La vernice della vergogna

TINA ANSELMI, UNA DONNA DEGNA IN UN PAESE INDEGNO. «Questo pusillanime conoscerà, ad esempio, la genesi dell’impegno di lotta politica di Tina Anselmi sin da giovane come staffetta partigiana?»

La vernice della vergogna

L’oltraggio ha il colore nero della pece. Vernice nera che sporca, macchia, insudicia, disonora. Il simbolo del Male assoluto – la svastica –, emblema di una delle pagine più buie della Storia del Novecento, sfregia con bassezza vile e codarda vigliaccheria la targa commemorativa intitolata alla prima donna ministra della Repubblica italiana e partigiana: Tina Anselmi.

Di fronte a questo ignobile spettacolo ci si è ritrovati ieri mattina nel giardino omonimo di Mirafiori Nord a Torino.

Una mano che imbratta, un cuore inaridito dal fanatismo politico, una mente ottusa che non pensa o che molto probabilmente non conosce nemmeno la statura, il valore, l’importanza della “donna della democrazia”.

Questo pusillanime conoscerà, ad esempio, la genesi dell’impegno di lotta politica di Tina Anselmi sin da giovane come staffetta partigiana?

La scelta di aderire alla Resistenza fu motivata dall’orribile visione del 26 settembre 1944 a cui assistette a Bassano del Grappa, dove frequentava l’Istituto Magistrale. Quel giorno i nazifascisti costrinsero gli studenti e la popolazione ad assistere all’impiccagione di trentuno giovani, catturati senza nessuna responsabilità di atti di guerra, tra cui il fratello della sua compagna di banco. La Anselmi avrà a dire: “Potevamo assistere alla sofferenza, a quello che avveniva intorno a noi senza far niente? (…) Per non sentirci corresponsabili dei massacri. E la nostra risposta venne”.

Il codardo saprà, inoltre, che Tina Anselmi ricoprì importanti incarichi affidati per la prima volta nella storia repubblicana a una donna e cosa rappresentò per tutte le donne del nostro Paese il suo esempio?

Fu la prima ministra donna a ricoprire il dicastero del Lavoro e quello della Salute; si impegnò giovane a difendere le operaie tessili della Castellana nel rinato sindacato democratico; fu Presidente della Commissione Nazionale Parità della Presidenza della Repubblica. Ma la giovane Tina fu anche impegnata a difendere e tutelare le donne prostitute dopo la chiusura delle case di tolleranza, lavorando fianco a fianco con Lina Merlin, socialista, a promotrice dell’abolizione delle cosiddette case chiuse.

Tina Anselmi fu anche la donna che dialogò, unica, con la famiglia Moro, nei giorni terribili del rapimento dell’onorevole Aldo Moro. Dialogò con figure molto importanti della storia del nostro Paese, in particolare con donne anche più giovani di lei, oltre le differenze e le appartenenze politiche e di partito, riconoscendo le differenze, ma lavorando per il bene comune.

Ancora, questo spregevole individuo saprà che, in un momento delicato per la vita della Repubblica, la Anselmi fu scelta per presiedere la Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P2?

Delegittimata, insultata, minacciata, vilipesa, spesso lasciata sola anche dal suo stesso partito, lavorò con fermezza e senza sosta come Presidente della Commissione P2. Servitrice della Repubblica, fu tra le persone che in quegli anni oscuri contribuì a salvare il Paese da una svolta autoritaria e dai torbidi fatti, che sconvolsero fino alle fondamenta il nostro Paese. Alla fine dei lavori della commissione la lista dei corrotti risulterà di gran lunga superiore a ogni prevedibilità. In poco più di tre anni verranno pubblicati 120 volumi sull’inchiesta della P2.

Rigore e passione, fermezza e gentilezza, spiccato senso del dovere e profonda umanità, singolare esempio di moralità, inclusione e integrazione nella storia collettiva e corale che pone il Novecento come fulcro e sguardo privilegiato: la storia di vita di Tina Anselmi può offrire oggi spunti a tutti noi e speranze di un futuro nel quale la democrazia e i diritti siano alla base della convivenza civile.

Una storia, però, che va conosciuta, interiorizzata, valorizzata per evitare che la barbarie prevalga sulla cultura, l’inciviltà sulla consapevolezza civica attiva e responsabile, la ferocia sulla fratellanza, la crudeltà sulla solidarietà, l’insensibilità sulla “fermezza gentile”.

L’impegno delle istituzioni risulterebbe vano senza la collaborazione dell’individuo. La Anselmi era fermamente convinta che la libertà dovesse essere conquistata quotidianamente con le proprie scelte e definiva la democrazia “un grosso investimento sulla persona”.

Ciascuno di noi allora, quotidianamente, dovrebbe conquistare il proprio pezzetto di libertà con le singole scelte che fa, continuando a trarre lezioni di vita dalla scuola di democrazia de “La Gabriella in bicicletta”.