La memoria dei pesci rossi

Da una settimana l'ex premier Silvio Berlusconi è risultato positivi al Covid-19. Costanti e precise sono le news sulle sue condizioni di salute che ci vengono date dai vari bollettini medici provenienti dal San Raffaele di Milano e rimpallate da tutti i media nostrani. Giusto e doveroso, vista l'importanza del personaggio in questione. Forse, però, la stessa precisione occorreva impiegarla nello spiegare certi passaggi della storia di Berlusconi che sono andati ad incidere (e continuano a farlo) sulla storia politica del nostro Paese. Un Paese composto da gran parte dei suoi cittadini dalla memoria corta: proprio come i pesci rossi.

La memoria dei pesci rossi
Reggiosera.it

Silvio Berlusconi viene monitorato costantemente al San Raffele di Milano vista la sua positività al Coronavirus. Il leader di Forza Italia è ricoverato per volontà del suo medico, il professor Zarrillo. Al momento il quadro clinico resta stabile.                                                          Doverosi sono questi aggiornamenti, così come deve essere doveroso il rispetto per il paziente, visto che il diritto alla salute è uno dei cardini principali della nostra Costituzione. Ed infine, doverosi sono i messaggi di vicinanza dei vari esponenti politici. 

Oltre al doveroso rispetto del diritto alla salute, vi è un altro principio cardine che, purtroppo, nel nostro paese, viene spesso e volentieri disatteso. E' il principio della verità. Ed è inutile nasconderci dietro un dito: un personaggio come Silvio Berlusconi ha un bagnaglio di storia personale alle spalle da rendere ricco qualsiasi sceneggiatore o regista disposto a girare un film "vero" sulla sua storia.

Non è possibile, come invece sta accadendo proprio in queste ore, quando si parla di una figura come il leader di Forza Italia, far finta che nulla sia successo. Perchè qualcosa di importante è successo. Qualcosa di doloroso per il nostro passato, presente e futuro. Qui non c'entra nulla la pietà, che viene invocata in queste ore associandola alla figura di Berlusconi. Qui si tratta della memoria storica che in Italia si perde facilmente. Troppo facilmente.

E' come se gran parte dei cittadini italiani e tutti i sistemi di informazione mainstream cliccassero il tasto RESET e quando si inizia a parlare di Silvio Berlusconi, della sua positività al Covid, del suo ricovero ospedaliero e quant'altro, si andasse a rimuovere ciò che è stato scritto e detto su questo soggetto. E non sono certo i processi penali che lo hanno visto prescritto a farci sbarrare gli occhi. Bensì, altre vicende, di maggior importanza sia penale che storica, che per ora hanno visto Silvio Berlusconi quasi "sfiorato" dalle stesse. Ma quando la memoria dei pesci rossi si resetta, è utile andare a rivedere certe vicende.

Prendiamo un passaggio delle oltre 5mila pagine delle motivazioni della Corte di Assise di Palemo al processo sulla Trattativa Stato-mafia. La questione si fa imbarazzante per non dire agghiacciante. Tutti (si spera) si ricorderanno cosa scrivevano i giudici nel processo all'ex braccio destro di Berlusconi, Marcello Dell'Utri (condannato a 7 anni e mezzo per concorso esterno in associazione mafiosa), in riferimento ai pagamenti che il leader di Forza Italia effettuava ai vertici di Cosa Nostra fino al 1992, tramite l'anello di congiunzione tra Stato e mafia, ovvero, Dell'Utri. Ebbene, nelle motivazioni alla sentenza di primo grado sul processo Trattativa (un processo scomodo e per questo motivo ignorato e di cui presto dovremmo assistere alla sentenza di appello) i giudici scrivono: «È determinante rilevare che tali pagamenti (di Silvio Berlusconi a Cosa Nostra, ndrsono proseguiti almeno fino al dicembre 1994 quando a Di Natale fu fatto annotare il relativo versamento di L. 250.000.000 nel libro mastro che in quel momento egli gestiva, perché ciò dimostra inconfutabilmente che ancora sino alla predetta data (dicembre 1994) Dell ‘Utri, che faceva da intermediario, riferiva a Berlusconi riguardo ai rapporti con i mafiosi, attenendone le necessarie somme di denaro e l’autorizzazione a versare e a Cosa nostra».

In questo passaggio i giudici fanno riferimento a Giusto Di Natale, pentito della famiglia Resuttana, il quale inquadra il periodo dei pagamenti "al 1994 e al fatto delle Antenne televisive". Siamo, quindi, nel primo governo Berlusconi.

Ma non solo: il primo governo Berlusconi è tutto impermeato di provvedimenti legislativi favorevoli a Cosa Nostra. Non si può dimenticare il Decreto Biondi e i suoi trabocchetti nascosti in esso contenuto che andavano a modificare l'art.416 bis. Scrivono i giudici: «È stato effettivamente riscontrato che tra le pieghe nascoste del decreto 14 luglio 1994 n. 440, v’era anche una ‘piccola modifica‘ dell’art. 275 c.p.p. nella parte in cui stabiliva che per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. dovesse essere sempre applicata la misura della custodia cautelare in carcere salvo che non fossero acquisiti elementi tali da escludere la sussistenza delle esigenze cautelari. Si trattava, in sostanza, di quella presunzione di legge che, di fatto, imponeva sempre il carcere per gli indagati di mafia arrestati».

