Intervista alla scrittrice Russo

Carla Maria Russo è nata a Campobasso ma risiede da molti anni a Milano, dove ha frequentato il liceo classico e si è laureata in Lettere Moderne.

Intervista alla scrittrice Russo

Cara Carla, stavolta ci troviamo a distanza in un periodo non facile. Conosco la tua sensibilità ed è per questo che vorrei dialogare con te, che vivi a Milano, uno dei centri più grandi della Lombardia ed esposti alla diffusione del Covid 19.

Innanzitutto qual è la tua percezione della cosa? Cosa puoi dirci?

«È una esperienza che mi sta scuotendo nel profondo e mi suscita continui interrogativi, spesso molto inquietanti, per i quali non ho risposte. Ad esempio leggo che, a seguito del blocco della gran parte delle attività economiche, il satellite fotografa un pianeta molto più pulito. La Valle Padana, per la prima volta da tempo immemorabile, vede attenuare la macchia rosso cupo che ne indica il livello di inquinamento, i canali di Venezia hanno ritrovato un’acqua limpida che non vedevano da decenni. E allora mi domando: ma le epidemie, che si stanno ripetendo da qualche tempo con allarmante frequenza (ebola, sars, coronavirus e altre) non potrebbero essere la conseguenza di un meccanismo che la natura, che è regolata da leggi interne rigorose e coerenti, mette in atto per autoconservarsi, imponendoci con la forza quelle scelte che noi uomini ci rifiutiamo di prendere?

Queste epidemie che si succedono in modo sempre più virulento e dilagante, non possono leggersi come un segnale che, nell’economia dell’universo, noi esseri umani siamo diventati più dannosi che utili e dunque siamo da estinguere, come accaduto per molte altre specie? Non sarebbe urgente riflettere tutti assieme sulla ipotesi che, delle due l’una: o modifichiamo in fretta e in modo radicale i nostri comportamenti, abitudini e stili di vita in modo da preservare il patrimonio di cui siamo depositari o dovremo fronteggiare scenari che diventeranno sempre più catastrofici? Possibile che il pugno di potenti che governa l’umanità non abbia compreso, neppure in una circostanza come questa in cui è così palese e lampante, che tutti gli esseri viventi (uomini e ambiente) sono connessi e complementari e che si vince o si perde tutti insieme?»

 

Come vivono i milanesi questa situazione così difficile?

«A mio modesto avviso, nonostante le immagini drammatiche che sono sotto i nostri occhi, con le strutture ospedaliere incapaci di accogliere e aiutare tutti, nonostante le testimonianze raccapriccianti dei malati, nonostante il numero terrificante di morti e la tragedia di esseri umani che muoiono da soli, senza il conforto di un solo affetto accanto a loro, nonostante tutto questo, i milanesi ancora non hanno preso piena consapevolezza del pericolo e realizzato fino in fondo che nelle mani di ciascuno di noi risiede la salvezza non solo di noi stessi ma di tutti gli altri, che ognuno di noi porta la responsabilità non solo della propria vita ma di quella di tutti i cittadini del mondo (non solo della Lombardia, non solo dell’Italia ma del mondo) e che solo ai nostri comportamenti è affidata la possibilità della vittoria o della sconfitta».

 

La popolazione rispetta le limitazioni assunte dalle disposizioni del Governo?   

«Non in modo così rigoroso come la drammaticità del momento richiederebbe. Purtroppo. Molti pensano alla quarantena come a una inaspettata vacanza, durante la quale ogni scusa, ogni pretesto è buono per uscire e godersi il tempo libero».

 

Puoi confermarmi che nella prima fase del contagio, soprattutto da parte dei giovani ci

sono stati atteggiamenti superficiali?

