SILENZIO!
INUTILI COMMEMORAZIONI. Le persone vanno salvate quando sono vive. Non serve a niente commemorarle dopo la loro morte. Non serve a niente riempirci la bocca con parole vuote. Questo strano Paese non ha bisogno di “eroi”. Falcone, Borsellino, Impastato, Siani, don Peppe Diana, Chinnici, Ambrosoli, don Pino Puglisi (e tantissimi altri) non erano degli “eroi”. Erano semplicemente persone normali che facevano bene il proprio mestiere. Nel Paese “senza memoria” ci si dimentica del passato. E si compiono sempre gli stessi errori ed orrori.
Viviamo in un Paese strano. Il Paese dei “misteri” irrisolti. Altra parola inutile. Sì, irrisolti. Ma i misteri non sono poi così tanto misteriosi. Conosciamo la feccia che in questi anni ha insanguinato questo Paese.
Dalla strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947) in poi. Sino ad oggi.
C’è sempre lo stesso fil rouge, impregnato di sangue, che lega tutti gli episodi politico-criminali che hanno attraversato la nostra storia.
Noi siamo il Paese senza memoria. E un Paese senza memoria, come diceva il poeta (che non è stato massacrato da un ragazzino di 17 anni ma dalle stesse “menti raffinatissime” che hanno impunemente massacrato innocenti), è un Paese senza storia.
Abbiamo sempre avuto questo problema. Abbiamo sempre preferito di curare i nostri fatti privati. Abbiamo sempre girato la testa dall’altra parte. È successo, in ogni situazione.
Dopo ogni omicidio, dopo ogni strage. Facciamo finta di commuoverci. Poi passata quella mezz’ora, resa falsa dal nostro menefreghismo, riprendiamo a vivere come prima. Peggio di prima.
Siamo molto bravi a commemorare. A partecipare alle fiaccolate, alle manifestazioni. A urlare: “Mai più!”. Inutilmente.
Le commemorazioni non bastano più nel Paese delle stragi di Stato. Il sangue innocente non lo possiamo cancellare con poche ore di falso impegno.
Le persone vanno salvate quando sono vive. Non serve a niente commemorarle dopo la loro morte. Non serve a niente riempirci la bocca con parole vuote.
Falcone è stato massacrato in vita. I bravi cittadini si lamentavano delle sirene. Pure le firme raccolsero per “cacciare” Falcone dalla sua abitazione. In vita è stato denigrato, offeso, attaccato. Dai “Palazzi” e dalle “televisioni”. Dai colleghi e dai prezzolati, che si vendono per poco. Pure il fallito attentato all’Addaura. Se l’era fatto da solo, dissero, per la notorietà. La macchina del fango è vecchia come il mondo.
Poi è toccato a Borsellino. Anche a lui hanno riservato un "bel trattamento".
Prima di loro è toccato ad altri: a Peppino Impastato (“un terrorista”), a don Peppe Diana (“se la faceva con le donne dei camorristi”), a Pier Paolo Pasolini (“un pederasta”, “un frocio”). E non sono gli unici.
Abbiamo girato la testa dall’altra parte. Ecco perché tutti questi “eroi” (parole usate a vanvera) sono stati ammazzati. Prima isolati e poi colpiti senza pietà.
Perché noi non siamo stati attenti, non siamo stati presenti.
Non li abbiamo difesi in vita.
Abbiamo atteso la loro morte per ritenerli credibili.
Abbiamo fatto schifo.
E non abbiamo nemmeno imparato la lezione. Continuiamo a riempirci la bocca di false parole, di inutili proclami.
Appendiamo le bandiere, ci mettiamo la maglietta commemorativa.
Ci facciamo i selfie in via D’Amelio, sul tratto autostradale dove i mafiosi hanno posizionato il tritolo per eliminare un “genio” (ecco la parola giusta) della magistratura italiana.
Pensiamo di lavare così la nostra sporca coscienza.
Ma continuiamo a votare – “il nodo è politico”, amava ripetere Paolo Borsellino – i peggiori: abbiamo aperto le nostre Istituzioni ai mafiosi e ai loro sodali. Ai loro complici.
Andreotti, Berlusconi, Dell’Utri, Cosentino, Cesaro. Alcuni esempi per dire che non ce ne frega niente della lotta alle mafie.
Ci sono le sentenze che disegnano un quadro sconcertante. Come quella sulla scellerata Trattativa Stato-mafia. Ma chi l’ha letta? Chi ne vuole parlare?
Sappiamo che un Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, pagava Cosa nostra. Anche dopo le stragi, quando il sangue degli “eroi” era ancora caldo.
E continuiamo a dare credito politico a questa gentaglia.
Bisogna cambiare registro. Non basta più voltare “pagina”. Bisogna chiuderlo il libro della vergogna. E aprirne uno nuovo. Scriverne uno, tutto nuovo. Ovviamente non dimenticando i responsabili, le “menti raffinatissime” che, ancora oggi, sono presenti negli ingranaggi della nostra Repubblica.
Personaggi ben posizionati per controllare le nostre vite.
Ci sono ancora uomini di Contrada, ad esempio. Di quei vergognosi Servizi Segreti che troviamo in ogni situazione. In ogni omicidio. In ogni strage.
Veri e propri sistemi criminali che si occupano di occulte strategie, di vergognose nomine. Ai vertici delle Istituzioni. Per controllare, per gestire, per comandare.
Alla faccia di quelli che chiamano "eroi". Ecco come si commemorano i morti ammazzati!
Possiamo cambiare. E possiamo iniziare a farlo con le persone vive. Posizionarci dalla loro parte. Senza se e senza ma. Senza difendere, per partito preso, personaggi delle Istituzioni che non hanno fatto il proprio dovere. Non serve il “tifo”. Serve cercare le responsabilità.
Oggi abbiamo un magistrato, vivo, che rischia ogni giorno la sua vita. Questo magistrato si chiama Nino Di Matteo.
Nel “Paese senza memoria”, questo Pm, sta respirando la stessa aria degli anni Novanta, respirata dai tanto acclamati Falcone e Borsellino.
Sta subendo lo stesso massacro.
Lo abbiamo già dimenticato. Le sue parole forti, disarmanti, potenti (dette in una trasmissione televisiva, come faceva Falcone) non hanno creato un serio dibattito. Lo sdegno dei benpensanti, falsi filosofi viziati, ha scientificamente spostato l’attenzione su cose inutili. Sul presentatore. Sul programma. Ma Di Matteo è stato chiaro.
“Qualcuno” ha storto il naso, “qualcuno” ha ordinato, “qualcuno” ha prontamente ubbidito. È già capitato in passato. Sta capitando ancora.
Gratteri non viene nominato ministro perché “qualcuno” ha storto il naso, "qualcuno" ha ordinato, “qualcuno” ha ubbidito. Senza profferir parola.
E nel silenzio di tutti si bruciano le conversazioni telefoniche tra un Presidente della Repubblica e un tizio preoccupato da certe rivelazioni sulla Trattativa Stato-mafia.
Questo strano Paese non ha bisogno di “eroi”.
«Sventurata la terra che ha bisogno di eroi», scriveva Brecht.
Falcone, Borsellino, Impastato, Siani, don Peppe Diana, Chinnici, Ambrosoli, don Pino Puglisi (e tantissimi altri) non erano degli “eroi”. Erano semplicemente persone normali che facevano bene il proprio mestiere.
Ma è pronto questo Paese a difendere le persone perbene? In attesa del vero cambiamento morale, almeno, si resti in Silenzio!