Il revenge porn e le orrende perversioni che corrono sempre più nella rete

Foto e video, rubati, ottenuti con violenza, disprezzo e disumanità, che vengono fatte circolare su svariate chat o su siti web. Anche in queste ultime settimane riporta notizie di un orrore infinito di denunce e inchieste per «revenge porn», tornata sotto i riflettori della cronaca dopo la terribile vicenda della maestra di Torino licenziata dopo la diffusione di sue immagini.

Il revenge porn e le orrende perversioni che corrono sempre più nella rete
copertina pagina facebook dell'associazione «Tiziana Cantone per le altre»

La terribile vicenda di una maestra di Torino ha riportato per alcuni giorni sotto i riflettori una delle pieghe e piaghe peggiori dei social. L’insegnante aveva inviato alcune sue foto intime al fidanzato che le ha inoltrate alla chat whatsapp degli amici del calcetto. Le immagini hanno così iniziato a rimbalzare di cellulare in cellulare e sono state viste dalla madre di uno dei suoi alunni che, a sua volta, le ha mostrate alla direttrice dell’istituto scolastico. Che ha deciso di licenziare in tronco l’insegnante.

Licenziamento contestato e finito davanti ai giudici. Ma, al di là dell’aspetto giudiziario, ci sono altri aspetti di questa vicenda che dovrebbero indurre profonde riflessioni: una concezione del corpo e della sessualità femminile (in)degna della peggior inquisizione di altri secoli a quanto accade sui social all'assurda «colpevolizzazione» della maestra.

Nel Paese in cui troppe volte anche dopo uno stupro viene additata e accusata la vittima e non il carnefice, secondo un'indagine ISTAT di un anno fa secondo un italiano su quattro la violenza contro le donne è colpa delle donne stesse e di come si vestono.  

Un'altra vicenda che grida giustizia e umanità viene dalla provincia teramana. Giulia aveva una vita davanti, piena di sogni per il futuro spezzati improvvisamente una notte di cinque anni quando fu trovata morta sotto un cavalcavia autostradale.

In questi anni tormentati, certezza assoluta su cosa accadde quella notte non c’è mai stata ma un altro terribile baratro si è aggiunto: un’inchiesta contro la pedopornografia. Giulia avrebbe accettato di inviare alcune sue foto intime ad un altro ragazzo, finite insieme a foto di altre ragazze in alcune chat. All’epoca dei fatti lei, così come le altre vittime, erano minorenni.

Foto e video inviate sulla fiducia ad amici o fidanzati, diventate poi arma di ricatto, denigrazione, squallide ritorsioni e che finiscono nelle chat e negli scambi online peggiori possibili. Si alimentano così crimini brutali come il revenge porn, termine in realtà fuorviante perché non può essere considerata una punizione il diffondere foto e video perché – come accaduto in molti casi – una ragazza ha scelto, nella sua totale sacra e inviolabile libertà di interrompere un fidanzamento.

Nessuna donna è proprietà di un uomo e, quindi, non esiste la remota possibilità di poter parlare di punizioni o colpe. Sono concetti così elementari che non ci dovrebbe neanche esser bisogno di affermare in maniera esplicita e se dobbiamo ribadirlo già si comprende in quale abisso sta sprofondando la società.

La legge 69/2019, nota come «Codice Rosso», comprende anche specifiche norme penali contro il revenge porn, una legge nata anche dopo l’attenzione mediatica e la forte indignazione suscitati dalla vicenda di Tiziana Cantone e dalla sua morte dopo esserne rimasta vittima.

La madre Maria Teresa Giglio ha fondato l’associazione «Tiziana Cantone per le altre» che nel ricordo della ragazza s’impegna a denunciare e battersi contro il revenge porn. Sulla bacheca facebook dell’associazione trovano spazio notizie di tantissimi casi di donne che ne sono rimaste vittime, basta scorrere anche solo alcuni post per vedere documentato quanto questa «pratica» disumana e criminale sia diffusa: «Revenge porn, su instagram filmati intimi di una giovane napoletana. Aperta un’inchiesta», «Foto intime sui social: ragazzine ricattate. I pm: tenute in ostaggio dagli ex fidanzati» sono solo due titoli che descrivono quanto accade, più di qualsiasi commento.

Il 2 novembre la Polizia Postale di Trapani e Palermo ha eseguito alcune perquisizioni nei confronti di 3 individui, indagati per la diffusione di foto e video con «materiale sessualmente esplicito senza il consenso delle persone coinvolte ed altri reati in danno di almeno sei giovani donne». Le indagini, rende noto la Polizia di Stato, «sono state avviate dopo la denuncia delle donne avvisate da un amico comune che, dopo un servizio televisivo della trasmissione Le Iene, si era accorto della presenza delle immagini che le riguardavano su un sito pornografico. Nel corso delle perquisizioni gli agenti hanno sequestrato diverso materiale informatico come computer, smartphone, tablet in cui potrebbero esserci ulteriori riscontri alle accuse anche nei confronti di altre vittime».

Il 26 ottobre il Garante per la protezione dei dati personali ha reso noto l’apertura di un’istruttoria nei confronti di Telegram per la condivisione di foto e video di donne, «spogliate» tramite un software che ricostruisce l’aspetto fisico sotto gli indumenti disponibile sui social, utilizzando «deep fake». Le piattaforme di messaggistica online sono il luogo di scambio e condivisione che hanno preso piede da diversi anni per la diffusione di video e foto illecite, reati aumentati con la facilità concessa appunto dalle piattaforme. Arrivando così all’esplosione del revenge porn e della pedopornografia.

La presenza dei server al di fuori dell’Italia in alcuni casi rende anche più lunghe e laboriose le indagini e, soprattutto, la chiusura di chat e canali i cui utenti criminali spesso, dopo la chiusura di una chat, migrano altrove continuando a perpretare i loro crimini dove finiscono anche minorenni di ogni età, vittime delle peggiori e più atroci perversioni. Vantandosi della loro stessa perversione, convinti nella loro arroganza sconfinata che tutto gli sia concesso in quanto considerano le donne, le bambine e i bambini nelle foto oggetti di cui disporre totalmente.

Come accaduto in una chat telegram documentata da un’inchiesta di Davide Falcioni su Fanpage.it nel luglio scorso, ad un utente che contestava lo scambio di foto di minorenni è stato risposto «Sei un moralista. Qui siamo tutti pedofili e pervertiti, hai sbagliato gruppo».

Un altro utente ha scritto che metteva a disposizione «foto fatte di nascosto» alla sorella, alla cugina e alla madre, un altro ancora foto «spy di alta qualità» della fidanzata, molte le richieste di video di stupri, di minorenni e bambini.

Tra i messaggi c’è chi è arrivato a scrivere che «questa società ha permesso fin troppo a queste donne di allargarsi, fino a dieci anni fa per una parola sbagliata finiva in femminicidio per direttissima», femminicidio considerato «una forma d’arte». Qualcuno ha scritto che cercava foto di Tiziana Cantone, ad un altro utente che ha chiesto «non vi fa un po’ schifo sapere che delle ragazze potrebbero uccidersi per colpa vostra?» è arrivata – denuncia Falcioni nell’articolo - «una selva di no».