della sera oscura e silenziosa", quando la luce cede al buio e gli orli del mondo si fanno meno distinti: lì è ambientata l'opera di Francesco Guccini, una singolare narrazione che è insieme romanzo, canto d’addio, rievocazione del perduto e ricerca etnolinguistica. Abolito ogni personaggio tradizionale, sono i luoghi stessi, gli oggetti, i cibi, gli elementi naturali e quelli antropici ad acquisire il ruolo di personae e ad essere rinominati uno ad uno, prima che scompaiano.

4) Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio di Remo Rapino – minimum fax

Liborio Bonfiglio è una cocciamatte, il pazzo che tutti scherniscono e che si aggira strambo e irregolare sui lastroni di basalto di un paese che non viene mai nominato. Eppure nella sua voce sgarbugliata il Novecento torna a sfilare davanti ai nostri occhi con il ritmo travolgente e festoso di una processione con banda musicale al seguito. Perché tutto in Liborio si fa racconto, parola, capriola e ricordo: la scuola, l'apprendistato in una barberia, le case chiuse, la guerra e la Resistenza, il lavoro in fabbrica, il sindacato, il manicomio, la solitudine della vecchiaia. A popolare la sua memoria, una galleria di personaggi indimenticabili: il maestro Romeo Cianfarra, donn'Assunta la maitressa, l'amore di gioventù Teresa Giordani, gli amici operai della Ducati, il dottore Alvise Mattolini, Teté e la Sordicchia... Dal 1926, anno in cui viene al mondo, al 2010, anno in cui si appresta a uscire di scena, Liborio celebrerà, in una cronaca esilarante e malinconica di fallimenti e rivincite, il carnevale di questo secolo, i suoi segni neri, ma anche tutta la sua follia e il suo coraggio. Attraverso il miracolo di una lingua imprevedibile, storta e circolare, a metà tra tradizione e funambolismo, Remo Rapino ha scritto un romanzo che diverte e commuove, e pulsa in ogni rigo di una fragile ma ostinata umanità, quella che soltanto un matto come Liborio, vissuto ai margini, tra tanti sogni andati al macero e parole perdute, poteva conservare.

Motivazione Giuria dei Letterati. Liborio Bonfiglio, protagonista dello stralunato romanzo di Remo Rapino, è una via di mezzo tra il classico scemo del villaggio e il pazzo illuminato, che in un linguaggio che pesca direttamente ma sapientemente nei modi più spontanei e sdruciti del parlato, ripercorre la propria vita e con essa un pezzo di storia italiana ben noto al lettore, ma osservato attraverso una lente deformante.

5) L’incanto del pesce luna di Ade Zeno – Bollati Boringhieri

Gonzalo fa un mestiere insolito. Impiegato come cerimoniere presso la Società per la Cremazione di una grande città, si occupa di organizzare e presiedere funerali laici nella Sala del Commiato dell’antico Cimitero Monumentale. Nel corso dei dodici anni passati al Tempio Crematorio gestisce con passione e professionalità migliaia di riti funebri. È sposato con Gloria, conosciuta fra i banchi universitari, e ha una figlia, l’adoratissima Inés, che all’età di otto anni cade in uno stato di coma profondo a causa di una misteriosa malattia. Confinato fra le mura di una stanza d’ospedale, il destino di Inés è appeso a un filo. Tra padre e figlia si instaura un dialogo silenzioso, fatto di presenza e di musiche ascoltate insieme. Tra queste, le canzoni e il tip tap di Gene Kelly, l’unico in grado di indurre sulle palpebre di Inés quello che sembra un accenno di vitalità. La speranza, sempre più labile, di trovare una cura in grado di svegliarla, un giorno viene inaspettatamente riaccesa da Malaguti, uomo equivoco e affascinante che propone a Gonzalo di lavorare per lui, o meglio per la sua anziana padrona. In cambio della promessa di ricoverare Inés in una clinica esclusiva, Gonzalo abbandona la vecchia occupazione per passare alle dipendenze della Signorina Marisòl. Capostipite di una potente famiglia, la donna vive in una grande villa in collina, senza mai uscire dalla sua camera da letto. Il suo aspetto è quello di una nonnina decrepita, ma una volta alla settimana la sua natura mostruosa le impone di divorare carne umana. Ormai troppo debole per procacciarsi cibo da sola, ha bisogno di un assistente in grado di cercare e condurre da lei le vittime sacrificali. L’impresa non è semplice, gli ostacoli sono molti, e Gonzalo dovrà fare i conti non soltanto con il desiderio di salvare la figlia, ma anche con il bisogno di redimersi. E sarà proprio l’anziana Marisòl ad aprirgli gli occhi, insinuando il dubbio che anche lui sia un mostro come lei, come tanti, e come tutti illuso che i semi della mostruosità dimorino sempre altrove. L’incanto del pesce luna è un romanzo di una forza visionaria fuori dal comune. Ha il cinismo più feroce, ed è al contempo gravido di delicatezza e commozione. Ade Zeno, tra i migliori narratori italiani della sua generazione, ha scritto un libro spericolato e malinconico sul confine tra ciò che conosciamo e ciò che ci spaventa. Tra quelli che sono i morti ancora vivi, e i vivi che hanno smesso di esserlo da un po’. Tra i mostri che escono allo scoperto, e quelli che dicono di essere normali.

Motivazione Giuria dei Letterati. L’incanto del pesce luna è un libro sospeso tra realtà e follia, tra una ferocesatira del mondo in cui viviamo e la sua distorsione in un fantastico al tempo stesso estremo e plausibile. Una continua meditazione sulla morte, che aleggia su tutto in forme grottesche e allucinate, ma anche un’ostinata e disperata fiducia nella vita, nella possibilità di sopravvivere e di lasciare spazio alla tenerezza, alla comprensione, all’amore per le cose e le persone più care.

Il vincitore (o la vincitrice) sarà scelto dalla giuria popolare e proclamato/a nel mese di settembre. Durante la conferenza stampa di presentazione della cinquina è stato annunciato anche il vincitore del Premio Campiello Opera Prima, assegnato a Veronica Galletta con Le isole di Norman (Italo Svevo Editore).