«Pretendiamo la sicurezza per i lavoratori»

La denuncia del sindacato: «le aziende usano escamotage per rientrare tra quelle strategiche essenziali. Ora attendiamo, per evitare conseguenze ancora più gravi, le risposte da parte delle prefetture molisane»

«Pretendiamo la sicurezza per i lavoratori»

«Chiediamo di conoscere le aziende che hanno fatto richiesta di riavvio delle attività produttive, rientranti in quelle definite di essenziale utilità del settore metalmeccanico previste dal DPCM del 22 marzo 2020». Poche parole indirizzate alle due prefetture molisane (Campobasso e Isernia), scritte dal segretario generale della Fiom Cgil Molise, Giuseppe Tarantino, sul nuovo versante che si sta aprendo tra i lavoratori. Alcune aziende, chiuse per decreto fino al prossimo 13 aprile, hanno deciso di aprire. Ma cosa producono? Ci troviamo di fronte a beni di prima necessità? È necessario, in piena emergenza, mettere in pericolo la sicurezza dei lavoratori e delle comunità? Resta una sola certezza: i lavoratori non si sentono tutelati.

 

«Le aziende – ha spiegato Tarantino – stanno presentando alle prefetture delle richieste, dichiarando che rientrano nelle aziende strategiche essenziali o si fanno dare la certificazione dal cliente, per produrre. Ma è un escamotage».

Ma cosa dice il decreto? «Io azienda – continua il segretario della Fiom – faccio richiesta al prefetto, se non mi risponde posso lavorare, per tacito assenso. Se ricevo il diniego non posso lavorare. Allego tutta la documentazione o mi faccio fare una autocertificazione dal cliente».

Ma quante aziende sono? «Non lo sappiamo. Come non sappiamo se si fanno i controlli. Diverse aziende sono ripartite, già dalla settimana scorsa, e qualcun’altra partirà. Noi, come sindacato, non conosciamo le entità delle richieste, non sappiamo se sono stati fatti i controlli e non veniamo coinvolti. Il tutto si traduce in un sacrificio di venti giorni, ma è inutile. Non sappiamo nemmeno se vengono adottati i dispositivi di protezione».

Ma ne vale la pena? «Così non si risolve la pandemia. Ci vorranno più soldi e continuiamo a rischiare. Nel bergamasco e nel bresciano ci sono stati tutti quei morti perché le aziende non hanno chiuso. È tutta una contraddizione. Se vogliamo uscire da questa situazione dobbiamo essere più rigidi, senza dimenticare che abbiamo il problema di una sanità pubblica carente».

 

Sull’argomento è intervenuto anche l’esponente regionale dei 5 stelle, il deputato Antonio Federico: «bisogna monitorare al meglio tutte le aziende, che in seguito alle disposizioni del Governo, hanno dovuto chiudere i battenti in questa fase d’emergenza in quanto non rientravano tra le attività essenziali, che per questo hanno chiesto la cassa integrazione per i propri dipendenti e che poi hanno riaperto con altre finalità produttive. Un’attività pienamente legittima, ma che va monitorata per tutelare la saluta pubblica e riuscire a non disperdere risorse economiche in periodo d’emergenza. È fondamentale verificare tutte le richieste di modifica dei codici Ateco che determinano la classificazione delle aziende per ciascun settore».