Autostrade abruzzesi, il problema è il traffico?

ESCLUSIVA: PARLA UNA FONTE INTERNA. I sequestri del gip di Avellino dei mesi scorsi, sulle autostrade abruzzesi, pongono dubbi e interrogativi. Ma per la politica e l’opinione pubblica l’unico problema sembra essere il traffico.

Autostrade abruzzesi, il problema è il traffico?
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«Il problema è il traffico», si potrebbe ricorrere a una citazione cinematografica per quanto accaduto in Abruzzo  in questi mesi. Incubo code, incubo autostrade, incubo smog, incubo su incubo.

Sindaci pronti a tempestare di lettere e telefonate il gip di Avellino: un coro dell’arco costituzionale, dalla destra – arrivata a sostenere che la sicurezza è importante ma anche il gip deve capire - a pezzi del centrosinistra (si fa per dire, ovviamente) arrivati a descrivere scenari post apocalittici, devastanti. Se fosse arrivato in Abruzzo un marziano o un turista da paesi lontani davanti a queste «cronache» poteva solo pensare "poveri abruzzesi, sono ostaggio di cattivi che si stanno divertendo alle loro spalle".

Siccome non ci interessa la propaganda ma solo atti e fatti, proviamo un attimo a ripercorrere la vicenda leggendo quanto disposto nel tempo dai giudici di Avellino, da cui tutto è iniziato. Abbiamo contattato la società per avere la loro versione e cercare di fornire ai nostri lettori l’informazione più ampia e corretta possibile. Al nostro secondo tentativo una fonte vicina ad Autostrade ci ha rilasciato alcune dichiarazioni.

Partiamo dal 28 luglio 2013 quando, nello schianto di un bus sul viadotto Acqualonga della A16 nei pressi di Monteforte Irpino, morirono 40 persone.

Le indagini portarono ad un processo in cui furono coinvolti anche dirigenti di Autostrade per l’Italia. Secondo una relazione tecnica dei consulenti della Procura di Avellino le barriere di protezione non avrebbero fermato il bus per «lo stato di degrado dei tirafondi» e non ci sarebbe stata «alcuna attività di controllo né tantomeno di manutenzione». Pesanti accuse a cui la società ha replicato durante il processo.

L’11 gennaio dell’anno scorso la sentenza di primo grado ha assolto i dirigenti di Autostrade per l’Italia e disposto alcune condanne per alcuni dipendenti della società. Ma intanto è iniziato il ramo anche abruzzese della vicenda con alcuni provvedimenti di sequestro che hanno coinvolto altre regioni tra cui l’Abruzzo, dove i sequestri hanno interessato soprattutto il tratto autostradale della Provincia di Teramo. Secondo l’ordinanza di sequestro del gip di Avellino dopo l’incidente del 2013, da cui è partita l’inchiesta della Procura, ASPI sostituì in tutta Italia gli ancoraggi con barre filettate fissate con malta cementizia, «compromettendo notevolmente la capacità di contenimento delle barriere in caso di urto con veicolo pesante» (citiamo testualmente dall’ordinanza), secondo un tecnico del ministero meno costosi. Tra il 2018 e il 2019 ci furono pareri negativi alle richieste del concessionario di omologazione perché non darebbero un’adeguata sicurezza; nel luglio del 2019 il Ministero dei Trasporti ordinò di sostituirle. La fonte vicina ad Autostrade ci ha sottolineato che queste contestazioni ci furono «in una prima fase» e che il nuovo amministratore delegato e il «nuovo corso aziendale» prevedono la sostituzione di «barriere e ganci sull’A16 e l’A14  seguendo anche le indicazioni della struttura tecnica del Ministero».

