«A riveder le stelle»

L’opera di Aldo Cazzullo, inviato ed editorialista del Corriere della Sera, nella sua ultima opera “A riveder le stelle”, Mondadori edizioni, ricompone attraverso un viaggio straordinario, il peregrinare di Dante Alighieri nell’aldilà, nel regno dei morti.

«A riveder le stelle»

L’autore, che definisce Dante come il poeta che inventò l’Italia, “terra unita dalla cultura e dalla  bellezza, destinata ad un ruolo universale, perché raccoglie l’eredità dell’impero romano e del  mondo classico (…) L’Italia non nasce da una guerra  o dalla diplomazia, ma nasce dai versi di Dante".

Ed  ecco che i versi di Dante irrompono, quasi a rimarcare la profondità, dettata dai personaggi e dai luoghi incontrati nel suo andare immaginario, attraverso il luogo del dolore e dell’Eternità. Dante, dice Cazzullo, è colui che contrariamente alla precarietà delle cose terrene,  gli amori, le amicizie, le relazioni fragili, sempre in bilico rispetto all’evolversi dei momenti individuali e collettivi, ci pone davanti all’eternità dell’Inferno, alla eternità della condizione delle anime.

Spunti filosofici, mitologici ed etici affollano le pagine di questa opera meravigliosa, che riporta i tanti personaggi incontrati dal Sommo Poeta, come emblema delle debolezze umane che si sono ripetute nella storia.

Ricorda Francesca da Rimini, che poi di  Rimini non era , ma “Francesca proveniva dal Po (..) figlia della famiglia regnante, i Da Polenta. Rimini è invece la città di Gianciotto Malatesta, il primo colpevole di femminicidio più celebre della storia”.  Questo delitto, avvenuto attorno al 1283, quando Dante aveva diciotto anni, aveva destato grande sconcerto a Firenze. Francesca pare fosse stata ingannata, secondo Boccaccio, perché avrebbe dovuto sposare Paolo, fratello di Gianciotto. Ma è solo leggenda, visto che Paolo era  già sposato.

La vicenda di Paolo e Francesca non è solo cronaca, ma è la storia dell’intera umanità che può ritrovarsi davanti allo smarrimento nell’atto di inseguire un amore impossibile.

Anche se Dante pone gli innamorati tra i lussuriosi, la pietà, l’affetto del poeta fanno del V canto dell’Inferno il più bello forse di tutta la Divina Commedia.

Descrizioni dei paesaggi, delle bellezze naturali, delle peculiarità della nostra bella Italia, fanno da sfondo al narrare che diventa vicino all’attualità, ai fatti politici e alla decadenza morale dell’attuale sistema politico che fanno da eco alle dissertazioni di Dante che diventano vere e proprie “invettive” contro la corruzione della sua Firenze. La stessa che lo aveva voluto esule, lontano dagli affetti e dal suo impegno politico.

Denuncia i politici corrotti, i Papi simoniaci, i banchieri ladri, gli usurai e tutti quelli che antepongono l’interesse privato a quello pubblico.

Dante incontra Ulisse, e,  come Madame Bovary di Flaubert, diventa egli  stesso Ulisse, che insegue “virtù e canoscenza” il conte Ugolino, e ricorda i suoi quattro figli che ha costretto a privazioni per il suo esilio, ma anche,  meno noti Farinata degli Uberti, Brunetto Latini e tanti altri.

Incontra Maometto e fa arrabbiare i musulmani, anticipando Stephen King e ispirando Fernando Pessoa.

Ma tutta l’umanità, come Dante ha la capacità di resistere e rinascere dopo le sventure, le guerre, le epidemie. L’uomo attende, come Dante, di “riveder le stelle”.

Un libro che riesce a dare lo spessore dell’opera di Dante, il poeta che ha scritto un capolavoro sulla storia dell’umanità e sulla nascita dell’identità nazionale.

 

 

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