Il decreto legge sulle scarcerazioni

«Ho dubbi sulla costituzionalità di un provvedimento che ha valore retroattivo, peraltro a partire dal primo febbraio, e che impone la verifica delle condizioni di salute solo per alcune tipologie di detenuti e con scadenze estremamente ravvicinate».

Il decreto legge sulle scarcerazioni
La Sala del consiglio dei ministri

Ieri sera il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge sulle scarcerazioni dei mafiosi.
In sintesi stabilisce quanto segue.

Ogni 15 giorni, al massimo ogni mese, i magistrati devono verificare se sussistono le gravi condizioni di salute a causa delle quali sono stati concessi i domiciliari. Ciò vale esclusivamente per i detenuti di mafia, di traffico di droga, di terrorismo o al 41 bis.
La norma è retroattiva, ma solo per coloro che erano in carcere a partire dal primo febbraio di quest'anno e che sono stati liberati a seguito della pandemia COVID19. È obbligatorio chiedere il parere del P.M.

Alcune osservazioni.
Ho dubbi sulla costituzionalità di un provvedimento che ha valore retroattivo, peraltro a partire dal primo febbraio, e che impone la verifica delle condizioni di salute solo per alcune tipologie di detenuti e con scadenze estremamente ravvicinate.

Pleonastica e demagogica, inoltre, è la disposizione che obbliga a chiedere il parere della Procura. Questo avviene già da sempre per tutti i provvedimenti emessi dai giudici nei confronti dei detenuti e degli imputati.

Infine, l'obbligo di rivalutare costantemente le condizioni di salute, anche in assenza di violazione delle prescrizioni, determinerà un aumento del carico di lavoro per tutte le figure professionali coinvolte nella verifica: giudici, pubblico ministero, forze di polizia, autorità sanitarie.

Per tali ragioni il provvedimento mi pare redatto frettolosamente, sulla spinta della reazione mediatica nei confronti di alcune scarcerazioni. Ancora una volta si legifera senza affrontare le riforme in maniera strutturale e sistematica.

Allora, cosa sarebbe opportuno fare? Occorre realizzare strutture ospedaliere carcerarie, efficienti e attrezzate, riservate esclusivamente ai detenuti pericolosi e affetti da gravi patologie, nelle quali sarebbero curati molto meglio che a casa propria. In tal modo si concilierebbero alcune legittime esigenze: il diritto alla salute e alla incolumità della persona; la effettività della pena; la richiesta dei cittadini affinchè non vengano scarcerati i soggetti più pericolosi.

Perché tali strutture non vi sono, e quelle che esistono sono insufficienti? Chiediamolo alla politica, e ai vari governi che nel tempo si sono succeduti.

Se un detenuto, sulla base delle relazioni sanitarie, corre rischi per la propria incolumità e viene dichiarato incompatibile con la permanenza in carcere, deve essere scarcerato. Altrimenti, in caso di esito letale, ne risponde chi doveva farlo e non lo ha fatto.
Pertanto, i politici che si strappano le vesti sono tanti sepolcri imbiancati: addossano ad altri responsabilità proprie.

Resta inteso che, a mio giudizio, non bisogna mai abbassare la guardia nei confronti dei grandi criminali: il regime del 41bis deve restare!