«Peggio che superficiali: demenziali, incoraggiati in questo, purtroppo, anche da alcuni messaggi scioccamente sdrammatizzanti e profondamente svianti di qualche autorità, che non ha percepito il pericolo, oltre che da una marcata e colpevole lentezza nell’assumere decisioni forti, nel tentativo di anteporre la salvezza dell’economia a quella delle persone. In Lombardia questo errore ha portato conseguenze devastanti e ha prodotto le tragedie di Bergamo e Brescia, città martiri di questa battaglia».

 

Che cosa comunicano le reti locali?

«Sinceramente le seguo poco. Preferisco i giornali, il web e svolgere le attività che più mi piacciono, che sono, nell’ordine: leggere libri, scrivere i miei romanzi».

 

Come vi siete organizzati per sopperire alle esigenze impellenti, spesa, medicine ecc..?

«Io e mio marito trascorriamo il tempo a casa, anche perché abbiamo situazioni lavorative che ce lo consentono. La spesa viene fatta una volta alla settimana, nei supermercati più vicini a casa».

 

Ci sono forme di volontariato per aiutare gli anziani e i più deboli?

«Sì, a Milano ce ne sono e sono numerose ma tutte stanno vivendo gli stessi problemi pratici che il distanziamento sociale impone».

 

Il sistema sanitario come ha risposto a questa pandemia?

«In maniera eroica da parte di medici e infermieri. Solo parole di elogio e gratitudine per chi si sta spendendo con impareggiabile abnegazione e impegno, anche se, a oggi – e non certo per colpa loro - il sistema sanitario non regge più la pressione e si muore senza neppure riuscire ad arrivare in ospedale. Anche le autorità si stanno impegnando al massimo, sebbene, come dicevo prima, abbiano ripetutamente commesso, a mio avviso, alcuni gravi errori di sottovalutazione del pericolo e soprattutto lentezza nelle decisioni. Ciò nonostante, penso che l’Italia sia un paese meraviglioso, grandissimo, più efficiente, umano e capace di tanti altri dei quali si parla sempre benissimo ma che, in realtà, non hanno nulla da insegnarci, forse piuttosto da imparare. Ho una figlia che vive a Los Angeles da anni e molti amici sparsi in diversi paesi europei. Bene, mai come in questo momento ho considerato una enorme fortuna essere italiana e vivere in Italia. A Los Angeles, nei supermercati, devi fare chilometri (ripeto: chilometri) di coda al supermercato e, quando arriva il tuo turno, gli scaffali sono vuoti. La carta igienica non si trova più da mesi. Non parliamo nemmeno dei sistemi sanitari di paesi come USA e Uk, inesistenti, dove sei del tutto abbandonato a te stesso e, se non sei pieno di soldi, peggio per te. Con questo non intendo dire che siamo perfetti, perché non lo siamo. Ma siamo più avanzati e civili di molti stati considerati “modello” e ancora di più lo diventeremo se trasformeremo le difficoltà e gli errori in opportunità di apprendimento e crescita, come paese e come cittadini, per migliorare le nostre capacità di soluzione dei problemi, per maturare come paese, per costruirci un’etica della vita comune sempre più profonda e solidale (e ne abbiamo bisogno)».

 

La solitudine di adesso può, secondo te, rafforzare la solidarietà tra gli uomini?

«Come dicevo prima, occorre comprendere che tutti gli esseri viventi (uomini e ambiente) sono connessi e complementari e che nessuno si salverà da solo ma solo attraverso la solidarietà e l’aiuto reciproco. Questo virus lo dimostra in modo lampante: basta un individuo malato per scatenare una pandemia mondiale e se anche un solo paese al mondo non dovesse riuscire a sconfiggere il virus, quel paese sarà una minaccia per tutti. Si vince o si perde insieme. E dunque, aiutarsi ed essere solidali non è una opzione, una possibilità, ma una legge di sopravvivenza».

 

Hai scritto tanti libri, molti di questi sono racconti storici affascinanti. Consigliaci un

tuo libro che possa risollevare da questo senso di impotenza collettivo e magari far

pensare che tutto passa, proprio come nelle epoche passate.

«Le Nemiche, ad esempio. Oppure La sposa normanna».