In uno dei primi dispositivi del Gip di Avellino viene scritto addirittura il sequestro è «l’unica soluzione al momento concretamente praticabile per evitare il protrarsi di una condizione di insicurezza nella circolazione stradale idonea a cagionare, anche sull’A14, un evento disastroso di proporzioni analoghe a quello verificatosi in data 28.7.2013 lungo il viadotto Acqualonga dell’Autostrada A16 in seguito al quale alcun efficace dispositivo di controllo è stato predisposto da Autostrade per tutelare l’incolumità degli utenti della strada nemmeno dopo il precedente decreto di sequestro preventivo del 30.4.2019». La fonte ha precisato che il «nuovo corso aziendale» ha optato per le sostituzioni, anche per superare questa «fase di stallo».

 «La sistematica presentazione – scrive il giudice per le indagini preliminari in una delle ordinanze di rigetto del dissequestro  – a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, di istanze di dissequestro parziale per ottenere l’autorizzazione alla modifica delle modalità di cantierizzazione già concordate con i competenti uffici ministeriali, sta purtroppo determinando un ingiustificato rallentamento degli interventi di sostituzione delle barriere laterali in sequestro». La fonte vicina ad Autostrade ha sottolineato che queste istanze erano legate alla volontà di sostituzione del «nuovo corso aziendale» in quanto i sequestri non permettevano l’ingresso e i rilievi dei tecnici per portare avanti i progetti di sostituzione. La società aveva già presentato progetti definitivi approvati dal Ministero ma senza i dissequestri (alcuni già avvenuti nel frattempo nelle Marche) non sarebbe stato possibile passare ai progetti esecutivi.

Il gip ha iniziato ad accogliere le prime istanze di dissequestro presentate dalla società: il 30 gennaio il primo accoglimento con il viadotto Cerrano che è stato riaperto alla circolazione, tranne che per i trasporti eccezionali e di merci pericolose e, in più, con obbligo di distanza di sicurezza di almeno 100 metri tra mezzi pesanti, limite di velocità a 60 chilometri orari per i veicoli leggeri e a 40 per quelli pesanti, per cui è stato disposto anche il divieto assoluto di sorpasso; nel mese di febbraio altri dissequestri sono stati disposti mentre Autostrade per l’Italia ha disposto un lungo elenco di chiusure programmate per manutenzioni e controlli ordinari e straordinari anche sul tratto in Provincia di Chieti e su altri. Chiusure, ha sottolineato la fonte, dovute ad approfondimenti insieme all’Istituto Italiano della Saldatura suggerito dal MIT per approfondimenti sulle cerniere e ad approfondimenti sulle gallerie.

Sul viadotto Cerrano, tra i caselli di Pescara nord e Pineto, intanto un nuovo caso è scoppiato a metà gennaio: in uno dei dispositivi del gip di Avellino si legge che «le stampelle con cui è stato costruito il viadotto hanno subito spostamenti tali da rendere le superfici contrapposte, in corrispondenza della mezzeria, schiacciate l’una sull’altra e in corrispondenza delle pile sono presenti degli spostamenti in profondità dell’ordine di 7 centimetri». Rilievi a cui Autostrade per l’Italia ha risposto dichiarando che lo spostamento non ha interessato le pile del viadotto ma il terreno e c’è un monitoraggio costante che finora non avrebbe mai «alcun tipo di movimento significativo» dal 2016, fino al 2018. Successivamente, ha riportato in una nota ufficiale Autostrade per l’Italia, i sensori installati «non hanno mai rilevato alcun tipo di movimento significativo». La fonte ha affermato che il monitoraggio è il più ampio possibile e ci sono piani di emergenza per ogni eventualità predisposti insieme a prefetti, sindaci e altri enti, anche perché il ministero ha chiesto di allargare la zona monitorata ed installare ulteriori sensori. 

Per ora quindi non ci sarebbe pericolo imminente. Una situazione che, sotto certi aspetti, ricorda quanto accade sotto un viadotto a Vasto: lo stato attuale non sembra destare alcuna preoccupazione nell’amministrazione comunale che non ha previsto ulteriori interventi, ma – come abbiamo potuto personalmente vedere – la strada mostra un abbassamento visibile ad occhio nudo. Autostrade per l’Italia, dopo un incendio di una discarica abusiva, ha aperto un imponente cantiere di consolidamento di tutti i piloni presenti.