La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante

Crescere per diventare cosa, per assomigliare a chi?

La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante

Ritorna, come ogni mercoledì, la recensione di un libro che possa avere un effetto sul lettore, farlo vagare nei propri pensieri anche  in tempo di Coronavirus. Ho iniziato a leggere questo libro dopo essermi appassionata all’autrice, qualche anno fa, quando ho letto, in poche settimane, tutta la saga dell’Amica geniale, ben tre tomi, che mi sono sembrati sempre poco per appropriarmi del tutto del messaggio e dell’aurea di sensazioni e di emozioni che mi aveva scatenato la lettura di quelle pagine.

Il nuovo libro di Elena Ferrante “La vita bugiarda degli adulti” è ambientato anch’esso a Napoli, nella città delle contraddizioni, del bene e del male, dell’ingenuo e del furbo, dell’acculturato e dell’analfabeta, ma con una sola predisposizione, quella di vivere fino in fondo, aldilà dell’apparente e consolatoria vita di superficie che caratterizza la vita un po' di tutti.

La protagonista è Giannì, ossia Giovanna, che nasce in  una buona famiglia, padre colto, madre attenta, ma che pian piano si accorge della patina di bugie che attraversa la vita apparentemente normale e gratificante del suo nucleo familiare.

Comincia tutto con la scarsa stima di sé, quella che un’adolescente può avere, complicata e piena di ansie, dall’aspetto fisico poco piacente, al mancato riconoscimento dell’amore dei propri cari, alla scoperta dell’amore, al senso di inadeguatezza che genera rancore e ribellione. Ma per Giannì diventa, questo suo ribellarsi, la possibilità di scoprire le falle del mondo adulto, quello che l’aveva sempre rassicurata.

Scoprirà la provenienza umile di suo padre, grande professore ed uomo di cultura, ma che ha rinnegato la sorella Vittoria che diventerà l’alter ego di Giannì quando riuscirà ad incontrarla. Di lì il tarlo della ragazza che culmina poi con la scoperta del tradimento del padre verso la madre che lo porterà ad andarsene di casa per essersi innamorato della migliore amica della mamma.

Ma ciò che appare sconvolgente è la volontà ferrea di Giannì che tra contrasti e dissidi familiari si avvicina al mondo popolano della zia Vittoria perché sarà lì che troverà le risposte ai tanti interrogativi che la vita le pone davanti come macigni.

Allora le figure che l’aiuteranno a crescere saranno proprio quelle della zia Vittoria, il mostro della famiglia e quelle della famiglia del suo amante, i cui figli diventeranno amici della ragazza e con lei incontreranno avventure e disavventure.

Anche in questo libro Elena Ferrante, come in una cartina di tornasole, descrive accuratamente Napoli e riflette sulla sua condizione sociale, ma soprattutto sulla condizione psicologica dei suoi personaggi che diventano un tutt’uno con i luoghi  in cui abitano quasi a modellarsi con gli stereotipi della società, ma anche con le  sconfitte. Quella stessa Napoli che guarda in una direzione, ma strizza l’occhio al malato, all’egocentrismo, alla banalizzazione dei sentimenti e all’ipocrisia dilagante, quella che piega le coscienze.

Un romanzo di formazione? Forse, ma soprattutto una storia intensa, come solo la Ferrante sa scrivere, sulla realtà, quella eccessiva, lontana dai parametri della vita leggera borghese, fatta di bugie, di comode attese e speranze.  

E rimane il dubbio. Da dove veniamo? E’ davvero tutto vero quello che ha fatto da sfondo alla nostra nascita al nostro vivere familiare, al nostro mondo affettivo? Ed ancora. Quanto una bugia possa rendere inappagabile la sete di verità tanto da diventare il motore per ripartire in tutt’altra direzione come Giannì?

Un romanzo che lascia il segno, per chi voglia porsi nella condizione di scendere all’Inferno e poi risalire come ha fatto la protagonista, personaggio che trascina sulle sue spalle tutte l’economia del racconto.

Da leggere e rileggere.