LA PANDEMIA E LA “VIGILE ATTESA”

«Con l’ordinanza cautelare n. 1412/2021 del 4.03.2021, il TAR Lazio ha sospeso l’efficacia della nota AIFA contenente “raccomandazioni generali sulla gestione a domicilio dei casi di Covid19”, riconoscendo che “… il diritto/dovere dei medici ricorrenti di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza, non può essere compresso nell’ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi”.»

LA PANDEMIA E LA “VIGILE ATTESA”

Tra i nuovi concetti coniati nel corso della pandemia da Sars-Cov2, c’è quello di “vigile attesa”. Trattasi del comportamento raccomandato dalle linee guida dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e del Ministero della Salute per la gestione a domicilio dei pazienti Covid19 nelle prime fasi della malattia.

Un vero e proprio “limbo” in cui si è sostanzialmente raccomandato, all’insorgere dell’infezione, di restare in attesa (non si sa bene di cosa). E’ servito oltre un anno e varie azioni legali per provare ad uscire da questa “zona grigia”. E’ infatti di pochi giorni fa l’ordinanza (n.1412/2021 del 4.03.2021) con cui il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha sospeso in via cautelare l’efficacia della nota AIFA recante “principi di gestione dei casi Covid19 nel setting domiciliare”.

Questi i fatti.
Nel dicembre 2020 l’AIFA ha pubblicato linee guida per il trattamento domiciliare dei pazienti affetti da Covid19. Le stesse, che ricalcano quelle già diffuse dalla Federazione Regionale Degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia (FROMCeO) - realizzate in collaborazione con la Clinica di Malattie Infettive, Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche L. Sacco, Università degli Studi di Milano (diretta dal prof. Massimo Galli) - prevedono tra le altre cose che: “Nei pazienti asintomatici e con sintomi lievi, possono essere formulate le seguenti raccomandazioni generali:
- Vigile attesa;
- Trattamenti sintomatici (es. paracetamolo);
- Non utilizzare supplementi vitaminici o integratori alimentari (es. vitamine, lattoferina);

Farmaci non raccomandati per il trattamento del Covid-19:
- Antibiotici;
- Idrossiclorochina”.
Sulla stessa linea, la circolare del Ministero della Salute del 30.11.2020, che specifica anche come non sia raccomandato l’utilizzo della vitamina D.

In buona sostanza, secondo la Clinica di Malattie Infettive - Università degli Studi di Milano, l’AIFA e il Ministero della Salute per la gestione domiciliare dei pazienti Covid risultano raccomandati: una “vigile attesa” e l’uso praticamente esclusivo di paracetamolo (tachipirina); non raccomandati: l’uso di lattoferrina, di vitamine (in particolare vitamina D) e l’idrossiclorichina (in relazione alla quale già prima della pubblicazione delle suddette linee guida, l’Agenzia Europea per i Medicinali – EMA - e l’AIFA richiamavano l’attenzione sul rischio di gravi effetti indesiderati).

Di contro alle suddette linee guida, nel corso di questi mesi, sono stati effettuati una serie di approfondimenti, che hanno fornito altri risultati.
Quanto all’idrossiclorochina, un gruppo di medici, ha osservato come la stessa, sulla base di studi clinici pubblicati su riviste internazionali accreditate, risulti efficace nella lotta contro il virus.

Il suo uso è stato riabilitato con l’ordinanza n. 7097/2020 dell’11.12.2020 emessa dalla III Sezione del Consiglio di Stato in accoglimento di un ricorso proposto proprio dai suddetti medici di base.

Quanto alle vitamine - partendo da alcune osservazioni cliniche e scientifiche che hanno fatto notare come un certo numero di pazienti che avevano riscontrato un’evoluzione più grave della malattia avessero livelli di vitamina D molto bassi rispetto a soggetti con una prognosi migliore che ne presentavano un livello più elevato - è emerso come il trattamento con vitamina D facesse diminuire i decessi e i trasferimenti in terapia intensiva.
Quanto alla lattoferrina, i relativi studi sono partiti dall’osservazione di come i neonati (che presentano livelli di lattoferrina elevati) fossero meno interessati dal Covid19.

Sulla base di tali dati, già nei mesi scorsi, gruppi di lavoro composti da medici di molte città italiane hanno elaborato documenti inviati alle autorità sanitarie nazionali e regionali, riportando le evidenze scientifiche riscontrate sia nella prevenzione che nelle complicanze del coronavirus.
Inoltre, un comitato di medici di Medicina Generale e specialisti “Comitato Cura Domiciliare Covid 19”, (che tra i membri del consiglio scientifico annovera anche Luigi Cavanna - direttore di dipartimento all'ospedale di Pavia - a cui anche il “Time” ha dedicato una copertina: “il medico italiano che appiattisce la curva curando i pazienti covid nelle loro case”), ha elaborato un vero e proprio schema terapeutico che ha permesso loro di curare migliaia di persone, evitando (se non in rari casi) l’ospedalizzazione e i decessi.
Decisiva è stata la rapidità di azione e l’intervento nelle primissime fasi.

Tuttavia, nonostante le ripetute sollecitazioni e trasmissione di documenti ed evidenze scientifiche alle autorità sanitarie nazionali e regionali e al “blasonato” Comitato Tecnico Scientifico, questi medici sono rimasti fino ad oggi sostanzilamente inascoltati.

L’unica strada percorribile per evitare ulteriori ritardi è stata, dunque, quella di ricorrere all’Autorità Giudiziaria; come nel caso del ricorso teso a far dichiarare l’inefficacia delle citate linee guida nella parte in cui nei primi giorni di malattia da Sars-Cov2, prevedono unicamente una “vigile attesa” con
somministrazione di fans e paracetamolo, e nella parte in cui pongono indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente usati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da covid.

Ecco che, come detto in apertura, con l’ordinanza cautelare n. 1412/2021 del 4.03.2021, il TAR Lazio ha sospeso l’efficacia della nota AIFA contenente “raccomandazioni generali sulla gestione a domicilio dei casi di Covid19”, riconoscendo che “… il diritto/dovere dei medici ricorrenti di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza, non può essere compresso nell’ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi”.

Per quanti mesi siamo rimasti in uno stato di “vigile attesa”?
Tanti.
Probabilmente troppi.

Senza contare che, ancora una volta, si è resa necessaria una pronuncia tesa a sancire il divieto di comprimere dei diritti, nel caso specifico il diritto/dovere del medico di agire secondo scienza e coscienza.
Ma le parole che, più di tutte, oggi pesano come macigni e che aprono a varie (ed anche preoccupanti) considerazioni, sono quelle che ci ricordano un semplice principio di buon senso, più che di diritto, ossia come una non meglio specificata “vigile attesa” possa essere (e, dunque, anche essere stata) potenzialmente pregiudizievole per il paziente.

Avvocato Giuditta Calderaro

 

WORDNEWS.IT © Riproduzione vietata