La ragionevole durata del processo durante l'emergenza Coronavirus
DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO SUBITO. In relazione a tale sospensione l’art. 83, comma 10, del citato D.L. n. 18/2020 ha stabilito che, ai fini del computo della ragionevole durata di cui all’articolo 2 della “Legge Pinto”, nei procedimenti rinviati in attuazione dei suddetti atti legislativi «non si tiene conto del periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 luglio 2020».
È noto che a seguito della diffusione della pandemia Covid19 il legislatore italiano sia intervenuto pesantemente al fine di contrastare la circolazione del virus e limitare gli effetti dell’emergenza epidemiologica. Tra i molteplici interventi è stata stabilita, dapprima con il D.L. n. 9/20 del 2 marzo 2020, poi con il D.L. n. 11/20 dell’8 marzo 2020 ed, infine, con il D.L. n. 18/20 del 17 marzo 2020, la sospensione delle udienze e dei termini per il compimento degli atti processuali.
In relazione a tale sospensione l’art. 83, comma 10, del citato D.L. n. 18/2020 ha stabilito che, ai fini del computo della ragionevole durata di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89 (“Legge Pinto”), nei procedimenti rinviati in attuazione dei suddetti atti legislativi «non si tiene conto del periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 luglio 2020».
Invero mentre tutti sono a conoscenza della proverbiale lungaggine dei processi nel nostro Paese, non tutti sanno che chi ha preso parte ad un procedimento giudiziario protrattosi per molti anni ha diritto al risarcimento del danno, di natura patrimoniale e non, nel caso in cui si accerti che il processo abbia superato la durata prevista dalla legge come ragionevole.
Tale durata è stabilita, appunto, dal citato art. 2 della Legge Pinto in base alla quale si considera rispettato il termine ragionevole se il processo non eccede la durata di 3 anni in primo grado, di 2 anni in secondo grado e di 1 anno nel giudizio di legittimità.
Il legislatore “emergenziale”, dunque, ha introdotto una norma volta a consentire una deroga ai suddetti termini di durata, ritenendo che nelle condizioni straordinarie dovute alla pandemia fosse inesigibile assicurare il servizio giustizia in tempi ragionevoli.
Tuttavia tale deroga che trova il suo fondamento nel principio di solidarietà sociale, base dell’intero assetto costituzionale italiano, non può sicuramente compromettere il diritto delle tante persone che hanno subìto un pregiudizio a causa di procedimenti giudiziari che avevano già superato o comunque supereranno i limiti di ragionevole durata stabiliti dalla legge.
Infatti il diritto alla ragionevole durata del processo è garantito, prima ancora che dalla Legge Pinto, dall’art 111 della Costituzione e, a livello internazionale, dall’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.
Pertanto, a prescindere dall’introduzione del citato art. 83, comma 10, chiunque abbia preso parte ad un procedimento giudiziario la cui durata abbia superato i tempi previsti come ragionevoli dalla legge ha senza dubbio diritto al risarcimento del danno subìto che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 88/2018, può essere richiesto ancor prima che si sia concluso il procedimento presupposto.
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