Il mondo sta fallendo nell’impegno contro il crollo climatico

Alla vigilia della Cop26 il Guardian torna a lanciare l’allarme, pubblicando le conclusioni di un nuovo rapporto dell’Istituto Mondiale per le Risorse. Secondo un rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite «il riscaldamento globale influisce sugli eventi estremi precipitativi».

Il mondo sta fallendo nell’impegno contro il crollo climatico
articolo del Guardian del 28 ottobre scorso

«Medicane», in questi giorni seminando allarme e paura questa parola ha fatto improvvisamente irruzione nelle cronache italiche con le immagini delle devastazioni dei nubifragi in Sicilia. In realtà i medicane, i cosiddetti uragani mediterranei che i meteorologi avvertono sono ben lontani dalla violenza di quelli tropicali, non sono un fenomeno nuovo. A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ne sono stati registrati all’incirca un centinaio, dagli anni cinquanta uno o due l’anno. Prima dell’attuale l’ultimo era in Italia era stato registrato nel 2017 nel basso Salento, in tutto il Mediterraneo invece nel settembre dell’anno scorso sulle coste greche.

L’esistenza di questi uragani mediterranei non è direttamente correlata ai cambiamenti climatici, la loro intensità invece secondo molti esperti si. Il climate change può aumentare la loro intensità, ha sottolineato Leone Cavicchia (ricercatore della Fondazione Centro euro-mediterranea sui cambiamenti climatici) a Wired: l’innalzamento delle temperature marine può creare maggiore energia e quello del livello del mare stesso causare impatti molto più devastanti delle mareggiate sui territori. Tutto questo in un Paese dove il 91% dei comuni italiani presenta gravi fragilità causate dal dissesto idrogeologico e negli ultimi 20 anni è aumentata del 9% la possibilità di rischio causato da eventi estremi in Italia, il paese europeo con la più alta esposizione economica al rischio alluvionale: nel 2020 sono stati censiti in Italia quasi 1300 eventi meteorologici estremi connessi ai cambiamenti climatici. Secondo un rapporto dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, il riscaldamento globale influisce sugli eventi estremi precipitativi facendone aumentare la frequenza e, soprattutto, l' intensità, ha sottolineato a Repubblica Salvatore Pascale (ricercatore di Fisica dell’atmosfera dell’Università di Bologna). «In particolare a causa del surriscaldamento il nostro mare Mediterraneo è sempre più caldo – ha dichiarato l’esperto universitario - significa che l'atmosfera trattiene sempre più vapore acqueo e poi lo scarica con piogge e intensità maggiori, anche mai viste prima. Se le previsioni per i prossimi giorni sono decisamente brutte, quelle per i prossimi decenni sono tragiche: in scenari di +2 gradi e oltre eventi come questi saranno drammaticamente più intensi».
 

Il dibattito sulle conseguenze sempre più drammatiche dei cambiamenti climatici, e come impegnarsi concretamente per sperare di salvare il futuro dell’umanità e del Pianeta, è tra le maggiori priorità in molta parte del mondo occidentale. Non in Italia, il fu Belpaese, dove come abbiamo sottolineato lo scorso 22 ottobre ogni tentativo viene soffocato nel dileggio, nella totale ignoranza scientifica e nelle pressioni di lobby varie. Per avere notizie e informazioni dettagliate, poter conoscere dati realmente scientifici e comprendere la portata del disastro è necessario quindi rivolgersi oltre frontiera. Il Guardian, come abbiamo sottolineato anche due settimane fa, è tra le testate più impegnate e che stanno portando avanti con costanza il tema. Il 28 ottobre scorso la testata inglese ha pubblicato le conclusioni di un nuovo rapporto dell’Istituto Mondiale per le Risorse. Parole nette, inequivocabili ed incontrovertibili, «il mondo sta fallendo» titola il Guardian nell’evitare «il crollo climatico». Secondo il rapporto, che è integralmente disponibile qui https://www.wri.org/research/state-climate-action-2021 , «in 40 diverse aree che abbracciano il settore energetico, l'industria pesante, l'agricoltura, i trasporti, la finanza e la tecnologia, nessuna sta cambiando abbastanza» da evitare l’aumento della temperatura globale di un grado e mezzo. Ovvero l’obiettivo principale che i supposti «Grandi della Terra» avevano fissato durante la COP di Parigi nel 2015.

«I livelli atmosferici di gas che riscaldano il pianeta hanno raggiunto un nuovo record lo scorso anno e le Nazioni Unite hanno avvertito che la quantità di estrazione di combustibili fossili pianificata dai paesi "supera di gran lunga" il limite necessario per mantenersi al di sotto della soglia di 1,5°C» denuncia l’articolo del Guardian che ha intervistato Kelly Levin, uno dei coautori del rapporto dell’Istituto Mondiale per le Risorse. «Dalla produzione di elettricità rinnovabile al consumo di carne ai finanziamenti pubblici per i combustibili fossili, il rapporto ha rilevato che nessun indicatore mostrava i progressi necessari per ridurre le emissioni in metà di questo decennio prima di eliminare completamente i gas serra entro il 2050, il che darebbe al mondo la possibilità di mantenersi al di sotto 1,5C – prosegue il quotidiano britannico - Secondo l'analisi, il carbone deve essere eliminato gradualmente cinque volte più velocemente di quanto non lo sia ora, mentre il ritmo della riforestazione deve essere tre volte più veloce. Le zone umide costiere devono essere ripristinate quasi tre volte più velocemente, i finanziamenti per il clima devono crescere 13 volte più velocemente e l'intensità energetica degli edifici deve diminuire a un ritmo quasi tre volte più veloce di adesso».

Particolare attenzione viene dedicata anche ai consumi alimentari: in «Europa e Nord America, il consumo di carne bovina deve ridursi 1,5 volte più velocemente di quanto non lo sia ora». «Mentre le cose stanno andando nella giusta direzione in alcune aree, ci stiamo muovendo troppo lentamente per evitare 1,5°C - ha sottolineato Sophie Boehm, ricercatrice sul clima presso il World Resources Institute e co-autrice del rapporto al Guardian - Se continua così, non raggiungeremo gli obiettivi per evitare disastrosi cambiamenti climatici. È molto preoccupante che non siamo sulla buona strada per nessuna di queste aree target». I cambiamenti nelle produzioni di acciaio (settore che nel Paese dell’ex Ilva di Taranto dovrebbe interessare particolarmente ma così non è) e cemento e gli sforzi per una tassa globale sulle emissioni fossili sono ferme, sulle emissioni agricole e dei trasporti e la deforestazione ci si sta muovendo nella direzione sbagliata.

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