E qui i giudici fanno riferimento ad un incontro avuto tra Dell'Utri e Vittorio Mangano nel luglio del 1994, in cui l'uomo di Cosa Nostra giungeva a conoscenza in anticipo delle suddette modifiche legislative in tema di custodia cautelare in carcere per i mafiosi. Quindi Cosa nostra, veniva edotta prima di altri, tramite Dell'Utri, sui tentativi che il governo Berlusconi 1 stava mettendo in pratica per continuare a scendere a patti, sotto ricatto della mafia stessa (da qui la violenza o minaccia a corpo politico dello Stato, che nella fattispecie vedeva coinvolti tra il 1992 ed il 1994 tre governi: Ciampi, Amato e Berlusconi 1; reato previsto dall'art.338 di cui dovranno rispondere gli imputati eccellenti già condannati in sede di primo grado, Dell'utri compreso).

Cosa vuol dire tutto questo? I giudici scrivono: «venne a conoscenza della minaccia in essi insita e del conseguente pericolo di reazioni stragiste (d’altronde in precedenza espressamente già prospettato) che un’inattività nel senso delle richieste dei mafiosi avrebbe potuto fare insorgere».

Ma non è finita qui. Prendiamo un altro spaccato di quegli anni, siamo nel gennaio del 1994 e che se si parla di Silvio Berlusconi (Covid a parte) non si può non discuterne. Il tema è il fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma e la seconda fase della trattativa. Nella ricostruzione, la Corte esamina anche la posizione del boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano. Un suo fedelissimo, poi pentito, l’ex killer di Brancaccio Gaspare Spatuzza, rivela di avere incontrato Graviano (ancora latitante) il 19 o il 20 gennaio 1994 nel bar Doney di Roma, pochi giorni prima di un attentato che si sarebbe dovuto verificare il 23 gennaio, appunto allo stadio Olimpico della città. Un attentato molto più sensazionale e sanguinario di tutti i precedenti, con un’auto imbottita di tritolo e tondini di ferro, capace di causare centinaia di vittime fra i carabinieri in servizio e di colpire assieme a loro famiglie, uomini, donne e bambini, che erano allo stadio.

Graviano disse a Spatuzza che era necessario compiere l’attentato contro i carabinieri allo stadio perché si doveva dare “il colpo di grazia”. E “aveva un’aria gioiosa”, perché, ricorda minuziosamente Spatuzza, disse “che avevamo ottenuto tutto quel che cercavamo grazie a delle persone serie che avevano portato avanti la cosa”, “che in mezzo c’era anche il nostro compaesano Dell’Utri e che grazie a loro c’eravamo messi il Paese nelle mani. E per Paese intendo l’Italia”. 

La Corte utilizza anche alcune conversazioni intercettate in carcere nel 2016, nelle quali Graviano sembrerebbe parlare di una “cortesia” chiestagli da Berlusconi “verosimilmente in rapporto alle elezioni che fra breve vi sarebbero state”. Graviano accenna inoltre all’ingratitudine di Berlusconi, che avrebbe conosciuto e incontrato, sedendosi insieme a lui a mangiare e bere; e confermerebbe, infine, quanto riferito da Spatuzza sull’incontro al bar Doney.

Infine, tutto questo, va ad annodarsi alle date della successione dei fatti che in quei giorni si susseguivano. L'attentato all'Olimpico era previsto per il 23 gennaio. L'innesco non funziona e la bomba non esplode. I motivi di questo malfunzionamento non sono ancora chiari. Il 26 gennaio Silvio Berlusconi scende in campo. Il 27 gennaio i fratelli Graviano vengono arrestati. Le bombe finiscono.

Attualmente Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri sono indagati a Firenze come mandanti esterni per le stragi del 1993. Insomma, come si vede, di zone d'ombra ve ne sono molte. Anche nel processo alla 'Ndrangheta stragista che ripercorre le vicende di fine 1993 ed inizio 1994 in un'ottica in cui Cosa nostra e 'Ndrangheta vanno viste a braccetto.

Ecco che intorno a Silvio Berlusconi vi è ben altro. Qui c'è in ballo la nascista della Seconda Repubblica, nata sul sangue delle stragi del 1992 e poi del 1993. La magistratura negli ultimi anni ha fatto dei passi da gigante in questo senso. C'è un'ombra intorno a Silvio Berlusconi che non può essere taciuta o ignorata solo per un ricovero ospedliero. C'è in ballo la storia del nostro Paese. C'è la verità, il bene ed il diritto più prezioso di cui disponiamo e che dobbiamo pretendere di ottenere a gran voce. E' il nostro passato, che non se n'è mai andato via e mai lo farà se lo Stato non avrà il coraggio di processare se stesso andando a pescare nei livelli più alti del potere. Altrimenti quel maledetto passato (fatto di bombe, morti e trattative segrete) continuerà ancora a condizionare il nostro presente ed il nostro futuro.