Gli anni Ottanta sono stati anni di lotta antimafia e impegno politico

Ripercorriamo con Umberto Santino, fondatore del Centro Siciliano di Documentazione Giuseppe Impastato, gli anni successivi all’assassinio di Peppino e le lotte politiche e sociali che l’hanno attraversato.

Gli anni Ottanta sono stati anni di lotta antimafia e impegno politico
Umberto Santino, manifestazione nazionale a Cinisi, 9 maggio 1979

Peppino Impastato più negli anni è diventato sempre un punto di riferimento dell’antimafia sociale della militanza politica e sociale per denunciare le ingiustizie, le oppressioni e costruire un avvenire migliore. L’impegno per ottenere giustizia per il suo assassinio, i depistaggi e gli intrecci politico-mafiosi hanno visto la sua famiglia, con la madre Felicia e il fratello Giovanni, i suoi compagni e il Centro Siciliano di Documentazione Giuseppe Impastato Onlus. La prima grande manifestazione antimafia a Cinisi un anno dopo l’assassinio di Peppino è stata una delle tappe fondamentali per una intensa stagione di lotte e militanze che si sono intrecciate con i tanti fatti di quegli anni in un quadro politico nazionale e mondiale che stava cambiando. Dopo gli anni Settanta, molto politicizzati, abbiamo avuto gli Anni Ottanta della «Milano da bere» e dell’avvento della televisione. Anni in cui un addomesticamento delle coscienze è avanzato, nonostante esperienze politiche come quella di Pio La Torre.

Abbiamo chiesto ad Umberto Santino, fondatore del Centro Siciliano di Documentazione Giuseppe Impastato, storico e autore di tanti libri, articoli e saggi di analisi e denuncia dei sistemi mafiosi, di ripercorrere con noi quegli anni.

Alla luce dell’esperienza di Radio Aut e degli studi del Centro Siciliano di Documentazione Giuseppe Impastato quale riflessione può trarre secondo lei e come oggi si dovrebbe declinare un autentico impegno contro ogni mafia?

Gli anni ‘80 li ricorderei per eventi che hanno avuto rilevanti conseguenze sul piano nazionale. Il decennio si apre, il 6 gennaio 1980, con l’assassinio del presidente della regione siciliana Piersanti Mattarella che, sulla linea di Aldo Moro, operava per un’apertura del quadro politico al Partito comunista. Sul delitto non c’è una verità compiuta: solo mafia o anche neofascisti e altri? Non c’è neppure una verità compiuta per l’assassinio di Pio La Torre, il 30 aprile 1982, protagonista delle lotte contadine e impegnato nelle lotte pacifiste contro l’installazione dei missili a testata nucleare a Comiso. Lotte che si svolgevano in un quadro geopolitico in cui lo scontro tra le due superpotenze si giocava sul terreno degli armamenti. In quelle lotte come Centro Impastato abbiamo avuto un ruolo sul piano della partecipazione e della riflessione, pubblicando i documenti della «Airland Battle. La strategia di guerra USA 1984-2019», in cui si teorizzava l’uso del nucleare. Questa gara a chi aveva l’arsenale più fornito ha sfiancato l’Unione Sovietica e ha accelerato l’implosione del «socialismo reale» e l’archiviazione dell’equilibrio bipolare.

Sono stati gli anni della guerra di mafia, della legge antimafia, approvata dieci giorni dopo il delitto Dalla Chiesa il 3 settembre 1982 e del maxiprocesso con la condanna di capi e gregari. Ma subito dopo c’è stato lo smantellamento del pool proprio per l’esito positivo del processo che suscitò più preoccupazione che apprezzamento.  Una riflessione su quegli anni è necessaria per capire quello che è accaduto dopo, con le stragi dei primi anni ‘90, il carcere duro, la legislazione premiale per i collaboratori di giustizia ma pure il ritorno indietro, una volta conclusa la stagione delle stragi, e anche per il peso che può aver avuto la trattativa Stato-mafia, su cui è in corso il processo d’appello.  È in corso anche il processo per il depistaggio per la strage di Via D’Amelio, anche se sono imputati personaggi secondari, e desidero sottolineare l’impegno di Fiammetta Borsellino affinché emerga la verità, senza timori reverenziali per nessuno.